La Commissione politiche europee alla Camera ha
bocciato questa mattina l’emendamento del Pd che voleva aumentare dal
12% al 20% la presenza di succo di frutta nelle bibite analcoliche, come
l’aranciata. Il voto arriva dopo il parere contrario del
sottosegretario Gozi di ieri in Commissione. Una norma che non trova
pace visto che lo scorso 16 gennaio un emendamento a favore della
misura, presentato dai deputati Pd Nicodemo Oliverio e Michele Anzaldi,
era stato approvato in commissione Agricoltura. "Un grande successo per
la tutela della salute dei consumatori ma anche dei nostri produttori
di frutta, in favore dei quali stiamo combattendo una battaglia che non
piace alle multinazionali", commentavano i firmatari. Doveroso
ricordare che l’ex ministro Balduzzi l’aveva definita incompatibile con
le disposizioni europee visto che la stessa Commissione europea la
riteneva lesiva delle norme comunitarie in materia di libera
circolazione delle merci .
Dura la reazione degli agricoltori di Coldiretti: "Dobbiamo prendere atto che le più bieche lobby industriali sono riuscite ad avere il sopravvento sulla logica della salute e della qualità - ha commentato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nell’evidenziare che la decisione del Parlamento “getta nella più assoluta prostrazione i produttori di frutta, soprattutto del meridione, e danneggia i consumatori italiani, in particolare i bambini che avrebbero diritto ad alimenti di qualità superiore”.“L’Italia con il primato europeo nella qualità e sanità degli alimenti – ha proseguito Moncalvo - ha il dovere di essere all’avanguardia nella battaglia per cambiare norme che sono difese in Europa solo dalle grandi lobby industriali”.
Legambiente definisce invece davvero singolare il no del ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina precisando che ". Il nostro Paese è internazionalmente riconosciuto come la terra dell’agricoltura di qualità e dei marchi dop e igp e ci si sarebbe aspettati che il Governo intendesse procedere su questa strada, migliorando quanto più possibile anche i prodotti industriali di larga diffusione come le bevande a base di frutta. A tutela dell’immagine dell’agricoltura italiana, ma anche della tutela dei consumatori, in particolare bambini e anziani”.
Tra i contrari all’innalzamento della percentuale di succo di frutta nelle bevande di fantasia c’è Assobibe che, non solo ricorda la contrarietà di Bruxelles, ma spiega come la misura rappresenta un limite alla competitività del settore verso gli altri competitor europei e introduce una penalizzazione ai consumatori che non potranno scegliere come oggi tra diverse tipologie di bevande con diverse quantità di succo (succhi 100%, spremute, nettari 25-70%, bevande ad elevato tenore di succo). Inoltre, secondo l’associazione Italiana tra gli Industriali delle Bevande Analcooliche, favorisce fenomeni di importazione da altri Paesi, non aiutando certo gli sforzi di chi produce, investe e garantisce gettito ed occupazione in Italia.
A cura di Silvia Biasotto
fonte: http://it.finance.yahoo.com/notizie/bibite-analcoliche-bocciato-l-aumento-102536004.html
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P.S. ...e come dite il buon Davide Nebuloni;
Quando bevi un’aranciata che cosa bevi realmente?link
Perché la percentuale di frutta è così bassa?
Che cosa rappresenta in termini frattali una simile concentrazione di frutta relativamente al totale espresso dal nome della bevanda stessa?
Che cosa c’è dentro al posto della frutta?
Che differenza c’è tra una droga e una aranciata?
Se pensi che tutto risente di questa “legge”… che cosa ne evinci?
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Aranciate senza arance addio, sono un inganno per i consumatori
Presto in Italia diremo addio alle “aranciate senza arancia”, migliorando la qualità della nostra alimentazione.
Presto in Italia tutte le bevande analcoliche, Fanta inclusa, per essere denominate aranciate, dovranno contenere almeno il 20% d'arancia. Il nuovo disegno di legge si propone finalmente di cambiare una norma che permette di vendere l'acqua come fosse succo sulla base di una legge nazionale ormai datata, con la quale si prevede che le bevande al gusto di agrumi possono essere colorate, a condizione che esse contengano appena il 12% di succo di agrumi.
Questa nuova proposta, già approvata in Commissione Agricoltura della Camera, dovrebbe diventare presto legge e costringere le aziende produttrici di tali bevande ad aumentare il contenuto minimo di frutta nei succhi, passando dal 12% al 20%. Le aziende produttrici che non si adegueranno saranno obbligate a cambiare l'etichetta, rimuovendo sia il termine "aranciata", sia l'immagine del frutto. Diremo così finalmente addio alle "aranciate senza arancia", che sono un inganno per i consumatori, innalzando la qualità delle bevande analcoliche a base frutta.
I cambiamenti, però, non finiranno qui. La proposta prevede, infatti, che tutte le bibite i cui nomi fanno specifico riferimento alla frutta non possano più contenere "concentrato o liofilizzato o sciroppato del frutto o della frutta di cui alla denominazione".
L'aumento del succo delle arance darà enormi benefici in termini di tutela della salute dei consumatori, aumentando il consumo di frutta. Infatti, secondo una analisi di Coldiretti/Censis in Italia ci sono un milione di persone che non mangiano mai frutta, con un preoccupante calo soprattutto tra i più giovani. Con l'entrata in vigore della nuova norma, duecento milioni di chili di arance all'anno in più saranno "bevute" dai 23 milioni di italiani che consumano bibite gassate e non, il che significa cinquantamila chili di vitamina C in più. In questo modo si avrà un miglioramento della qualità dell'alimentazione con un inevitabile riduzione delle spese sanitarie dovute alle malattie connesse la mancanza di vitamina C.
I cambiamenti apporterebbero enormi vantaggi anche ai produttori agricoli, infatti ogni punto % di succo di arancia in più oltre il 12% corrisponde all'utilizzo di 25 millioni di chili in più di arance pari a circa 560 ettari di agrumeto.
Questa nuova proposta permetterà contemporaneamente di salvaguardare i prodotti italiani. Un aumento della percentuale di frutta nelle bibite potrebbe salvare oltre diecimila ettari di frutteti italiani, evitando perdite economiche e occupazionali.
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