giovedì 18 agosto 2016

La guerra è pace, la libertà è schiavitù – le operazioni informative della NATO


Operazioni psicologiche o PSYOP sono operazioni programmate per trasmettere informazioni e indicatori selezionati per il pubblico al fine di influenzare le sue emozioni, motivazioni, ragionamento obiettivo, e in ultima analisi il comportamento di organizzazioni, gruppi e individui.
L’inizio di interesse nelle operazioni di informazione del post-Guerra Fredda può essere fatto risalire all’intervento delle Nazioni Unite in Somalia e al genocidio in Ruanda. I rapporti relativamente onesti e diretti da queste zone di guerra hanno fatto sì che l’opinione pubblica dei Paesi occidentali sia stata un fattore che doveva essere considerato dalle classi politiche. Da qui la protesta al momento circa il cosiddetto “effetto CNN”, che indusse i politici a inviare e/o ritirare le truppe a prescindere da ciò che le élite in realtà volevano accadesse nello stesso tempo.

I primi metodi per influenzare l’opinione pubblica manipolando i media, anche se ragionevolmente efficaci, non erano sufficienti. Abbiamo visto i loro punti di forza e limiti durante entrambe le guerre contro l’Irak, in cui la maggior parte dei mezzi di comunicazione è stata effettivamente cooptata attraverso il processo di frequenti conferenze stampa (con abbondanza di video che mostravano le bombe della NATO cadere infallibilmente sui loro ovviamente malvagi obiettivi) e più tardi con “l’arruolamento” di giornalisti per lo più di sesso maschile in unità militari, che naturalmente ha avuto il duplice effetto di compiacere i loro ego e adottare il punto di vista dei militari.

Eppure, nonostante tutto questo, non è stato possibile controllare la narrazione, e il sostegno pubblico per le varie guerre degli Stati Uniti e della NATO è crollato sotto la pressione di notizie scomode provenienti anche da media mainstream che chiaramente hanno mantenuto un certo grado di indipendenza. Ma se corriamo in avanti di un decennio, alle guerre in corso in Libia, Siria, Yemen, Irak, Ucraina, e altre, è chiaro che qualcosa è cambiato.

C’è una narrativa dominante che viene spinta da letteralmente ogni fonte dei media mainstream, a prescindere dal loro apparente orientamento ideologico. Ovunque ci si gira, si legge o sente parlare di “barili bomba” di Assad, “massacri” di Gheddafi, o “aggressione russa”. Questi rapporti rappresentano sempre un punto di vista che non è solo del tutto unilaterale, ma anche di fatto sbagliato, pure sulle questioni più fondamentali. Gli USA e la NATO come sono riusciti a raggiungere una tale stupefacente disciplina all’interno dei media occidentali apparentemente liberi e indipendenti?

La risposta si divide essenzialmente in tre parti: supervisione statale dei mezzi di comunicazione; cooptazione di singoli giornalisti; diffusione di propaganda attraverso mezzi occulti. I primi due sono abbastanza evidenti e sono stati a lungo praticati. I media corporativi sono solo questo – corporazioni, soggette a una varietà di leggi e regolamenti la cui applicazione può essere utilizzata per indurre singole fonti verso l’adozione di un punto di vista desiderato. La moneta del regno del singolo giornalista è “l’accesso” alle informazioni privilegiate, che può essere concesso o negato a seconda della sua efficacia come propagandista di governo.

La terza, la diffusione occulta di propaganda, è nuova, e questo fattore probabilmente spiega la mancanza di variazione da un organo di stampa all’altro. I media non sono più solo incoraggiati a rigare dritto – essi ritrovano le storie fabbricate per loro pronte da raccogliere attraverso i social media e altri canali non ufficiali.

Le cosiddette indagini sul disastro MH17 rappresentano un caso di studio, anche se uno abbastanza rozzo a causa dei rozzi metodi di guerra dell’informazione dell’Ucraina. Ma è evidente che quasi tutte le “prove” che coinvolgono la Russia o gli insorti della Novorussia sono state preparate dai servizi segreti ucraini, poi riciclate attraverso i social media, prima di essere presentate ai pubblici occidentali come la verità, l’unica verità, e nient’altro che la verità.

La NATO sta conducendo operazioni simili che sono più difficili da individuare e contrastare, perché sono più sofisticate, più istituzionalizzate, e dotate di livelli più elevati di finanziamento. Il Regno Unito, per esempio, mantiene la 77° Brigata le cui subunità includono il Media Operations Group e l’oscuro 15° Psychological Operations Group che è stato soprannominato il “distaccamento Twitter.”

La Germania ha istituito lo ZOpKomBw, o Bundeswehr Rapid Communications Center. Negli Stati Uniti, le operazioni di informazione nei confronti della popolazione locale sembrano essere responsabilità della comunità di intelligence, il che è comprensibile considerando il tabù sulle operazioni militari americane nel territorio degli Stati Uniti. Come tali, esse rimangono in gran parte fuori dal controllo pubblico, anche se il loro operare può essere facilmente visto nella forma di rapporti non verificabili da una varietà di zone di guerra, e anche nella scelta di “testimoni” appositamente preparati messi di fronte alle commissioni del Congresso.

Anche i Paesi non membri della NATO come la Svezia stanno seguendo l’esempio creando le proprie unità di operazioni informative destinate alla guerra dell’informazione sulla sua stessa popolazione. A livello NATO, le operazioni di informazione sono coordinate dalla dottrina NATO JP 13-3 Information Operations, con applicazioni pratiche affinate da esercitazioni a livello di alleanza come il Multinational Information Operations Experiment (MNIOE).

Gli elettori occidentali sono sulla via di accettare tutte queste misure perché sono state vendute loro come parte di misure antiterrorismo dei loro Paesi. Quello che non sono riusciti a tenere in considerazione è che il terrorismo è un fenomeno che non conosce confini, con il nemico già presente tra le società occidentali. Il che significa che, se le operazioni di informazione contro il terrorismo devono essere efficaci, devono anche essere rivolte ai pubblici occidentali.

Nel breve termine, le operazioni di informazione possono essere efficaci nella produzione di sostegno popolare verso politiche che altrimenti nessuna società libera avrebbe accettato. A più lungo termine, non tenere in conto l’opinione pubblica significa che le élites sono ora più libere che mai di intraprendere avventure internazionali altamente pericolose che probabilmente si ritorceranno loro contro e abbasseranno ancora di più la già bassa considerazione in cui le medesime sono tenute. 

Pertanto, il fatto che le élites del cosiddetto “mondo libero” debbano sempre più ricorrere a tali sporchi trucchi per rimanere in sella significa che la loro presa sul potere si sta lentamente indebolendo.

(in Inglese)

Scritto e prodotto dal gruppo di Southfront: J.Hawk, Daniel Deiss, Edwin Watson, pubblicato il 26 Luglio 2016
Traduzione in Italiano a cura di F. Roberti per ByeByeUncleSam

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