“La varietà degli individui impone la varietà delle credenze.”
(Gyalwa Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama)
“Ritengo
essenziale comprendere il nostro potenziale di esseri umani e
riconoscere l’importanza dell’evoluzione interiore, che dovrebbe essere
conseguita attraverso un processo, diciamo, di sviluppo mentale. A volte
definisco tale processo la “dimensione spirituale della vita.” Esistono
due livelli di spiritualità, uno dei quali è connesso alle convinzioni
religiose. Nel mondo ci sono tanti individui diversi, tante inclinazioni
diverse.
Gli
esseri umani sono cinque miliardi e in un certo modo credo che
occorrano cinque miliardi di religioni, perché la molteplicità delle
tendenze è immensa. A mio avviso, ciascun individuo dovrebbe percorrere
il cammino spirituale più adatto alla sua disposizione mentale,
all’impronta naturale del suo carattere, al suo credo, alla sua famiglia
e al suo retroterra culturale.
Io,
che sono un monaco buddista, trovo più congeniale il buddismo: per
quanto mi riguarda, insomma, lo considero il meglio. Ma ciò non
significa che sia il meglio per tutti: no assolutamente. Sarei sciocco
se lo reputassi la religione ideale per tutti, in quanto persone diverse
hanno inclinazioni mentali diverse. In altre parole, la varietà degli
individui impone la varietà delle credenze. Lo scopo della religione è
di giovare alla gente e se ne avessimo una sola, dopo un po’ i suoi
benefici cesserebbero.
Poniamo
che un ristorante servisse giorno dopo giorno un solo piatto a pranzo e
a cena; dopo qualche tempo si ritroverebbe con pochi clienti. Le
persone hanno bisogno della varietà e apprezzano una dieta variata
perché hanno gusti diversi. Ebbene, le religioni hanno la funzione di
alimentare lo spirito umano; credo quindi sia giusto celebrare la loro
varietà e maturare un profondo apprezzamento della diversità.
C’è
chi preferisce il buddismo, e chi trova più congeniali il giudaismo, il
cristianesimo o l’islamismo. Dobbiamo dunque apprezzare e rispettare il
valore di tutte le maggiori tradizioni religiose del mondo. Le varie
religioni possono contribuire non poco al bene dell’umanità: furono
tutte concepite per rendere l’individuo più felice e il mondo migliore.
Ma perché migliorino davvero il mondo, credo sia essenziale che ogni
fedele segua con sincerità gli insegnamenti del suo credo.
Dovunque
ci si trovi, bisogna tradurre in atto la dottrina religiosa, applicarla
alla propria esistenza affinché diventi una fonte di forza interiore. E
bisogna comprendere a fondo i suoi principi non solo con l’intelletto,
ma anche con il cuore, con il sentimento profondo che permetta di
renderli parte integrante dell’esperienza interiore. A mio parere, le
varie tradizioni religiose vanno rispettate perché, tra le altre cose,
propongono un codice etico capace di indirizzare il nostro comportamento
e di sortire effetti positivi.
Nella
tradizione cristiana, per esempio, la fede in Dio fornisce
all’individuo un codice etico chiaro e coerente che funge da guida della
condotta e del comportamento; è questo un approccio molto potente,
perché la persona sviluppa una certa intimità nel proprio rapporto con
Dio, e il mezzo per dimostrar l’amore per Colui che l’ha creata è di
essere amorevole e compassionevole con il prossimo. Vi sono molti motivi
analoghi per rispettare anche le altre tradizioni religiose.
È
chiaro che tutte le maggiori religioni hanno giovato in misura enorme a
innumerevoli esseri umani nel corso dei secoli. È evidente che ancora
oggi milioni di persone continuano a trarre beneficio e ispirazione
dalle varie fedi; e lo stesso senza dubbio accadrà in futuro alle tante
generazioni a venire. Questo è un dato di fatto. Perciò è importante,
importantissimo comprendere tale realtà e rispettare le altre
confessioni.
A
mio avviso, per rafforzare il mutuo rispetto bisognerebbe stabilire tra
le varie fedi un contatto più stretto, a livello personale. Negli
ultimi anni ho cercato, per esempio, un incontro e un dialogo con le
comunità cristiana ed ebraica, e credo che da ciò siano derivati
risultati estremamente positivi. Tramite il contatto più stretto
impariamo quali utili contributi abbiano dato all’umanità le altre
tradizioni e troviamo in esse elementi interessanti da cui apprendere
qualcosa; non è escluso, per esempio, che scopriremo metodi e tecniche
da adottare nella nostra pratica.
