L’Italia danza sull’abisso, nelle mani di un funambolo dilettante che
cammina sulla fune senza rete. E tutti lì sotto, con il naso in aria, a
gridargli di accelerare. E’ l’immagine che emerge dai tanti messaggi
augurali pervenuti a Renzi. Di Scalfari. Di Gad Lerner. Di Mario
Calabresi. Di Massimo Cacciari. Del “Messaggero” e del “Sole”. Delle
Coop e di Confindustria. Tutti improntati a un’euforia di maniera
(bisognava “fare qualcosa”). Tutti in realtà segnati dalla paura. E
dalla vertigine. L’ultima accelerazione l’ha rivelato: nella sua corsa
folle alla conquista del Palazzo, Matteo Renzi ha concentrato su di sé
tutto – la crisi interna al Pd, la crisi di governabilità del Parlamento, la crisi di iniziativa del governo, lo stato comatoso dell’economia, la crisi di fiducia della società.
Tutto, come in una grande matrioska dal volto di roditore. Cosicché davvero, se fallisce, cade tutto: finisce il Pd, si scioglie il Parlamento, si commissaria il Paese,
si accelera la dissoluzione sociale… Motivo per cui, appunto, non resta
che “sperare”. Sperare a prescindere. Contro l’evidenza, che ci dice
che così non può farcela. Renzi non ha né le competenze, né
l’autorevolezza, né la forza politica
(ha seminato troppi cadaveri nella sua marcia forzata), per fare questo
“miracolo”.
Di Craxi ha l’arroganza e la presunzione, ma non il profilo
da politico di lungo corso (l’uomo che aveva ridato orgoglio a un Psi
umiliato dal compromesso storico) e l’aura dell’Internazionale
socialista intorno, oltre che il partito nel pugno. Di Berlusconi
ha lo stile da istrione e la ciarlataneria che piace a molti italiani,
ma non il capitale monetario e umano che Mediaset e Publitalia (con
qualche compartecipazione mafiosa) assicuravano. Punta su un’unica
risorsa: il mito della velocità.
Mito marinettiano (un po’ frusto per la verità, un secolo più tardi).
E problematico per uno che vanta tra i principali supporter quello che
dello slow ha fatto un brand, sia pur rispetto al food… Come nel caso
della nuova tecnologia usata in America per produrre idrocarburi
frantumando gli strati scistosi, anche Matteo Renzi pratica il fracking,
generando energia dalla frantumazione di tutto ciò che gli sta sotto, a
cominciare dal partito che l’ha portato fin qui, e dalla macchina dello
Stato.
Ma come gli ambientalisti ci spiegano che il fracking inquina le falde,
così il renzismo rischia di inquinare il nostro spazio pubblico.
Accelerando non la soluzione, ma la crisi
stessa. Rischiando di lasciarci – dopo aver fagocitato tutto – “nudi
alla meta”. Per questo è così necessario, e così pressante, costruire
uscite di sicurezza. Piani di emergenza (e di evacuazione). Alternative
politiche in cui i naufraghi possano approdare. Noi, che siamo prudenti e
predichiamo il “principio di responsabilità!” di cui parla Hans Jonas,
lavoriamo a questo.
(Marco Revelli, “Il renzismo come esorcismo”, dal sito “Lista Tsipras” del 24 febbraio 2014).
fonte: http://www.libreidee.org/2014/03/revelli-temo-renzi-pericoloso-funambolo-dilettante/
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