venerdì 26 agosto 2016

La tradizione non-duale (Éric Baret)


“Non si può dire che cos’è il silenzio. Ma si può dire che il silenzio è ciò che vogliamo profondamente, ciò di cui abbiamo nostalgia. Il nostro tentativo di ottenere questo o quello, non è, di fatto, che una nostalgia di questo silenzio. Tutti i desideri sono una nostalgia dell’assenza di desiderio. 

Su di un piano relativo, il silenzio mentale non è che un riflesso del vero silenzio. La mente può essere attiva e il vero silenzio vissuto; la mente può essere silenziosa ed il vero silenzio essere sconosciuto. Il silenzio mentale, il silenzio del mondo non è qualcosa che si debba ricercare. Come una porta, il silenzio mentale si apre su qualcosa, ma non è la porta che si cerca. Quello su cui si apre, non è una donna, nè un’auto rossa, e nemmeno il silenzio o la gioia: non ci sono parole!

Non proviene nè dall’inattività nè dall’attività mentale, ma è un presentimento che si riflette in una mente tranquilla. La mente tranquilla non crea il silenzio, vi si rende disponibile, e l’estasi che riceve dalla sua identità la riempie più di ogni altro oggetto. Poiché è difficile presentire questo riflesso in una mente agitata, si può dire in certi momenti che è appropriato lasciare che il corpo e la mente diventino disponibili. Non è necessario, ma può imporsi senza che alcuna intenzione di appropriazione partecipi a questo studio della disponibilità corporea e mentale.

La poesia conduce a questo silenzio. La musica, l’architettura, il teatro portano ad esso più di ogni spiegazione, di ogni discorso o di ogni affermazione. La sensorialità è ciò che va più profondamente nel presentimento del silenzio…..

Non c’è che apertura. Una discussione non può portare al silenzio. Può portare, come faceva Socrate, a vedere i limiti della mente. Quando la mente vede i suoi limiti, diventa funzione. Ogni comprensione non può che essere un riferimento a ciò che già la persona conosce. Poco a poco, la mente perde la sua pretesa di capire ciò che la oltrepassa. Ci si rende conto che non si può pensare un essere umano, non si può pensare la verità, non si può pensare la gioia, non si può pensare un filo d’erba. Non si può pensare niente, non si può che proiettare. La mente allora perde la sua pretesa e diventa uno strumento, come le gambe.

Quando avete bisogno di separare vi servite del pensiero. Ma non utilizzate la mente per la ricerca della verità.


Ecco il segno di una vera intelligenza: non utilizzare il pensiero se non quando è necessario. La ricerca della verità non ha alcun legame con la riflessione. Il pensiero non ha che il compito di mostrarvi i suoi limiti”.

Éric Baret




fonte: http://www.altrogiornale.org/eric-baret-la-tradizione-non-duale/

Éric Baret miniaturaÉric Baret, giovanissimo, verso la fine degli anni Sessanta, incontra Jean Klein, autentico ricercatore spirituale, iniziato all’arte dello yoga da maestri del Kashmir e dell’Himalaya. Durante numerosi viaggi in India ha modo di frequentare alcune fra le più alte spiritualità allora viventi, quali Ma Ananda Mayi e Nisargadatta Maharaji. Da allora si consacra allo studio della tradizione tantrica non duale, come espressa nella linea dello yoga del Kashmir, e condivide le sue scoperte nel corso di incontri in Europa, Stati Uniti e Canada. – Video e biografia anima.tv

Nessun commento:

Posta un commento