mercoledì 5 giugno 2013

Neuroeconomia e neuropolitica: scenari di totalitarismo

Nell'era della cybernetica e del web, che fanno da sfondo ad una crisi economica non circoscrivibile, è la neuroscienza la nuova frontiera della società globalizzata che conosciamo e che si sta trasformando. Lo studio del cervello umano e dei comportamenti degli individui attraverso tecniche di Imaging da Risonanza Magnetica (IRM) viene sperimentato da anni all'interno dei laboratori scientifici di un ristrettissimo numero di società nel mondo. 
Dietro progetti di ricerca per la cura contro cancro, parkinson o alzheimer, si nasconde un'attività di tracciamento e archiviazione delle immagini proiettate dal nostro cervello rispondendo a degli stimoli esterni, che permettono così di comprendere i meccanismi del subconscio umano, e quindi i meccanismi che sono alla base di una decisione razionale. 

L'IRM sottopone alle 'cavie' una serie di foto, video, odori, oggetti, cibo, per vedere quali aree del cervello vengono attivate. Gli scienziati specializzati nelle neuroscienze analizzano le interazioni tra queste aree che, avendo una diretta influenza sull'inconscio e sulla predeterminazione sociale, condizionano  il comportamento dei consumatori e la loro coscienza. 

Le evidenti implicazioni commerciali di queste ricerche, hanno spinto le grandi multinazionali ad adottare sistemi di Neuromarketing, attraverso i quali entrare in contatto diretto con i desideri, le emozioni e i pensieri più reconditi dei consumatori, senza dover più ricorre ad obsolete tecniche di convincimento del marketing tradizionale. I vecchi approcci, che prevedevano tre fasi - quali  la cognizione, gli effetti e i comportamenti - sono stati di gran lunga superati.  

Oggi questi esperti colpiscono i nostri sensi, le nostre emozioni, la nostra identità (appartenenza ad un gruppo), e quindi il nostro inconscio. L'obiettivo è proprio quello di creare il "marchio perfetto", che risponde perfettamente a quello che piace ai consumatori, andando a stimolare le zone più delicate del nostro cervello, in cui risiedono i centri connettivi della soddisfazione, del piacere, della paura e dell'inquietudine. Così, giustificando le loro strategie con la necessità di elaborare "in tempi di crisi" delle campagne pubblicitarie meno dispendiose e più efficaci, le corporations hanno introdotto nei loro dipartimenti di marketing la risonanza magnetica funzionale, come strumento di verifica su campioni umani del successo della pubblicità, del prodotto e dello slogan. 

Di conseguenza, le ricerche permettono di individuare come i consumatori possono comportarsi dinanzi ad un prodotto se sottoposti a degli stimoli che non sono direttamente collegati al bene in sé. Per esempio, è possibile scatenare con immagini, suoni o odori, o con qualsiasi cosa che colpisca i nostri sensi, la produzione di dopamina, la cosiddetta molecola della felicità. Inconsapevolmente, il nostro cervello assocerà la sensazione di piacere con l'atmosfera o l'immaginario di un marchio o un prodotto, e ne sarà quindi manipolato. I risultati che emergono sono quindi a dir poco inquietanti, perché tali tecniche hanno aumentato sempre di più la penetrazione delle aree più irrazionali ed istintive, che ne fatti provocano la decisione ad acquistare, a votare un partito, a contrarre un mutuo, a commettere un atto criminale. 

Il punto di contatto con il cosiddetto "cervello rettiliano" - che controlla i bisogni e gli istinti innati dell'uomo, come quello sessuale, temporale, territoriale, gerarchico, spaziale e semiotico  - si sta avvicinando sempre di più, essendo un percorso scientifico assolutamente inarrestabile, vista la portata delle  ricadute della ricerca. Non bisogna infatti limitarsi a pensare che solo gli analisti di marketing abbiano il monopolio su questi studi, perché anche l'economia applicata alla neuroscienza ha dato origine alla neuroeconomia, che studia, grazie a tecniche di imaging cerebrale, l'influenza dei fattori cognitivi ed emotivi nelle nostre decisioni di acquisto. L'intera società è sottoposta ad una continua scannerizzazione, e quindi ad una manipolazione forzata, tale che le strategie e le campagne di marketing hanno creato una illusione di autonomia, e la stessa libertà di azione non ha più senso.
Le aree sensoriali colpite dal Neuromarketing

