martedì 23 agosto 2016

Al di là del bene e del male


Il non giudicare o il giudizio sul giudicare è sempre stato un argomento spinoso in ambito spirituale e fonte di numerosi fraintendimenti.

Ciò che causa sofferenza nell'esprimere un giudizio non è l'opinione in sè su un qualcosa, ma l'identificazione con il pensiero che è stato espresso. Ognuno di noi ha differenti caratteristiche, cultura, provenienza sociale e etnica e in base a queste differenze il concetto di bene o male, di giusto o sbagliato viene manifestato. In sè un giudizio è solo un pensiero, un'idea che sorge in modo del tutto spontaneo. Rifletti: hai causato quel giudizio, oppure esso è solo apparso nella tua coscienza?

Esso fa dunque parte del dispiegarsi del fluire dell mente e non è personale. Il pensiero che dice "sbagliato" sorge in modo del tutto spontaneo attraverso una forma, ma di per sè non è stato deciso precedentemente.

Il senso di separazione e contrazione connesso al giudizio nasce dall'attaccamento e la deintificazione con esso: l'idea che l'oggetto del giudizio sia separato da noi, ecco quello che causa sofferenza. Posso pensare ad esempio che insultare una persona sia un comportamento scorretto, ma questo giudizio di per sè non è fonte di sofferenza a meno che non ci sia un senso di separazione con le forme attraverso cui l'insulto avviene e una sensazione di riprovazione come se quel gesto non dovesse accadere.

In altre parole quando il senso di separazione sparisce il giudizio o opinione su un evento continuano a volte a sorgere nella mente ma non esiste la sensazione che nulla nella manifestazione (incluso il giudizio espresso) non dovrebbe accadere in quanto lo si coglie come parte del dispiegarsi della Vita stessa.

E' solo se guardo la situazione da un punto di vista parziale che non è possibile cogliere la costante armonia del tutto. Il che vale anche per gesti che socialmente vengono ritenuto deplorevoli o sbagliati: furto, omicidio, violenza sono atti che nascono dal senso di separazione e dall'ignoranza ma di per sè quando essi sono avvenuti risulta chiaro che non potevano non accadere e in questo senso parte dell'armonia della vita. Non ci sarà dunque l'idea che non sarebbero dovuti accadere e quindi non ci sarà sofferenza che si aggiunge al loro esplicarsi attraverso il rimpianto, il senso di colpa, l'accusa.

Essi saranno visti come gesti che nascono dalla sofferenza della coscienza attraverso i corpi che li hanno compiuti ma sarà possibile anche cogliere il quadro completo che li ha visti sorgere. Per ogni vittima esiste un carnefice nel gioco della dualità, per ogni abusatore esiste un abusato. Se attraverso una forma la Coscienza stessa è identificata con il ruolo di vittima essa manifesterà un carnefice, e viceversa. Il saggio coglie il gioco della dualità insito in questo avvenimento e sebbene possa esprimere un giudizio sull'evento non ci sarà la sensazione che esso una volta accaduto non avrebbe dovuto accadere. Per il semplice fatto che si coglie come quell'evento sia stato il riflesso - attraverso ciascuna apparente parte coinvolta - di come la Coscienza si era identificata nelle varie forme. Bene e male sono la mano destra e sinistra del divino e di fatti non esistono l'uno senza l'altro, sono tutte un'unica danza volta a livello ultimo al risveglio della coscienza stessa. E' possibile osservare la scena globale e che essi non esistono l'uno senza l'altro.

Il giudizio positivo o negativo su un evento è anch'esso parte della manifestazione e quindi parte del gioco della dualità: di per sè il gesto non è giusto o sbagliato, ma se crediamo che siamo "noi" a esprimerlo ci sarà possibilmente sofferenza attraverso l'idea che quel giudizio non dovrebbe accadere.

Il vero punto è che qualunque cosa accada nel gioco della Vita noi siamo già oltre. Non siamo qualcosa che nasce e che muore e dunque anche un atto di violenza non affligge in realtà il vero Sè che vive attraverso le forme che ne sono coinvolte. Per essere più chiari: possiamo sentire e provare dolore E possiamo soffrire il dolore. E' questa seconda cosa che possiamo sciogliere attraverso la chiara comprensione che noi siamo solo i testimoni di quel dolore, ma non ne siamo i soggetti.

Altrimenti quel dolore invece che sparire dopo un certo ammontare di tempo dalla nostra coscienza continuerà a ripetersi all'infinito nella nostra mente e da emozione diventerà emotività. Il rancore e l'accusa per i torti subiti o il senso di colpa e la vergogna per quelli afflitti possono sciogliersi in una nuova comprensione di come le azioni si dispiegano attraverso le forme senza un autore che le compia.

Il paradosso è che quando il senso di separazione si è dissolto attraverso la forma le azioni che si dispiegano difficilmente saranno poco amorevoli, in quanto si vedrà come chi è davanti a noi in quel momento è un riflesso del nostro vero Sè. L'Amore - ovvero ciò che non conosce separazione - si muoverà consciamente attraverso la forma e sebbene possa apparire persino come rabbia a volte porterà con sè un senso di compassione profonda. Sarà un gesto totale che permette a chiunque sia coinvolto nella esitazione di agire attraverso la stessa totalità.

Dato che è impossibile smettere di giudicare in quanto il giudizio è un pensiero potrebbe essere più utile indirizzare l'attenzione sul fatto che ogni azione si presenti nella nostra vita è un riflesso della nostra coscienza. Nella misura in cui siamo consapevoli di questo ci sarà sofferenza oppure no e potremmo rapidamente lasciare andare anche eventi giudicati come negativi e permetterci di essere presenti alla gioia del momento attuale.

Non si tratta di non giudicare più insomma (cosa impossibile) ma di lasciare che anche il giudizio sia una espressione del momento. Chiunque sia l'immaginaria persona contro cui puntiamo il dito essa - che ci piaccia o no - è un riflesso di noi.

Se questo è chiaro un'opinione potrebbe ancora sorgere, ma non ci sarà sofferenza a riguardo perchè si comprenderà anche perfettamente che quella forma che abbiamo accusato non poteva comportarsi in nessun modo di diverso da come si è comportata in quanto espressione di un unico intero. Se questo è colto con chiarezza e accettato completamente a livello intuitivo allora la manifestazione ha la vera possibilità di trasformarsi e riflettere questo nuovo senso di armonia globale. Le situazioni e le persone in altre parole si muoveranno in corrispondenza con la possibilità di poter vedere e accettare una situazione come espressione e riflesso del contentio della coscienza.

Il miracolo accade allora nel momento non più come espressione di uno sforzo individuale per cambiare una situazione, ma come riflesso del cambiamento della coscienza impersonale. E' la Mente di Dio allora che ha compreso qualcosa di sè e non ha più bisogno di manifestare una situazione per comprendere qualcosa su stessa. Ogni singola apparente parte è vista riunirsi in un'Unica Danza.



Shakti Caterina Maggi 


fonte: http://avasashakti.blogspot.it/2011/03/al-di-la-del-bene-e-del-male.html

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