lunedì 28 agosto 2017

La trappola delle emozioni


9 anni fa, durante uno dei periodi peggiori della mia esistenza, mentre la vita mi dava ripetute batoste, mi fu offerta quella che ritengo essere una delle più importanti lezioni che io abbia mai imparato.

Non che le altre fossero state meno importanti, ma questa singola lezione è stata quella che mi ha portato senz'altro la maggiore utilità e un beneficio a lungo termine. Per molti anni avevo ruotato intorno a questa consapevolezza, ma senza mai afferrarla veramente, ed era come se tutte le esperienze della mia vita e di quel periodo in particolare mi fossero somministrate allo scopo di farmi rendere conto di questa singola lezione.

La mia vita era fatta di forti stimoli ed emozioni incontrollate in quasi tutte le aree, non c'era giorno che passasse senza aver avuto la mia dose di alti o bassi emozionali: una nuova donna, un nuovo acquisto, una litigata sul lavoro, una delle donne che mi abbandonava, concerti, vacanze e post vacanza, serate e post serate... questo ritmo, andato avanti per anni, costituiva un vero problema: era infatti diventato una dipendenza, perchè cominciavo a non poterne più fare a meno.

 Quando fui costretto a rifletterci mi accorsi che lo stato di dipendenza era pressochè continuo: dal caffè alle sigarette che ancora fumavo, dagli oggetti che possedevo allo status in cui ero identificato in quel momento, dal sesso ai continui stimoli, fino al cibo. E tutto questo aveva una base unicamente emozionale, ossia il solo vero motore dei miei desideri\bisogni era quello di provare una certa emozione o un gruppo di emozioni o un derivato di queste e provarle il più a lungo possibile, oppure di non sentirne qualche altra.

Fui costretto a rifletterci perchè incominciavo a intravedere che la mia vita era tutto un cercare di soddisfare quei bisogni emozionali ed era la classica vita da schiavo: facevo sostanzialmente un lavoro che odiavo al solo fine di avere tanti soldi da spendere in tante stupidaggini che mi offuscavano la mente e mi rendevano ottuso, stupido, opaco, e avevo uno stile di vita che cercava di mantenere sempre alta la quantità di stimoli di modo che non potessi pensare.

Pensare in quegli anni equivaleva infatti a stare col me stesso disperato e privo di significato, e ancora peggio fu constatare che non ero il solo, ma che molti di quelli che conoscevo erano in quelle condizioni.

La mia fortuna (se così si può chiamare) fu solo quella di essere stufo di quella vita a un livello sufficientemente forte da innescare una serie di eventi apparentemente casuali, nati per farmi accorgere dell'illusione in cui mi trovavo. Sembrava la trama di Fight Club e in effetti Fight Club è un film che ho amato molto perchè mi ha insegnato proprio questo.

Col passar del tempo ho visto sempre più direttamente quanto questa trappola fosse ben architettata: bisogni artificiali creati attraverso immagini, oggetti, corpi, che inducono ad avvertire mancanze di ogni tipo e a iniziare la spasmodica ricerca del soddisfacimento del bisogno. Ego nutriti a forza di titoli, vestiti, accessori e altri abbellimenti con il solo scopo di farti provare l'emozione di sicurezza e appartenenza a un gruppo.

Interi universi strutturati intorno al bisogno di approvazione che ti fanno a volte passare come arte, letteratura, musica, ma che nella gran parte dei casi nascondono e soddisfano le richieste di ego impauriti e bisognosi. Il fatto divenne anche anche più serio quando mi accorsi che il bisogno emozionale era proprio una tossicodipendenza con tutte le sue crisi di astinenza e fenomeni di disintossicazione e che sembrava essere adoperato ad arte per indurre certi stati nelle persone e tenerle a un livello fisso di consapevolezza.

