La rapidissima carriera di Matteo Renzi, vero e proprio “Manchurian
candidate”, sta suscitando curiosità e dietrologie: “uomo degli
amerikani”, burattino della Merkel, longa manus dei poteri forti. Al
momento, i super-poteri nazionali lo tengono a guinzaglio corto, dice
Sergio Cararo, secondo cui il modello di ascesa al potere
di Renzi presenta tutte le caratteristiche del tycoon politico di
stampo anglosassone: «Uomini che improvvisamente “esplodono” sulla scena
mediatica e politica,
che godono di cospicui finanziamenti e che rapidamente accedono alle
stanze dei bottoni». Come Newton Gringrich, il repubblicano statunitense
che per anni fu l’incubo di Clinton al Congresso. Il linguaggio
“popolare” e banale di Renzi, così come il suo “pragmatismo
deideologizzato”, ricorda però molto di più i politici britannici, come
Blair e Cameron.
«Le notizie raccolte fin qui fanno ritenere Renzi un clone del modello e degli interessi statunitensi», scrive Cararo su “Contropiano”, «ma è anche vero che Renzi le sue relazioni durature le ha costruite con anticipo anche con Frau Merkel e la Germania, perchè è dentro l’Unione Europea che vengono i margini e i paletti della sua azione politica
e della sua carriera». Un uomo cerniera, dunque, tra interessi
strategici delle due sponde dell’Atlantico che la competizione globale
sta rendendo divaricanti, e con margini di manovra sempre più stretti.
Se ne è accorto Enrico Letta all’ultimo G20, quando riuscì a schierare
l’Italia a metà strada tra la guerra in Siria e l’opposizione alla guerra. «Un cerchiobottismo non più adeguato ai tempi di ferro e di fuoco che la crisi sta delineando».
Matteo Renzi rischia dunque molto nella partita che ha deciso di
giocare. «Gli uomini che lo hanno consigliato finora appartengono ad
ambiti molto connessi con il capitale finanziario e gli interessi
statunitensi». Tra questi, figure inquietanti come il super-falco
Michael Ledeen sul fronte neoconservatore ma anche personaggi legati
alle cordate “democratiche e laburiste” negli Usa
e in Gran Bretagna. Scrive il “Sole 24 Ore”: «Matteo Renzi e il suo
collaboratore Marco Carrai amano molto l’America», mettendo in luce
relazioni come quella con Matt Browne, che fu uno dei più stretti
collaboratori di Tony Blair in Gran Bretagna e ora fa parte del più
vivace think tank neo-progressista americano assieme a John Podesta,
l’ex braccio destro di Bill Clinton recentemente ingaggiato da Barack
Obama come consigliere. Attraverso il filtro di Carrai, «Browne ha
introdotto Renzi a Blair, al fratello dell’attuale leader del partito
Labour britannico David Miliband e a molti democratici americani».
“L’Espresso” ricostruisce così la figura di Carrai: «Da qualche anno
colleziona partecipazioni azionarie e presidenze di municipalizzate,
società e consigli di amministrazione: da quando nel 2009 l’amico Matteo
è diventato sindaco non si è più fermato. Nel Ppi e poi nella
Margherita Renzi è il segretario, Carrai è il braccio organizzativo.
Insieme definiscono le liste, le candidature, i convegni». A Palazzo
Vecchio, come consigliere, è entrato «con le preferenze assicurate da
Comunione e liberazione e dalla Compagnia delle Opere, che in Toscana è
presieduta da Paolo Carrai e da Leonardo Carrai, alla guida del Banco
alimentare, altra opera ciellina: i cugini di Marco». Secondo
“L’Espresso”, a Firenze «si costruisce un profilo cattolico e teo-con
che promette
bene». Carrai passa agli affari: Firenze Parcheggi (in quota a Mps),
Cassa di Risparmio di Firenze (azionista di Banca Intesa), Aeroporti
Firenze.
Il fratello, Stefano Carrai, è in società con l’ex presidente della
Fiat Paolo Fresco, tra i finanziatori della campagna per le primarie del
2012 di Renzi, insieme al finanziere di Algebris Davide Serra. «C’è
anche Carrai – continua “L’Espresso” – quando Renzi banchetta con Tony
Blair o quando va ad accreditarsi con lo staff di Obama alla convention
democratica di Charlotte del 2012. E quando tre mesi fa il sindaco vola a
sorpresa a Berlino per incontrare la cancelliera Angela Merkel, accanto
a lui, ancora una volta, c’è il ragazzo di Greve, Carrai. Che nel
silenzio accumula influenza e mette fuorigioco altri fedelissimi
renziani. C’è chi ha visto la sua manina dietro la nomina di Antonella
Mansi alla presidenza di Mps, osteggiata da altri seguaci del sindaco.
Ma non c’è niente da fare: Carrai, per Renzi, è l’unico insostituibile.
Per questo bisogna seguirlo, il Carrai, nella strada che porta alla
conquista di Roma, nella posizione da cui da sempre si governa e si
comanda davvero. All’ombra della luce».
«Tutto lascia intravedere un linkage molto particolare tra Matteo
Renzi e i circoli statunitensi e israeliani», dice Cararo. E il 22
febbraio, alla vigilia del voto di fiducia al Senato, il neo-premier ha
avuto una conversazione telefonica con Angela Merkel. Al centro del
colloquio, le relazioni tra Italia e Germania
alla vigilia del vertice di Berlino del 17 marzo. Già nel luglio 2013,
la cancelliera dichiarava: «Ho invitato il sindaco di Firenze Matteo
Renzi perchè ho letto un’intervista su un giornale tedesco sui temi
europei e le sfide italiane e l’ho trovata molto interessante». Secondo
il blog “Senza Soste”, «i tempi, e gli esiti, degli incontri diplomatici
vanno capiti come si fa per gli avvertimenti mafiosi. Anche in questo
campo, come per il linguaggio di Cosa Nostra, chi conosce il contesto, i
linguaggi e i codici deve saper far decantare il clamore degli
avvenimenti per interpretare il significato di quanto accaduto». E
ancora: «Sono finiti i tempi in cui ci volevano i carri armati di
Pinochet per imporre una riforma liberista delle pensioni, che
impoverisce la popolazione e tutela i capitali. Oggi sono sufficienti
gli “impegni con l’Europa” assieme a qualche ascaro a casa che ci dice, a reti unificate, come “crescere” eliminando “gli sprechi”».
fonte: http://www.libreidee.org/2014/03/i-carri-armati-di-pinochet-e-le-riforme-di-renzi/
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