ALLEVAMENTI
INTENSIVI.
Sembrerà un consiglio rivoluzionario, ma certo va alla radice del problema: evitare ogni prodotto proveniente da allevamenti intensivi.
Sembrerà un consiglio rivoluzionario, ma certo va alla radice del problema: evitare ogni prodotto proveniente da allevamenti intensivi.
“Allevamenti intensivi” sono i capannoni industriali, nati negli anni Sessanta, in cui sono rinchiusi decine, centinaia, migliaia di animali (in America ci sono feedlots con dentro 100.000 e più capi di bestiame) in condizioni infernali, privati di libertà di movimento, dell'aria e della luce del sole, rinchiusi in gabbie, costretti alimentazione forzata, immunodepressi.
Le condizioni di vita degli animali, tali da suscitare pietà, sono oggetto di continue battaglie delle associazioni animaliste.
Ma non è solo questione di pietà: la concentrazione degli animali e il regime alimentare forzato aumentano lo stress, le malattie e la pericolosità microbica e sono la causa prima e principale della diffusione a raggiera dei veleni e dell'esplosione degli scandali alimentari (“mucca pazza”, "pollo alla diossina” e vedremo quali altri). La "modernizzazione" zootecnica ha riempito i cibi di residui di stimolatori dell'appetito, antibiotici (metà della produzione mondiale di antibiotici è destinata alla zootecnia), erbicidi, stimolatori della crescita, larvicidi e ormoni artificiali.
Proprio l'abuso di antibiotici in zootecnia è all'origine del fenomeno
della resistenza che da 20 anni tanto preoccupa gli scienziati e le cui
percentuali in Italia sono quintuplicate dal '
92 a
oggi: lo sviluppo di pericolosissimi superbatteri resistenti a tutti i
trattamenti farmacologici (l'ultimo, lo streptococco VISA, che ha già
ucciso 4 persone negli USA e due anziani in Scozia - e si è già avuto
il primo caso in Italia; in USA in un sacco di mangime per polli sono
stati trovati batteri resistenti a tutti gli antibiotici!). Molte altre
malattie, l'afta epizootica, l'Aids bovino (Biv), la salmonellosi, l'encefalopatia
spongiforme bovina sono consustanziali all'allevamento intensivo. Ecco i
metodi di allevamento di alcune specie.
MUCCHE E BOVINI:
i trattamenti con ormoni d'origine animale, di sintesi, sperimentali,
sicuramente non sono stati interrotti. In America i trattamenti con
ormoni sono non solamente ammessi, ma incoraggiati, e continuano ad
essere sperimentati: zeranolo,
estradiolo, testosterone, progesterone, treribolone acetato sono in
continua sperimentazione e inoculati in vitelli, mucche e tori.
Riescono
a farli crescere più velocemente del 50%. Per fortuna l'UE continua a
tenere le proprie frontiere chiuse all'importazione di carne trattata
con ormoni: l'ultimo rifiuto ufficiale data luglio 1999. Allora la ormai
celebre (o famigerata?) W.T.O. (World
Trade Organization) avrebbe ordinato di “lasciare che il bando
venga disatteso", e gli USA hanno chiesto miliardi in risarcimenti.
Ma in Europa l'importazione di carne americana è ancora vietata.
In Italia le condanne penali della Cassazione si
susseguono, poche ma senza soluzione di continuità, mentre l'Istituto
Superiore di Sanità trova diversi corticosteroidi illegali nel latte, e
17-betaestradiolo nel siero bovino (usato per i vaccini). D'altronde, il
D.lgs. 27/1/1992 n.118 vieta, è ovvio, la somministrazione di ormoni,
ma li autorizza a scopo terapeutico e nel periodo successivo al parto,
cioè: volendo, sempre. Dell'ormone D.E.S.
(Dietilstilbestrolo), che
provoca cancro al seno, è difficilissimo accertare la presenza, essendo
attivo anche in dosi infime (parliamo di milionesimi di grammi).
