venerdì 26 settembre 2014

Washington contro i terroristi: alla ricerca di una “bomba segreta”

Washington contro i terroristi: alla ricerca di una “bomba segreta”

Per l’ennesima volta gli americani si schierano in difesa della pace e della democrazia. Gli aerei degli USA stanno bombardando i combattenti dello Stato islamico.

Ma lo fanno in Siria, senza il consenso del governo ufficiale di Damasco. Secondo le norme del diritto internazionale, gli attacchi missilistici contro il territorio di uno Stato senza il consenso del suo governo sono considerati un atto di aggressione. Ma quando mai Washington ha pensato al diritto internazionale?

Il suo modo di agire è questo. Si dichiara che il “dittatore sanguinario” o i suoi fedeli hanno creato un’”arma segreta” in grado di distruggere il mondo e solo l’America, pilastro della libertà e della democrazia, può salvarlo. Si conoscono anche i metodi: missili ad alta precisione. Ma in realtà il tutto si trasforma in bombardamenti quasi a tappeto.

Anche questa volta, in Siria, gli USA ci hanno messo poco a trovare una giustificazione. Il Comitato dei capi di stato maggiore dell’aeronautica degli USA ha dichiarato che i terroristi volevano far esplodere la loro bomba segreta e se non ci fosse stata la tempestiva reazione da parte degli USA, sarebbe stata la fine del mondo. Per l’ennesima volta.

Certo, quella dello Stato islamico è una minaccia seria. Il gruppo che ha occupato una buona parte dell’Iraq e parte del territorio siriano ha dimostrato di essere forte e organizzato. Contro questa minaccia è necessario lottare, ma non a scapito del diritto internazionale e degli interessi di altri Stati, sottolinea il vice presidente dell’Associazione russa del diritto internazionale, Oleg Khlestov.
Quello che stanno facendo gli Stati Uniti bombardando la Siria, è una gravissima violazione del diritto internazionale. In tutti i paesi gli USA cercano di usare la forza non come previsto dalle norme internazionali, ma conviene ad essi, cioè quando vogliono promuovere i loro interessi politici e talvolta anche economici..
Senza un intervento in terra i bombardamenti americani, da soli, non bastano per sconfiggere lo Stato islamico. Tuttavia, se un missile cade su Damasco, si potrà sempre dire che è stato un caso. Secondo la maggioranza degli esperti, la lotta al terrorismo è solo un pretesto per cercare ancora una volta di rovesciare Bashar Assad. Solo che l’insistenza di Washington sta rovinando sempre di più la reputazione degli Stati Uniti, fa notare il direttore del Centro di studi comparativi Nikita Zagladin.
Gli USA sanno analizzare il rapporto di forze e credo che non sarebbero intervenuti, se la situazione fosse disperata. Ciò nonostante, in molti paesi del mondo, le loro azioni alimentano gli umori antiamericani. In sostanza, si danneggiano da soli. Non si sa ancora che effetto ciò avrà sullo Stato islamico, perché l’autorità del movimento su coloro che non amano gli USA sta crescendo. Ad esempio, in Europa e negli USA, dove gli islamisti sono parecchi.
Con i bombardamenti in Siria Barack Obama sta cercando di dimostrare di essere un “duro” e che il suo partito è in grado di salvaguardare il prestigio dell’America in tutto il mondo. Inoltre, Washington ha pensato che il momento sia giusto per prendere la rivincita dopo l’insuccesso di settembre dell’anno scorso, quando non era riuscita a impegnarsi seriamente contro Bashar Assad, in particolare perché Mosca si opponeva a questi intenti. Nei mesi trascorsi da allora, però, gli USA hanno cercato di creare a Mosca dei problemi in altre regioni, tanto che gli analisti americani hanno ritenuto che in questo momento Mosca non sarà in grado di aiutare Damasco, crede il politologo Andrej Fenenko.
Gli americani hanno intuito che la rivincita è possibile se intervengono in Siria. Il rapporto di forze nel mondo è cambiato, dal loro punto di vista Mosca ha troppo da fare in Ucraina, pertanto non sarà in grado di opporsi al piano degli americani in Siria. È la stessa logica che ha portato alla comparsa dell’ISIS, “minaccia comune” come è stato definito alla conferenza di Parigi. Adesso chi potrebbe protestare contro i bombardamenti americani? Verrebbe subito bollato dall’amministrazione Obama come complice dei terroristi.
Non conviene dimenticare che lo stesso Stato islamico è, in pratica, una creatura degli USA. All’inizio gli islamisti finanziati dagli americani hanno lottato contro il regime di Assad, ma adesso, sempre più spesso, dichiarano guerra agli USA.

I generali americani hanno già avvertito che l’operazione contro gli estremisti dello Stato islamico richiederà diversi anni. Possiamo fidarci, perché gli USA hanno alle spalle non poca esperienza. La caccia ad Al-Qaeda in Afghanistan, durata 10 anni, è già costata la vita a decine di migliaia di afgani. Nel 2002 Washington ha deciso di punire lo Yemen per l’attacco dei terroristi contro il cacciatorpediniere “Cole” della marina americana. Gli attacchi dei droni continuano ancora oggi e hanno già causato la morte di oltre 50 civili. Con lo stesso scopo gli americani usano i droni in Pakistan, dove 4 mila persone sono morte per la “pax americana”. In Iraq hanno cercato mitiche armi di sterminio. Prezzo dell’invasione – la morte di mezzo milione di iracheni. Anche in Somalia gli USA hanno cercato terroristi, uccidendo 200 persone. Nel 2011 è toccato a Gheddafi: le bombe americane e il popolo che chiedeva democrazia hanno distrutto il regime del colonnello e poi anche tutto il paese, un tempo prospero.

Oggi sul mondo incombono due terribili minacce: l’Ebola e la Russia, ha dichiarato Obama all’ultima Assemblea generale dell’ONU. Il presidente degli USA ha esortato la comunità internazionale a pensare in che misura gli Stati sono disposti ad assumersi la responsabilità per il “rispetto delle norme internazionali”. Secondo Obama, ciò riguarda in primo luogo la Russia con la sua “aggressione” in Europa che “fa ricordare i giorni in cui le grandi nazioni minacciavano quelle piccole”.

Il presidente americano è stato smentito dal ministro degli Esteri della Russia. Sergej Lavrov ha osservato che il discorso di Obama è una “manifestazione della visione del paese che nella sua strategia di sicurezza nazionale ha sancito il proprio diritto a usare la forza a propria discrezione, indipendentemente da tutte le decisioni del Consiglio di sicurezza e dalle norme del diritto internazionale. Il ruolo di “pacificatore” gli è riuscito male”.

Igor Siletskij 


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