È
dunque essenziale instaurare legami più forti con le religioni diverse
dalla nostra, perché questo può consentirci di lavorare insieme per il
bene dell’umanità. Sono così tanti i motivi di disaccordo, così tanti i
problemi nel mondo. La religione dovrebbe servire non già a generare
nuovi contrasti, bensì a ridurre i conflitti e le sofferenze
dell’umanità.
Spesso
sentiamo dire che tutti gli esseri umani sono eguali. S’intende, con
questo, affermare che tutti desiderano ovviamente essere felici. Tutti
hanno il diritto alla felicità e tutti hanno il diritto di debellare la
sofferenza. Se dunque qualcuno trae gioia o beneficio da una particolare
religione, sarà importante tenere in debito conto i suoi diritti.
Bisogna quindi imparare a rispettare tutte le maggiori fedi: su questo
non c’è dubbio.
A
proposito della dimensione spirituale della nostra esistenza, abbiamo
dunque chiarito che, tra i vari livelli vi è quello della fede
religiosa, e abbiamo osservato che credere in una religione è positivo.
Ma anche senza una convinzione religiosa possiamo raggiungere la
spiritualità; anzi, in certi casi, possiamo raggiungerla meglio. Qui
però rientriamo nell’ambito del diritto individuale: se vogliamo credere
va bene; se no, va bene lo stesso.
Esiste
tuttavia un alto livello di spiritualità, il livello di quella che
chiamerei spiritualità di base: essa abbraccia fondamentali qualità
umane come la bontà, la gentilezza, la compassione, la sollecitudine.
Che siamo credenti o no, questa spiritualità è essenziale.
Personalmente, considero tale livello più importante del primo, perché
qualsiasi religione, per quanto mirabile, sarà comunque accettata solo
da un numero limitato di individui, solo da una parte di umanità.
Ma,
in quanto esseri umani, in quanto membri della famiglia umana tutti noi
abbiamo bisogno dei valori spirituali di base. Senza di essi,
l’esistenza sarà assai dura e arida e quindi nessuno di noi potrà essere
felice: la nostra famiglia soffrirà e dunque, in ultima analisi, anche
la società avrà più problemi. Perciò è chiaro che coltivare questi
valori fondamentali dello spirito diventa cruciale.
Come
li si può coltivare? Dobbiamo ricordare che, dei cinque miliardi di
abitanti del pianeta, solo uno o due miliardi sono, penso, veri
credenti, sinceri fedeli di una qualche religione. È chiaro che nel
novero dei veri credenti non includo chi, per esempio, dichiara di
essere cristiano soltanto perchè proviene da una famiglia cristiana, ma
nella vita quotidiana è -in pratica- indifferente ai principi della sua
religione e non li applica seriamente.
Se
escludiamo queste persone, credo che gli individui davvero sinceri
nella loro fede ammontino solo a un miliardo. Ciò significa che i
rimanenti quattro miliardi –la maggioranza della popolazione della
terra- non credono. Dobbiamo ancora trovare il modo di migliorare la
vita di questa maggioranza, di questi quattro miliardi che non
aderiscono a una fede religiosa; dobbiamo trovare il modo di aiutarli a
diventare persone buone e morali pur in assenza di una religione.
A
tale fine penso che l’educazione sia essenziale: bisogna instillare
nella gente l’idea che la compassione, la gentilezza e altri sentimenti
positivi siano in assoluto le qualità migliori degli esseri umani, e non
riguardino solo la dimensione religiosa. Questo è in fondo un aspetto
molto pratico, alieno dalle teorie religiose e dalle speculazioni
filosofiche; ed è fondamentale.
Di
fatto, credo che la positività dei sentimenti sia l’essenza di tutte le
tradizioni religiose, ma la sua importanza resta anche per chi sceglie
di non aderire ad alcuna confessione. Forse si possono educare i non
credenti inculcando in loro l’idea che sono liberi di non scegliere
alcun dogma, ma che ugualmente devono essere buoni e ragionevoli,
assumersi le proprie responsabilità e impegnarsi a rendere il mondo
migliore e a diffondervi la felicità. ”
(Gyalwa Tenzin Gyatso, il XIV
Dalai Lama)
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