Ogni volta che un bisogno non veniva soddisfatto c'erano emozioni negative che dovevano in qualche modo esser sedate col soddisfacimento del bisogno stesso o in qualche altro modo. Questo è stato un problema insormomtabile fin quando non ho imparato che le emozioni, oltre ad essere espresse o represse, potevano essere osservate e rilasciate, e fin quando non ho appreso che esiste uno stato nel quale non si vive più in balia delle passioni e degli eventi emozionali (e di ciò che li provoca) ma si ha un bilanciamento più o meno costante verso la pace, la centratura. E questo stato è raggiungibile.

Spesso quando spiego questo ai corsi, e quando spiego come fare per raggiungerlo, più di qualcuno si lamenta che una vita senza emozioni non è degna di essere vissuta ed io rispondo sempre nello stesso modo: in primo luogo, non sto dicendo di rinunciare alle tue emozioni o di non averne, ma di non attaccartici, né alle positive, né alle negative e ti sto chiedendo di iniziare a supporre per ipotesi che si possa vivere senza continui bisogni che vanno soddisfatti.

Ti sto dicendo di essere presente e consapevole tutte quelle volte che decidi di arrabbiarti, innervosirti, prendertela sul personale per qualcosa, di tutte quelle volte che esprimi mancanza, insoddisfazione e lamentela. Ti sto dicendo di imparare a far fluire questi stati dentro di te come l'acqua, perchè questo ti porterà sorprese inaspettate. L'emozione è una energia in movimento e se la trattieni ti fai del male a livello fisico (parecchie malattie si generano da energia emozionale bloccata nei tessuti) e sottile (dai energia al problema piuttosto che risolverlo).

Se la esprimi e te ne lasci sopraffare rischi di fare male a te e agli altri e di prosciugare le tue energie.

Ma c'è di più. Dietro le emozioni negative ci sono sempre i bisogni, sempre. Emozioni di paura, rabbia, rancore, odio, sono ad esempio un bisogno di amore, riconoscimento, approvazione, accoglienza... ma che succede quando col lavoro su te stesso neutralizzi qualunque bisogno di amore, rinconoscimento, approvazione, accoglienza?

Succede che guarisci il tuo senso di separazione, e fai funzionare attraverso di te qualcosa di superiore smettendo per sempre (e sottolineo per sempre) di provare quelle emozioni. E ti dirò di più: se credi che la tua soddisfazione e felicità dipedano dal soddisfacimento di qualche desiderio o bisogno, prova a ripensarci.

La felicità e la soddisfazione che provi quando realizzi un desiderio o soddisfi un bisogno sono generate unicamente dalla momentanea pace derivata dal fatto che hai smesso di cercare, con conseguenza che quella spinta spasmodica ha trovato una fine. Dopo un po' avrai un nuovo bisogno e un nuovo desiderio e riinizierai la spasmodica, ansiogena ricerca di qualcosa.

Ma puoi decidere di porre un fine a questo strazio e decidere di essere in pace e presenza qualunque cosa ti 'capiti' di affrontare per imparare a generare quel senso di benessere e soddisfacimento in maniera autonoma. Si può fare. Quando la parte umana si arrende infatti, la parte divina entra in funzione in modi eccezionalmente pratici e quasi sempre risolutivi e lo fa non solo aiutandoti a trasmutare le emozioni inferiori, ma anche portandoti ciò che davvero ti serve.

Ecco perchè la rabbia non è e non sarà mai giustificata, lo sfogo non è e non sarà mai utile, se sei nell'automatismo. Il nervosismo, la paura e tutte le energie simili sono una perdita di tempo ed energia, e l'unica cosa che può guarire la tua vita è 'esserci' quando provi l'emozione negativa... esserci completamente!

Nel meraviglioso film 'La forza del campione', titolo osceno dato alla trasposizione cinematografica del libro di Dan Millman "La via del guerriero di pace", questo concetto viene reso bene nel momento in cui al protagonista, in uno dei momenti peggiori della sua vita, viene sottoposta la domanda 'ci stai facendo attenzione'?

E io aggiungerei quest'altra domanda per i più coraggiosi e per quelli che stanno applicando la spiritualità pratica:

'Puoi essere pace anzichè questo?'


Andrea Panatta


fonte: http://quantum73.blogspot.it/2011/06/la-trappola-delle-emozioni.html

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