venerdì 25 agosto 2017

La Tradizione e le tradizioni

 
Scrivo questo articolo in risposta alle diverse persone che nel corso degli anni mi hanno accusato di spiegare concetti – ad esempio riguardo il karma – che non collimano con quella che loro definisco “la pura tradizione”. Faccio notare che i tradizionalisti non usano mai espressioni come “concetti differenti” o “differenti punti di vista”, ma “nozioni errate” oppure “grossolani errori” oppure “madornali fandonie”. D’altronde, loro sono venuti a contatto con l’unica, primordiale, incorruttibile, imperitura verità, mentre tutti noi siamo bloccati nell’ignoranza e brancoliamo nelle tenebre della moderna new age!

Ma andiamo per ordine. Anche io ho trascorso ore della mia vita curvo in leopardiana postura sulle pagine dell’esoterista René Guénon, quando ero ancora un giovincello pieno di speranze (le speranze di mia madre, che voleva diventassi medico). I miei autori preferiti in realtà erano quelli che chiamavo “i magnifici tre”: Evola, Jünger e Spengler; ma il vero tradizionalista, quello incazzato con la vita, gode davvero solo con René Guénon! Ricordo che all’epoca mi ero innamorato del concetto di “tradizione esoterica” fino a diventarne invasato. 
 
Ma quando cominciai a citare, urlando, anche durante il pranzo, libri come L'Uomo e il Suo Divenire Secondo il Vêdânta, i miei genitori, amorevolmente, mi indicarono l’indirizzo del CRT (Centro Recupero Tradizionalisti) più vicino. Se non fosse accaduto questo, probabilmente avrei fatto la stessa fine che ho visto fare a tanti miei coetanei: hanno cominciato con René Guénon, credendo di poter smettere in qualsiasi momento, ma poi sono passati ai testi della tradizione indù. E dai testi della tradizione indù... credetemi... non ho mai visto uscire nessuno!

I tradizionalisti, infatti, spesso scadono in una sorta di “fanatismo esoterico” che nulla ha da invidiare al vecchio fanatismo religioso o all’odierno fanatismo scientifico/farmacologico. I fanatismi, come vi sarete accorti, sono tutti uguali, perché dipendono dal livello di coscienza dell’individuo, non dallo specifico oggetto del fanatismo. Il fanatico (tradizionalista, religioso, vegano, ecc.) crede che l’unica verità sia quella di cui è venuto a conoscenza lui e questo lo rende particolarmente aggressivo nei confronti di chiunque non la pensi allo stesso modo. In altre parole: «O riconosci anche tu che questa è la vera spiritualità (...scienza, religione, ecc.), oppure sei un ignorante e come tale vai messo a tacere». L’ultima parte della frase («...vai messo a tacere») identifica con sicurezza l’elemento – pericolosissimo – del fanatismo.

Il tradizionalista è convinto di tale assunto: «Più una cosa è vecchia, più è vera», per cui, per poter identificare l’autentica spiritualità, cerca le fonti più antiche che riesce a trovare (e di norma va a parare, per l’appunto, nei testi indù). Il concetto di evoluzione non gli sta molto simpatico e crede che la spiritualità odierna sia solo “merda new age”. Si tiene tenacemente aggrappato a ciò che è antico, convinto di vivere in un’epoca dove è impossibile produrre qualcosa che sia allo stesso tempo nuovo e risvegliante. 
 
Tutto questo, ovviamente, non lo pensa con la sua testa, ma lo pensa perché lo hanno scritto Guénon e i suoi colleghi, i quali a loro volta lo hanno ricavato/interpretato dai testi indù. A nessuno è venuto in mente che forse le regole del risveglio sono cambiate (che il percorso stesso del risveglio abbia oggi fini differenti), oppure, ancora meglio, che esistano regole più antiche, di cui non è giunta prova scritta, che comprendono ma non si limitano a quelle che gli esoteristi studiano oggi?
 
Quanta limitatezza risiede nel pensiero: «Ciò che fu detto allora varrà per sempre!»

Se sollevaste la testa dai libri e guardaste con occhi nuovi intorno a voi, non vedreste solo merda, ma scoprireste in che maniera si è evoluto il percorso spirituale in funzione di ciò di cui ha bisogno l’umanità in questo momento. Io per primo sono convinto che viviamo nell’epoca più buia della storia – e l’ho scritto più volte – ma ho comunque trovato qualcuno che mi ha insegnato a lavorare su di me e adesso applico a mia volta delle strategie che agiscono sulla coscienza delle persone. Non mi limito a commentare i testi indù.

Come ho già scritto qualche mese fa in un post su Facebook, la mia missione, la mia soddisfazione e il mio tormento... sono la continua ricerca di tutto ciò che è risvegliante per l'essere umano occidentale di oggi. Per cui, per quanto ritenga interessante la lettura di scritti come la Brhadaranyaka Upanishad, ossia l' "Upanisad del grande Aranyaka", con il commento dell'ancor più grande Śakarācārya, non la ritengo di utilità immediata per l'integrazione psicologica e il risveglio spirituale del newyorkese del 2017.