La prova di quanto diciamo è che questi metodi eliminano la necessità di esposizione obbligatoria di un marchio o di un logo, perché certi prodotti sono divenuti beni comuni che fanno parte delle nostre irrazionali decisioni.  I processi inconsci di identificazione, per l'appartenenza ad un gruppo, sono amplificatori formidabili a costo zero per il brand, come avviene ormai per Coca Cola, Apple, Google: non sono più dei marchi, ma delle sette, che hanno innestato nei loro consumatori delle convinzioni di fidelizzazione, di uno stile di vita, di un universo ideologico, toccando quindi i più elevati livelli di idealizzazione. Ciò che li ha resi così potenti, non è certo il prodotto in sé offerto, in quanto un consumatore critico potrebbe individuare degli ottimi surrogati, ma è la loro reale corrispondenza a "ciò che l'uomo desidera per essere soddisfatto", quindi in altre parte al neuro-ideale.

Non è infatti un mistero che McDonald abbia testato determinati profumi con l'IRM per indurre le persone ad immaginare che si trovino un ambiente sano e familiare, ma nega di aver manipolato i propri clienti, affermando che ogni tecnica di pubblicità, anche se molto affinata, è un mezzo di marketing e quindi è legale. Come McDonald, anche Unilever, Intel, McDonald, Procter & Gamble, MTV, Viacom, L'Oreal, e tante altre ancora, si sono rivolte a una società di neuromarketing, la Neurosense di Londra, che può dirsi detiene una sorta di monopolio di avanguardia in questo settore. Nel mondo agenzie di questo tipo sono davvero poche e concentrate per lo più in Belgio e negli Stati Uniti.  

Secondo le stime, uno studio di neuromarketing costa circa 120.000 euro, una spesa tutto sommato accessibile per un grande brand, e nel tempo vuole essere reso disponibile anche alle piccole e medie società, per affinare ancora di più le campagne di marketing. Questa tendenza sta creando quindi un nuovo fenomeno, in cui una massa di ciarlatani del "Neuromarketing" pretendono di vendere alle imprese un "talismano magico" per entrare nella mente delle persone ed aumentare le proprie vendite. Una tentazione a cui sono esposte soprattutto le società in crisi, che vedono in questa nuova Bibbia la soluzione ad ogni loro problema, ignari che saranno solo ingannati, truffati e portati al fallimento. In realtà, organizzano una bella conferenza, nella quale cercano di vendere una serie di filosofie, una cartella di scanner di cervelli, e l'illusione che il loro marchio sarà testato in illustri laboratori: una truffa insidiosa e pericolosa, perché senza dubbio cercheranno  di rubare i brevetti e le conoscenze di tante società ed imprenditori.

Neuromarketing Conference
 

La progressiva diffusione di tali tecniche, è infatti l'obiettivo di fondo di un piano strategico molto più inquietante degli scenari di manipolazione dei consumatori, quale appunto la sottrazione di informazioni sensibili e la creazioni di miliardi di database che possano descrivere il funzionamento del cervello umano. Quindi, il vero interrogativo da porsi non è perché le neuroscienze vengano utilizzate a scopi commerciali, in quanto il marketing in sé ha un'etica discutibile, ma ormai accettato. Ci si chiede infatti come fanno dei semplici laboratori di marketing ad avere accesso ai servizi di IRM, e perché vengono utilizzati a scopi commerciali delle strutture mediche e personale specializzato finanziati con fondi pubblici. Quindi, il dubbio di fondo è perché gli Stati o la Comunità Europea non effettuano controlli più severi per impedire che vi siano infiltrazioni nelle ricerche scientifiche per soddisfare le esigenze delle multinazionali.  E' chiaro che siamo di fronte ad una ipocrisia europea, che ha dei danni inestimabili. 

Brevetto IRM L'Oreal
Il caso. La Francia, per esempio, è uno dei pochi Paesi UE ad aver affrontato questo problema in seno al Senato nel 2008, citando gli studi del professore Olivier Oullier, che mettono in guardia contro i rischi della confusione del neuromarketing con la neuroeconomia, in quanto quest'ultima è una disciplina scientifica rigorosa, che cerca di intervenire sui meccanismi di dipendenza, e quindi compensare anche i danni creati dal marketing. In base alla legge in vigore, una volta ottenute tutte le autorizzazioni, la società che non ha delle apparecchiature IRM si rivolge ad un laboratorio pubblico, ottenendo una retribuzione oppure una sponsorizzazione per la ricerca scientifica a scopi medici. Questa pratica, ormai molto diffusa, è stata dimostrata dall'esistenza di un brevetto depositato da L'Oreal (nr. EP 1 350 464 B1) relativo al "Processo di valutazione della sensibilità della pelle", la contiene invece la spiegazione della tecnica IRM. La ricerca è stata tra l'altro condotta  da professori del Laboratorio di Iconografia Funzionale della Facoltà di Medicina Pierre et Marie Curie - Pitié-Salpétrière. 