Secondo
il Comitato Scientifico dell'Unione Europea, che doveva pronunciarsi a
proposito del doping, anche dosi infinitesimali di queste sostanze
danneggiano la salute umana, innescando tumori e alterando le risposte
del sistema immunitario. Inoltre, i valori residuali di ormoni ritenuti
innocui fino a dieci anni fa, sono oggi, grazie a dati scientifici più
raffinati, considerati rischiosi per i consumatori, specialmente per i
bambini in età pre-puberale.
Le ricorrenti malattie dei bovini provocate dalle condizioni-limite in cui vivono costringono a terapie antibiotiche senza sosta. All'esame anatomo-patologico si rileva un'incidenza elevata di lesioni muscolari dovute all'uso di sostanze xenobiotiche.
La dipendenza della zootecnia dall'industria farmaceutica presenta
questi riflessi negativi
- sofferenza e patologie iatrogene negli animali;
- residui pericolosi negli alimenti d'origine animale;
- gravi rischi epidemiologici per selezione microbica;
- alterazioni del processo di depurazione con peggioramento dell’inquinante;
- rischi mutageni per i principi emessi nell'ambiente.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ripetutamente
messo sotto inchiesta i residui di certi farmaci veterinari nel cibo
(solo tra il '97 e il '98): abamectina,
clorotetracicline e tetracicline, il famigerato clembuterolo,
cipermetrina, a-cipermetrina, neomicina, ossitetraciclina, spiramicina,
thiamphenical, tilmicosina, xilazina, e ancora ceftiofur, cyfluthrin,
danofloxacina, di-idrostreptomicina e streptomicina,
fluazuron, flumequine, moxidectina, spiramicina. In Italia,
è matematicamente certo (lo dimostra la sproporzione tra le ricette
"ufficiali" e il numero di animali: solo 5 ogni 100) che i
farmaci vengono acquistati sul mercato nero per non doverne segnalare
l'uso. Poi, poco prima della macellazione, viene somministrato agli
animali un fortissimo diuretico che cancella le tracce delle sostanze
illegali.
Hanno luogo anche trattamenti con farmaci sperimentali.
Hanno luogo anche trattamenti con farmaci sperimentali.
Nei mangimi può
esserci ogni genere di rifiuti ripugnanti: carogne di animali, scarti dell'industria di
trasformazione, lettiere o escrementi animali, residui della lavorazione
dello zucchero, dell'olio, paglia trattata con ammoniaca, olii esausti
di motori, addirittura i reflui inquinanti delle distillerie di whisky e
di gin; in Francia finivano nei mangimi le acque nere, bollite, delle
puliture dei macelli e delle stalle, "condite" con gli scarti
della spremitura a caldo dei resti dei macelli. Il mais, che nella dieta
dei poveri bovini ha sostituito il più costoso fieno, fermenta nel loro
colon e favorisce la proliferazione di batteri, causa di pericolose
infezioni che, in Italia, costringono ogni anno decine di bambini alla
dialisi per danni ai reni. Nelle città non dotate d'inceneritore,
diventano "farine per animali” le carcasse di animali raccolti
dal
la Nettezza Urbana
(cani e gatti randagi, topi, ratti e pantegane).
Anche gli animali
portati dal proprio veterinario per la "morte dolce" fanno la
stessa fine: attenzione, potremmo ritrovarci Fido o Micio nella catena
alimentare! Addirittura, potrebbero essere reimmesse (con o senza il
consenso dell'ASL) nel mercato dei sottoprodotti (art.5 c.1 del D.lgs
suddetto) le carni e i derivati sottoposti a trattamenti vietati! Così,
nei grassi degli animali si accumulano le diossine, pesticidi come il
4-4' D.D.T., D.D.E., D.D.D., E.D.T.A. e metalli pesanti come il cadmio
(per colpa del quale nel '95 si è scoperto che una fettina di cavallo
su due è fuorilegge), piombo, arsenico e cromo.
Però, la sanzione (depenalizzata) per chi commercializza
mangimi scadenti va da lire
600.000 a
lire 3.000.000; se sono nocivi "per il bestiame... ammenda da lire
250.000 a
lire
2.000.000”
(art.22 l.15/2/1963, depenalizzata e aggiornata nel 1981).
