Sono in aumento i ladri di metallo
che si aggirano nei pressi della centrale di Chernobyl. Una volta
sottratti i materiali radioattivi, li rivendono a chi, riciclandoli, ne
realizzerà nuovi prodotti contaminati, poi distribuiti in tutto il
mondo.
I ladri di metallo,
ormai è appurato, difficilmente si fanno remore riguardo il luogo in
cui raccolgono la propria refurtiva. Tra coloro che scelgono di rubarla
nei cimiteri, mostrando di non aver alcun ritegno o qualsiasi forma di
rispetto nei confronti dei morti, e coloro che invece scelgono di
rischiare la propria vita andandola a sottrarre per esempio in cabine
elettriche, c'è qualcuno che arriva al limite e opta per compiere i
propri furti dove mai e poi mai andrebbe fatto.
Quando, ventisette anni fa, a Chernobyl si verificò il famoso disastro di cui ancora paghiamo le conseguenze, vennero inviati sul posto, immediatamente, migliaia di mezzi
di soccorso: camion di pompieri, elicotteri dell'esercito, vetture e
apparecchiature. Il loro compito era quello di "salvare il salvabile",
contenere il disastro e creare una copertura che potesse, sulle prime,
evitare l'ulteriore contaminazione radioattiva. Fu allora che venne
creato il "sarcofago" che racchiude il reattore ucraino, di cui ancora si sente molto parlare.
Una volta effettuata quest'operazione fu fin troppo semplice rendersi conto che tutti quei mezzi, venuti a contatto con le radiazioni,
erano contaminati. Il metallo di cui erano creati era inevitabilmente
divenuto pericolosissimo e, così, vennero abbandonati in un campo nei pressi della centrale nucleare.
E' un cimitero abbandonato di ferraglie, che il governo ha dichiarato off-limits, in quanto emette ancora impressionanti livelli di radiazioni.
Eppure, la pericolosità del luogo non sembra impensierire i ladri di
ferro che, lì, hanno trovato una fonte di guadagno. Le segnalazioni di
persone sorprese a rubare tonnellate di metallo irradiato dal sito sono in continuo aumento e non è difficile supporre che poi il materiale venga rivenduto per essere riciclato nella
creazione di nuovi prodotti. Una situazione gravissima, poichè, seppur
fuso e lavorato, il ferro non perde le radiazioni a cui è stato
sottoposto ma, anzi, le diffonde. Così che chiunque si
ritrovi a maneggiare questo materiale, viene contaminato, e con esso
tutti gli apparecchi che ne sono venuti a contatto, fino ai nuovi prodotti rivenduti nei negozi.
Negozi, tra l'altro, di tutto il mondo, considerato che è
difficilissimo riuscire, di fronte una merce, a risalire alla
provenienze delle materie prime con cui è stato realizzato. Vero che è i
primi luoghi in cui i prodotti radioattivi dovrebbero, a rigor di
logica, essere nei paesi dell'Ex Unione Sovietica, ma neanche l'Europa può dirsi al sicuro.
Il furto dei metalli irradiati non è, comunque, l'unico allarme che
in questi giorni concerne Chernobyl. Anche altre materie prime
provenienti dai pressi del sito sono ormai ovunque, grazie alla
commercializzazione: esempio emblematico è il legname raccolto dalla foresta di betulle e pioppi che circonda la centrale, utilizzato per la realizzazione di mobili e pellet.
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