martedì 30 luglio 2013

Il grande incantatore


L'uomo che ha preso il posto del medioevale Ratzinger è un sofisticatissimo attore dei giorni nostri, che ha capito alla perfezione come oggi sia molto più importante gestire le apparenze che non badare alla sostanza. 

Questo è il Papa che "prende l'autobus come tutte le persone normali", che "lava i piedi ai carcerati", che "si fa da mangiare da solo" e "si porta da solo il bagaglio sull'aereo", come tutti i normali cittadini.

Questo Papa ha capito benissimo che oggi è necessario - ed anche sufficiente, purtroppo - vestire il saio dell'umiltà per apparire dalla parte della gente, dalla parte della giustizia, dalla parte del bene.

Ed ora che ha constatato che il giochino dell'umiltà francescana funziona a meraviglia, ha iniziato ad adottarlo anche sulle questioni di primaria importanza, come ad esempio quella dell'omosessualità.

Spicca oggi sulle prime pagine di tutti i giornali la frase del Papa "chi sono io per giudicare i gay?" E' tutti subito a strapparsi le vesti, sulle maggiori testate mondiali, per "quanto è umile questo Papa".

Talmente "sorprendente" gli è apparso il gesto del pontefice, che Nichi Vendola lo ha addirittura additato ad esempio per il mondo della politica: "Oggi il Papa ha fatto una cosa strabiliante - ha detto Vendola - perché in un solo colpo ha separato omosessualità e pedofilia. Il Papa ci ha ricordato che la pedofilia non è un peccato, ma è un reato. E a proposito dell'omosessualità, il Papa ha detto: "Chi sono io per giudicare i gay?" Io credo che se la politica avesse un milionesimo di questa capacità di ascolto, di questa empatia per l'umanità, la politica sarebbe una cosa molto più utile per aiutare la gente che soffre e per cambiare le cose".

E' comprensibile che dal punto di vista di Vendola - come dal punto di vista di un qualunque progressista, gay o meno che sia - la frase del Papa possa suonare come una mezza rivoluzione, ma forse bisogna guardare con più attenzione al contesto in cui è stata pronunciata: il Papa infatti non stava parlando dell'omosessualità in generale, ma stava rispondendo ad una precisa domanda sulla presunta esistenza di lobby gay in Vaticano. Al che il Papa ha risposto di "non aver visto nessuno finora che gira in Vaticano con la carta di identità di una lobby gay", e poi ha aggiunto: "Se poi una persona è omosessuale, cerca Dio e agisce in buona fede, chi sono io per giudicarla?"

E' vero quindi, come dice Vendola, che il Papa ha "separato la pedofilia dall'omosessualità". Ma non l'ha certo fatto per condannare la prima - non c'è bisogno del Papa per stabilire che la pedofilia sia un reato, basta leggere il codice penale - quanto piuttosto per giustificare la presenza di migliaia e migliaia di preti cattolici omosessuali all'interno della propria Chiesa, come se in qualche modo non fossero loro i veri responsabili dei reati di pedofilia.

In realtà, sappiamo tutti benissimo che all'interno della Chiesa una cosa equivale all'altra: non sono certo gli omaccioni alti 1 e 90 o i campioni di pugilato a diventare preda dei preti omosessuali negli oratori, nei corsi di catechismo, o nelle scuole gestite dai preti. La vittima rimane comunque sempre il bambino, sul quale il prete ha un potere talmente enorme da approfittarne in modo vergognoso non solo per abusare sessualmente di lui, ma anche per imporgli poi quel silenzio che gli permetterà sistematicamente di passarla liscia, e di tornare a molestare altri bambini.

Se davvero il Papa avesse voluto imprimere una svolta decisiva al problema della pedofilia nella Chiesa, avrebbe dovuto condannare duramente tutti coloro che approfittano "del nome di Dio" per commettere i propri crimini, invece di giustificare coloro che sono omosessuali "ma cercano Dio e agiscono in buona fede".

Nessun omosessuale che "cerchi Dio e agisca in buona fede" toccherà mai un bambino in ogni caso, questo dovrebbe essere evidente per tutti. E' chiaro quindi che con la sua frase "traboccante di umiltà" il Papa abbia semplicemente cercato di evitare il problema di fondo, invece di affrontarlo una volta per tutte.

Massimo Mazzucco


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