Altro che impronta digitale, riconoscimento facciale e codici cifrati: per accedere al sistema operativo del proprio smartphone in futuro potrebbe essere sufficiente mandar giù una pillola,
peraltro già approvata dalla Food and drug administration, l'ente
statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti
alimentari e farmaceutici, con un chip al suo interno.
Una pillola come tante altre, verrebbe da dire a prima vista. Solo
che una volta ingerita trasforma il corpo della persona che l'ha
ingoiata in una password vivente. La capsula, entrando in contatto con i
succhi gastrici, si attiva e inizia a emettere un segnale che viene
riconosciuto dai dispositivi situati intorno all'utente, autorizzandone
così l'uso da parte del proprietario. Dai test condotti in laboratorio
la pasticca sembrerebbe priva di effetti nocivi per l'uomo.
Il concetto tradizionale di password, insomma, rischia di avere le ore contate. Prodotta dalla Proteus digital health,
società specializzata nel trovare soluzioni ad alto tasso tecnologico
per il sistema sanitario, la pillola farebbe gola a Motorola, quindi a
Google. Il colosso dei cellulari, ora in mano al motore di ricerca, da quanto emerso nel corso della conferenza D11
che si è appena svolta in California starebbe sperimentando sistemi
alternativi in grado di rivoluzionare le modalità di accesso agli
smartphone.
E la capsula hi-tech è uno di questi.
«Mentre
il mondo dei computer in questi anni non ha mai smesso di evolvere, i
sistemi di autenticazione sono rimasti fermi alle password classiche», ha esordito Regina Dugan, Senior vice president di Motorola Mobility. Che in passato ha diretto la Darpa, la Defense advanced research projects agency del Pentagono,
responsabile dello sviluppo dei progetti di ricerca avanzata per la
difesa. «Oggi Motorola», ha proseguito, «sta lavorando a una serie di
opzioni in grado di aumentare i livelli di protezione ma anche di
sveltire le procedure di entrata».
Opzioni che potrebbero arrivare sul mercato in tempi brevi: oggi le
password mostrano segni di cedimento allarmanti. In un esperimento
condotto dal sito americano Ars Technica
è stato chiesto ad esempio a una squadra di hacker di provare a
scassinare oltre 16mila parole segrete: quasi 15mila quelle infrante
alla fine dai pirati digitali ingaggiati per eseguire il test. Ecco
perché la pillola tecnologica potrebbe diventare a breve una soluzione
di largo consumo. Non per forza solo e esclusivamente in ambito
smatphone.
Ma l'obbiettivo è anche di velocizzare l'apertura dei cancelli
virtuali. «In media agli utenti viene richiesto di digitare una password
39 volte al giorno e per farlo spendono circa 2,3 secondi a
operazione», ha sottolineato l'ex responsabile del Pentagono. Per questo
Motorola starebbe pensando, oltre alla pillola digitale, anche a dei tatuaggi elettronici grazie ai quai sarà possibile accedere automaticamente al proprio cellulare.
fonte: http://www.huffingtonpost.it/2013/06/03/pillola-password-ecco-lultima-frontiera-della-sicurezza-informatica_n_3377402.html?ncid=edlinkusaolp00000003
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