SMI Eye Tracking Glasses
La linea che divide privato e pubblico diventa talmente sottile, che rende gli Stati complici e altrettanto colpevoli di questa opera di tracciamento universale degli essere umani 
Facciamo quindi un piccolo passo in avanti, e cercando di quantificare la portata del fenomeno che abbiamo dinanzi a noi, possiamo dedurre che il mondo stesso dell'informatica che utilizziamo quotidianamente - come Facebook, Youtube, videogames, applicazioni di Google e Apple -  è fatto da neuro-macchine che studiano il nostro comportamento e assorbono continuamente dati

Sono infatti delle macchine pensanti a tutti gli effetti, considerando che la loro stessa concezione e struttura si basa sulla neuroscienza. La grafica, la disposizione, i processi di lavoro, non sono stati concepiti a caso, bensì con l'obiettivo di soddisfare l'utilizzatore e indurre la creazione di dopamina, il cui uso smodato si traduce in dipendenza. La nostra società è ormai incastrata in un circolo vizioso di scambio continuo "di piacere e di dati" con queste macchine, programmate per studiarci come cavie.Pensiamo all'ultimo ritrovato della tecnologia del Bg G, i Google Glass, che ricordano proprio gli Eye Tracking, strumento di Neuroscienza, che effettua appunto il tracciamento di ciò che guardiamo, e quindi anche di tutto ciò che facciamo e come lo facciamo, dalla spesa nei supermercati, alla partita a scacchi, sino all'attività sportiva e intellettuale. 

Delineando uno scenario più futuristico, alcune ricerche dimostrano che  è possibile "leggere la mente" di un individuo con l'invio di un fascio di luce che possa leggere l'attività celebrale. Esistono già delle macchine pensanti che riescono ad associare un'immagine all'impulso elettrico emesso dal nostro cervello, e che un domani potranno arrivare a programmare robot, altri computer, o addirittura a progettare nuove specie di esseri umani.  Secondo gli scienziati, tra non meno di 10 anni, gli studi IRM non saranno neanche più necessari, perché l'accumulazione dei dati sarà tale da poter già definire con precisione i bisogni e i gusti delle persone, le loro scelte politiche, il loro stato emozionale, le loro premeditazioni criminali. 

Le macchine pensanti

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La teoria del crimine invisibile di Michele Altamura
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Quanto spiegato deve quindi farci riflettere proprio sulla sottile pericolosità dell'uso delle tecniche e degli strumenti di comunicazione che si fondano sul neuromarketing, perché inevitabilmente andranno a plasmare degli individui-automi, a prescindere dal messaggio che essi veicolano. Un blog, un forum o un gruppo Facebook, fa incontrare delle persone e le spinge a postare commenti, a rispondere con tags e ulteriori immagini, innescando processi di piacere, ma anche di controllo collettivo seguendo la Psicologia delle Folle

E' molto semplice creare un movimento di contestazione anti-politico attraverso sistemi di neuro-comunicazione, che diffondono rapidamente le idee e sopraffanno chi la pensa diversamente, ma vanno anche ad amplificare frustrazioni e ad inculcare rancore. La cosa difficile è invece estrarre da questa massa  informe intelligenza creativa, che sia capace di prendere delle decisioni in maniera indipendente e possa confrontarsi con soggetti che non appartengono alla comunità che riconoscono. Combattere una guerra utilizzando le armi del nemico, provoca solo perdite interne e dispersione di energia, e non risolve nulla.  Esse giocano sulla nostra debolezza, la nostra disperazione e il nostro smarrimento, fanno leva sulle nostre frustrazioni per creare conflitti, confusione e dissenso, per distruggere ogni sentimento di  riscatto. 

Diversamente, avere coscienza della manipolazione e dei processi che possono farci cadere in errore, permette di difendersi e di passare al contro-attacco. Sebbene le grandi multinazionali siano potenti ed invincibili, non sono anche irriducibili: un gruppo di persone, libere e non soggiogate da sovrastrutture di massa, può sferrare attacchi durissimi e creare delle isole di libertà.  Associazioni di consumatori, organizzazioni di professionisti, gruppi di intellettuali, possono mettere la propria intelligenza a servizio della collettività, per difendersi dai sabotaggi, dagli sciacallaggi e dalle rapine delle corporations.

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