giovedì 19 gennaio 2017

Oltre il codice

 
Numerosi scienziati hanno osservato che in Natura tutto è numero: dalle galassie alle conchiglie, dai ritmi delle specie viventi alle armonie della musica, tutto si inscrive in precise sequenze aritmetiche (il pi greco, la serie di Fibonacci, la sezione aurea...), in corrispondenze razionali e predicibili. [1] Questa struttura perfetta, che soggiace ai più disparati fenomeni, è stata definita “codice”. Molti concludono che il codice è il segno di un’impronta sovrumana: è difficile dissentire. Si resta incantati nel contemplare la mirabile perfezione dell’universo, simile ad un gigantesco orologio (così lo interpretarono alcuni illuministi) o ad un immenso arazzo in cui la trama e l’ordito istoriano soggetti meravigliosi. Eppure, quanti eppure…

Eppure ci chiediamo: in un cosmo così esattamente congegnato, come si può infiltrare il male? Una creazione matematica non esclude in toto il totem del libero arbitrio? La scienza dei numeri non ammette anomalie: nel linguaggio comune si ripete che “la matematica non è un’opinione”. Il logico, matematico e filosofo austriaco, Kurt Gödel, asserisce in modo più serio che provocatorio: “La matematica è una religione ed è l’unica che può dimostrare di esserlo”. Gödel non è lontano dal vero: i postulati della geometria e dell’aritmetica assomigliano ai dogmi di un credo poiché, in entrambi i casi, siamo al cospetto di qualcosa di ineludibile, di assoluto.  
 
Ci domandiamo anche se il codice non lasci affiorare più che un’orma divina, una matrice (termine non casuale) per così dire arcontica o, come ipotizzano alcuni astrofisici, gli indizi di un megaprogramma informatico generato da una civiltà tanto evoluta quanto dissimulata. Sono scenari che escludono la libera volizione. All’interno dell’universo-software il male è un virus con la funzione di introdurre il cambiamento in un sistema che, altrimenti, sarebbe statico. 
 
D’altronde questo potrebbe essere la finalità del polo negativo pure in un cosmo diversamente concepito: il problema non è il male in sé, che gioca il suo ruolo, bensì una sua superfetazione, la sua preponderanza. A corollario di questa riflessione, si può accennare ad una serie underground, “Black mirror”, incentrata sulla devastazione dell’umanità causata da una tecnologia fuori controllo. In un episodio, il protagonista è incalzato da un persecutore che, dopo avergli distrutto la vita, gli invia un’icona sul cellulare: è l’immagine di un troll che, in àmbito informatico, denota anche il malware.

Insomma, è tutto molto bello: sono fantastici i disegni della natura e le melodie che si possono comporre, rispettando dei rapporti numerici, ma dov’è lo scopo di ciò? Siamo condotti a visitare gli ambienti di una villa principesca, camere adornate con dipinti di maestri rinascimentali, busti magnifici, stucchi preziosi, ma nessuno ci mostra gli squallidi locali della servitù che vive in condizioni disumane per garantire i privilegi di un’aristocrazia oziosa e fatua.

Siamo affascinati dalla bellezza, ma vorremmo capire per quale ragione l’universo e la storia sono schiacciati dalla sopraffazione, dall’ingiustizia, sommersi da fiumi di sangue. Quanti non sanno ogni giorno, come scrive Giovanni Verga, in quale maniera “buscarsi il pane”! Quanti vivono esistenze infelici, straziate nel corpo e nell’anima! Che importanza può avere per loro il codice? Sì, senza dubbio intravediamo una filigrana stupenda oltre le cose, ma…

Riflettiamo: il codice è numero ed il numero è tempo, successione: in quanto tale, è una perfezione imperfetta, (ossimoro necessario). Il tempo è entropia, disordine, declino. Giustamente Nietzsche tuona contro chi vede nelle relazioni numeriche l’essenza della musica: che cosa si può apprezzare di una sinfonia, delle emozioni che essa suscita, dell’incanto cui dà origine, una volta che si sono anatomizzati i valori aritmetici di una composizione? Inoltre giustamente Bergson distingue il tempo della coscienza che è un flusso, un’onda avvolgente, dal tempo della scienza, inteso come algida segmentazione, arida misura.

La vera perfezione è dunque oltre i numeri, oltre i codici? E’ “lì” che è situata la realtà reale, nel nulla che contiene in potenza il tutto? Forse è per questo che Schopenauer ritiene che l’autentico uomo di genio non abbia attitudine per la matematica: egli la trascende, attingendo all’Idea che è di là dalle manifestazioni collocate nello spazio e nel tempo.

I numeri, intesi come quantità, peggio come strumento per quantificare e reificare gli esseri viventi, persino per monetizzarli, sono algidi, vuoti, morti. Ben diversa è la vibrante euritmia, la dissonante consonanza, la dolente felicità di un’opera d’arte. Ben diverso è il mondo della vita, dimentica del tempo, dei suoi perfetti ma freddi meccanismi. [2]

[1] E’ notorio che già gli antichi, ad esempio i Greci, avevano osservato il mirabile equilibrio del cosmo: infatti “kòsmos” significa “ordine”.

[2] Nel mondo quantistico la rigidità delle cifre si allenta e non sempre uno più uno dà due.



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