La Confcommercio, su impulso del DM 13/4/99, ha avviato a fine '99 una ricerca per censire gli intermediari che immettono in commercio additivi, miscele, prodotti proteici, amminoacidi e simili, tentando di ricostruire l'intero iter della fabbricazione. Ne vedremo delle belle.
Perfino nelle mangiatoie dei disgraziatissimi animali si annidano veleni: uno studio condotto in Europa nella primavera ' 98 ha rivelato che una mangiatoia su tre era contaminata da antimicrobici non dichiarati, una su quattro a concentrazioni elevatissime: clorotetraciclina (C.T.C.) nel 15% dei casi, sulfonamidici nel 7%, penicillina nel 4%, trattamenti ionoforetici nel 3%, e tutte le concentrazioni di sulfonamidici erano sufficienti per lasciare residui tali da causare danni al tessuti, alle mucose, da contatto.
Importazione illegale di carne. Ne ha parlato con
coraggioso tempismo Antonio Delitalia, dalle colonne de “Il Giornale" (16 giugno '97):
"Ci sono due tendenze tutte italiane di fronte a un argomento scomodo e ingombrante: chiudere un occhio e fare finta di non avere visto, o spalancarli tutti e due e denunciare situazioni che travalicano la realtà. Il problema della carne contaminata da clembuterolo e affini rischia di essere uno di questi. Scomodo perché si parla di frode alimentare, ingombrante perché la carne arriva nel piatto di oltre quarantacinque milioni di italiani".
Il problema assai grave è quello dell'importazione di carni
clandestine, che, per evitare l'Iva, sfuggono qualunque accertamento
sanitario. E dal Triveneto gli allevatori fanno sapere che il 10% della
carne importata è al clembuterolo.
Dal momento che importiamo circa il 50% della carne bovina che
consumiamo, il problema ha dimensioni preoccupanti. Non allarmistiche,
ma preoccupanti. Dice Vincenzo Dona, segretario generale
dell’Associazione consumatori che ha elevato frequenti proteste, senza
però ottenuto risultati apprezzabili: “I controlli sono inadeguati, e fanno acqua più di una bistecca al
cortisone".
L’Europa ha imposto il marchio di qualità, però il
governo è inadempiente. Per evadere l'Iva si è creato un mercato
clandestino lucrosissimo. Ma anche nell'importazione legale il controllo
è possibile solo sulle mezzene, non sulla carne pezzata e confezionata
che finisce sul banco di macelleria.
Un documento ministeriale certifica l'avvenuta intossicazione collettiva di Assisi per carne al clembuterolo, la cui responsabilità, ridotta a pochi allevatori, ricade su tutti.
Un documento ministeriale certifica l'avvenuta intossicazione collettiva di Assisi per carne al clembuterolo, la cui responsabilità, ridotta a pochi allevatori, ricade su tutti.
“Il problema esiste" diceva nel '97 il prof. Agostino Macrì, responsabile del servizio veterinario dell'Istituto superiore di sanità. E va risolto perché riguarda la salute.
Ma nulla è stato fatto.
E non ci sono solo veleni "artificiali". Come se
non bastasse, anche i “contaminanti naturali" sono un'insidia per
chi mangia carne: le aflatossine
(un tipo di micotossine, sostanze tossiche prodotte dalle muffe) possono
contaminare i cereali destinati a diventare mangime per animali prima e
durante il raccolto o per immagazzinamento e conservazione sbagliati.
Quando gli animali mangiano cibo contaminato, perdono peso e diminuisce
la produzione di latte; i metaboliti di queste tossine infettano i
tessuti animali commestibili, e si riversano nel latte. Sono pericolose
per la salute umana concentrazioni di aflatossine superiori a 20
miliardesimi di grammo nei mangimi e a 0.5 miliardesimi di grammo nel
latte!
