Un decreto del governo Monti. Obbligo per gli operatori di
telecomunicazioni: dare accesso all'intelligence alle proprie banche
dati, per "sicurezza".
Dunque, secondo quanto riferiscono notizie di stampa, il "Grande
fratello" americano spiava il mondo intero. E' quanto sta emergendo
dallo scandalo che ha preso avvio dalle intercettazioni telefoniche dei
clienti di Verizon e si è esteso al web.
"Prism", il programma messo a punto dall'intelligence americana nato
dalle ceneri delle operazioni di sorveglianza elettronica di George W.
Bush, è entrato nei server di nove giganti della Rete e ne ha estratto,
ha rivelato il Washington Post, "audio, video, fotografie, e-mail,
documenti, password e username per continuare a tracciare nel tempo
l'attività degli americani sulla rete" ma "focalizzandosi sul traffico
di comunicazione straniero, che spesso utilizza i server statunitensi.
Ma l'Italia fa anche peggio.Evidentemente a conoscenza di ciò che
accadeva oltreoceano qualche mese fa, il Presidente Monti, dopo aver
effettuato un viaggio negli Stati Uniti, ha fatto approvare il decreto
del presidente del Consiglio dei ministri 24 gennaio 2013 "Direttiva
recante indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza
informatica nazionale", poi pubblicato nella "Gazzetta Ufficiale" del 19
marzo 2013 n. 66, in piena "vacanza" legislativa.
Il decreto, controfirmato da mezzo governo, tra cui anche il ministro
della Giustizia, definisce "l'architettura istituzionale deputata alla
tutela della sicurezza nazionale relativamente alle infrastrutture
critiche materiali e immateriali, con particolare riguardo alla
protezione cibernetica e alla sicurezza informatica nazionali, indicando
a tal fine i compiti affidati a ciascuna componente ed i meccanismi e
le procedure da seguire ai fini della riduzione della vulnerabilità,
della prevenzione dei rischi, della risposta tempestiva alle aggressioni
e del ripristino immediato della funzionalità dei sistemi in caso di
crisi".
La norma prevede, tra le altre cose anche un principio assolutamente inedito per l’ ordinamento italiano.
L'art. 11 del decreto infatti obbliga gli operatori di telecomunicazioni
e gli internet service provider, ma non solo, anche ad esempio a chi
gestisce gli aeroporti, le dighe, i servizi energetici, i trasporti, a
dare accesso ai servizi di sicurezza alle proprie banche dati, per
finalità non meglio specificate "di sicurezza".
In pratica gli operatori privati, ma anche le concessionarie pubbliche,
dovranno spalancare le porte ai servizi di sicurezza sulle proprie
banche dati, contenenti i nominativi dei cittadini italiani, e, si
presume anche alle azioni compiute da questi ultimi, al di fuori di un
intervento della magistratura.
Tutto ciò in via amministrativa e senza il necessario controllo,
quantomeno dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali.
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