Quando sei un piccolo imprenditore oppresso da tasse inique, passi nove ore in ufficio tutti i giorni, ti cibi di fonzies e merendine, ascolti la musica di Neffa o Nek, respiri un'aria irrespirabile e hai gli alimenti da pagare all'ex moglie... il livello di stress fisico e psicologico a cui sei sottoposto è decisamente diverso da quello di un indù dell'800 d.C., per cui sarà per forza di cose differente anche il lavoro di reintegrazione nell'Unità che devi fare. 
 
Per esempio, chi si occupa di risveglio oggi, sa bene che non è più possibile prescindere da un lavoro di tipo psicologico (portato alle masse da Freud e Jung), così come da un lavoro sull’Attenzione condotto nella quotidianità (portato alle “masse” da Gurdjieff). Non tener conto di questa evoluzione sarebbe come ignorare i progressi della medicina e continuare a curare le malattie con i salassi, applicando le sanguisughe sulle braccia dei pazienti, come si faceva fino al 1800. 
 
Il tradizionalista, di norma, salta a piè pari il lavoro di auto-osservazione e quindi di integrazione psicologica e si dedica alla lettura dei testi e alla meditazione, come si faceva nell’antichità, quando l’uomo non si era ancora animicamente separato dall’Uno e una vera psicologia nemmeno ce l’aveva. Il punto è che in questo modo il tradizionalista sta dando per scontato di possedere un apparato psicofisico ancora uguale a quello di un praticante dell’epoca di Śaṅkarācārya
 
Non accettando il concetto di evoluzione, non si accorge che l’uomo odierno possiede un’anima molto più individualizzata – più autonoma – rispetto alle epoche antiche, un corpo mentale più sviluppato e una psicologia articolata. La conclusione è che attraverso quegli stessi mezzi (meditazioni, respirazioni, mantra), non può più giungere al risveglio, ma può provarci testardamente per decenni, rischiando però, nel frattempo, di danneggiare irreparabilmente i propri centri sottili.

Di norma queste persone conducono una vita insoddisfacente, che comprende problemi di denaro, difficoltà a inserirsi nella società, problemi di coppia, di sesso, ecc. Ma anziché lavorare con umiltà sui loro problemi al fine di ottenere una vera integrazione psicologica, entrano in un loop compulsivo – che in tutti questi anni di attività ho imparato a osservare in un numero sempre maggiore di individui – che le costringe ad attuare un comportamento scellerato: più stanno male, più odiano il mondo moderno e più insistono con gli esercizi di meditazione, nella speranza di ottenere l’illuminazione che metta fine a tutti i loro problemi in una volta sola. Poi osservano quei relatori che, come me, aiutano le persone a ottenere realizzazione, serenità e ricchezza, e sentenziano: «Quella non è vera spiritualità»!

Il punto è che il concetto stesso di risveglio è mutato: non si parla più unicamente di “meditare per ore fino a fondersi con l’Uno”, ma di acquisire, per mezzo della disciplina, la padronanza dei corpi sottili e dei relativi piani (astrale, mentale, causale, ecc.), e questo comporta spesso delle guarigioni - anche dolorose - di traumi, e delle trasmutazioni energetiche. 
 
Non è più tempo di “rifiuto della materia in quanto illusoria per principio”, questo è un comportamento anacronistico, adesso il lavoro su di sé implica la capacità di accettare e gestire la materia, ossia l’ottenimento di un’esistenza felice e soddisfacente anche nella sfera del denaro, in quella della sessualità e nel rapporto di coppia. In particolare dopo l’avvento del Cristo, il risveglio è divenuto anche sinonimo di “servizio verso l’umanità”, un elemento che prima era assente, perché la pratica spirituale era rivolta principalmente alla propria liberazione e non ad alleviare le sofferenze del mondo. Dopo il Cristo è stata portata una maggiore attenzione alla progressiva apertura del Cuore (“ama i tuoi nemici e prega per i tuoi persecutori”).
 
È vero, dunque, che in quest’epoca buia ogni ordine è sovvertito e il popolo ignorante fa le leggi, mentre gli spiriti più elevati devono subirle. È vero che anche il percorso di risveglio spirituale è stato pervertito, ma non nel senso in cui lo intende di solito l’esoterista tradizionale, il quale cerca di non sporcarsi con la modernità e la materialità restando abbarbicato al passato. 
 
Al contrario, la perversione della spiritualità sta proprio nell’ostinarsi a tenere gli occhi fissi sui libri antichi, rinunciando a cercare, continuando a utilizzare metodi che non sono più risveglianti e che, nella maggioranza dei casi, danneggiano il sistema nervoso del praticante. D’altronde non esiste perversione maggiore che ignorare l’evoluzione, i cambiamenti... lo scorrere della vita verso l’Alto.

Come ho già previsto – e ci tengo a ribadirlo – un giorno vivremo in una società pseudo-spirituale dove tutti faranno meditazione e reciteranno mantra... ma nessuno si risveglierà davvero.

 
Salvatore Brizzi
(professione: cane di Dio
D.O.G. = Dogs Of God)
 

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