Infine, lo stress innaturale e perpetuo causa un accumulo di adrenalina che realmente avvelena la carne, la cui assunzione può essere nociva per l'uomo. Motivi dello stress: condizioni di vita, alimentazione forzata, interminabili trasporti di ore e giorni con carri bestiame fermi alle frontiere o nei porti senza alcun supporto vitale, niente acqua, niente riposo, niente riparo dal sole torrido o dalla pioggia. Unica speranza, la morte.
VITELLI:
il sistema per mantenere la carne pallida, rosea e delicata consiste nel
tenerli in condizioni enormemente innaturali. Al terzo-quarto giorno di
vita, strappati alle madri inseminate artificialmente, vengono collocati
ognuno in un box largo
40 cm
. e lungo un metro e mezzo. I vitelli sono legati con una catena al
collo per impedire ogni movimento (la catena potrà esser tolta quando
saranno cresciuti tanto da occupare tutto il ristretto spazio del box).
Essi non vedranno mai né paglia né fieno, poiché mangiarne potrebbe
rovinare il tenue colorito delle carni. Gli studiosi, per questi poveri
vitellini, parlano di stress acuto e cronico, le cui conseguenze sono
immunodeficienza (i vitellini si ammalano), infezioni, necessità di
antibiotici. Nutriti con budini semiliquidi iperproteici che causano
un’inestinguibile arsura (l'acqua è loro assolutamente negata, per
indurli a ipernutrirsi, mangiando più budino e più velocemente) e
un’inarrestabile dissenteria per spingerli all'anemia al fine di
sbiancare le carni, disordini digestivi e ulcere sono frequenti;
sottoposti a cicli costanti di trattamenti antibiotici, dopo
tredici-quindici settimane si portano al macello.
Avete mai visto gli occhioni spaventati di un vitello portato al macello?
L’allevamento intensivo di bovini e vitelli è anche un
rischio ecologico e biologico, oltre che sanitario. I vitelli sono la
“residenza” preferita di germi e infezioni, di Escherichia
Coli 0157:H7, VTEC e STEC, parassitemie
theileriali da Theileria
buffeli, Neospora caninum
(diffusa dal Canada all'Argentina, e in Spagna) e altre malattie
epidemiche. Per esempio, nel novembre '99 un modello di simulazione
dinamica realizzato dal Dipartimento di farmacologia, microbiologia e
igiene alimentare della Scuola norvegese di scienze veterinarie di Oslo
ha stabilito che, anche qualora l'importazione di carne di vitello in
Norvegia cessasse nel volgere di due anni, per oltre dieci anni
continuerebbero a crescere le infezioni da Taenia saginata nei vitelli domestici, e di conseguenza gli episodi
epidemici di infezioni negli uomini. Nell'agosto del 1999 è stato
isolato in Malesia un Enterococcus
Faecium quasi invincibile, resistente alla vancomicina e a un'ampia
gamma di antibiotici. E dov'era? Era in 10 campioni di tessuto molle di
carne bovina.
Nota di demerito speciale per il fegato di vitello e di bovino adulto, che molti ritengono "prelibato". Il fegato si impregna di tutte le sostanze nocive assimilate da un organi
Carne trita.
La carne trita è soggetta ad annerimento più di altri "tagli di
carne”. Non possiamo escludere la possibilità che "additivi non
consentiti” (come scrive
la Pretura
di Torino in una sentenza di condanna di un macellaio) vengano aggiunti
per ritardare questo processo. Abbiamo iniziato a sospettare qualcosa di
simile quando ci siamo accorti che i gatti di nostri amici, ghiottissimi
di carne, invece annusavano con diffidenza e non assaggiavano neppure la
carne trita quando gli veniva offerta. Comunque, nei supermarket, ove
ormai spesso è confezionata "in atmosfera protettiva' (C02), è più
difficile che quest'eventualità si verifichi.
Ragù. Sfuggono all'etichettatura i conservanti e gli additivi di cui è impregnata la "carne secca per minestre" e la "carne secca per preparati di minestre o salse". I più pericolosi sono i gallati di propile (E310), di ottile (E311), dodecile (E312), di eritorbati...
Tratto da “Quattro sberle in padella”, Stefano Carnazzi e Stefano Apuzzofonte: http://www.disinformazione.it/carne_allevamenti.htm
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