giovedì 25 luglio 2013

Acqua privata, Napoli è la prima città sotto attacco



Acqua privata. Manovre a Napoli

La bozza che sta per essere approvata con delibera del Consiglio Regionale della Campania è un colpo durissimo alla democrazia invocata e sancita da quasi 27 milioni di cittadini nei referendum per l’acqua bene comune del 2011.

Parole forti quelle contenute nella nota del Coordinamento: “E’ la risposta arrogante e violenta della politica consociata con i poteri forti delle lobby, di quella politica che ha scelto di eseguire, senza esitazione, la strada di privatizzare i beni e i servizi pubblici locali, dimenticando il ruolo sociale, fondamentale per la nostra democrazia, degli enti locali come luoghi di prossimità agli abitanti di un territorio”.


Alla gestione pubblica e partecipata delle comunità locali, la maggioranza azzurra che guida l’ente dimostra di preferire quella esclusivamente mirante al profitto delle multinazionali che, come si può facilmente prevedere, in territori già sotto assedio, darà vita a forme di caporalato.

Viene scippata ai cittadini la possibilità di decidere sulle cose concrete, come ad esempio assicurare il quantitativo minimo per i fabbisogni vitali umani, vigilare sulla qualità dell’acqua e sull’efficienza del servizio, intervenire direttamente sulla determinazione di tariffe eque e socialmente sostenibili e tutelare la risorsa acqua da ogni uso irresponsabile verso le future generazioni.

L’accorpamento di un maggior numero di comuni e di territori più vasti negli ambiti di gestione, si tradurrà in accentramento dei poteri nelle mani di pochi.

Nel testo della proposta di legge per il riordino degli ATO, non vi è traccia del diritto fondamentale all’acqua per ogni essere umano, dei principi di tutela dell’ambiente, del rispetto delle autonomie dei comuni, se non sotto forma di enunciazioni vaghe e senza alcun concreto riferimento normativo.
Si va inoltre nella direzione opposta rispetto a quel percorso di ripubblicizzazione voluto fortemente dai cittadini e si mette a rischio l’esistenza della prima Azienda Speciale nata in Italia: l’Acqua Bene Comune di Napoli.

I comitati chiedono il ritiro della delibera di Giunta.

Le privatizzazioni in Campania hanno provocato disastri: la Corte dei Conti ha messo sotto inchiesta le attività dell’ex ARIN SpA, la Regione condona 70 milioni di euro di debiti alla GORI SpA (ci guadagnano l’italiana ACEA SpA e la francese SUEZ SpA) e li sottrae ai servizi essenziali per i cittadini.

Nonostante i costi caricati in bolletta, nell’Italia privatizzata le reti idriche perdono il 65% di acqua e 6 depuratori su 10 in Campania sono fuorilegge.

Il Coordinamento per l’Acqua Pubblica si è riunito d’urgenza a Napoli, per discutere una soluzione da proporre alla Regione Campania tradotta nel Progetto Acqua Pubblica, uno studio di fattibilità per trasformare una legge di privatizzazione in una norma a tutela dei diritti dei cittadini.

Il testo giuridico individua quattro criticità e le risolve con alcuni semplici accorgimenti. Gestione e controllo pubblico dell’acqua. Il testo della Regione impedisce la gestione pubblica imponendo un modello di organizzazione valido solo per le multinazionali.

Arriva ad invertire i rapporti e programmare il controllo delle società private sulla pubblica amministrazione.

L’acqua è un diritto, non una merce, bisogna introdurre il modello di gestione pubblica e ripristinare l’ordine democratico nei rapporti tra governo e governati.

Minimo vitale garantito.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità fissa in 50 litri a giorno la misura d’acqua necessaria per la sopravvivenza dell’uomo. La Regione deve riconoscere il diritto ai 50 litri pro capite. La partecipazione dei cittadini alle scelte. Le Convenzioni internazionali prevedono le forme di partecipazione dei cittadini alle decisioni. La proposta regionale non prevede nessuna possibilità. Basta introdurla.
Rispetto dell’ambiente.

La proposta regionale enuncia il principio di tutela dell’ambiente e poi lo vìola. Bisogna puntare a ridurre lo spreco di acqua potabile nell’industria e in agricoltura.

La norma punta invece il dito sui cittadini e li perseguita con le sanzioni economiche, per fare cassa.
Al via anche una petizione popolare: ai sensi dell’art. 16 della Statuto della Regione Campania, i Comitati per l’acqua pubblica chiedono una Commissione d’Inchiesta Partecipata sul Diritto all’Acqua, per indagare: sul mancato rispetto dei referendum in Campania; sui disastri e gli sprechi delle privatizzazioni; sugli aumenti tariffari indiscriminati; sulle ecomafie dell’acqua.

Della Commissione dovranno far parte rappresentanti delle Istituzioni e dei Comitati cittadini in difesa dell’acqua.

Infine un accorato appello al Sindaco di Napoli: “E’ un terremoto politico. Fate presto! Lavorate senza sosta alla “messa in sicurezza” dell’ABC. Non c’è più tempo, Napoli è sotto attacco”.

- di Ernesto Ferrante -

Fonte
http://www.losai.eu/acqua-privata-napoli-e-la-prima-citta-sotto-attacco/

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