Evidentemente, non c’è unità tra i funzionari americani di rilievo circa il patto sulla Siria appena concluso con la Russia.

Infatti, l’accordo riconosce implicitamente l’accettazione da parte degli USA del ruolo della Russia come attore militare e politico chiave in Siria, così come quello di alleato sul campo di battaglia. La prevista creazione di un Centro Operativo Congiunto, con la partecipazione dei rappresentanti delle forze armate e delle forze speciali di entrambi i paesi, sarà un riconoscimento de facto che gli Stati Uniti considerano la Russia un attore chiave in Siria, e che essa è pronta a cooperare nonostante la rivalità dei due paesi in Europa e altrove. C’è motivo di credere che l’amministrazione Obama sia stata influenzata dai sondaggi in miglioramento di Donald Trump [in Inglese], che ha promesso agli elettori di arrivare rapidamente ad un accordo con la Russia riguardo alla Siria.

L’intelligence e la comunità della sicurezza nazionale, col Dipartimento della Difesa in testa, si stanno opponendo apertamente all’accordo, chiedendo se i vertici militari americani siano pronti o meno a rispettare l’accordo, e perfino la Casa Bianca ha espresso riserve [in Inglese].

L’unica agenzia che sostiene fermamente la proposta è il Consiglio per la Sicurezza Nazionale, un corpo inter-agenzie con personale della Casa Bianca, che già ha avuto i suoi problemi con il Dipartimento della Difesa e quello di Stato.

Il New York Times ha riportato [in Inglese] che “L’accordo che il Segretario di Stato John Kerry ha annunciato con la Russia per ridurre le vittime in Siria ha acuito una divisione sempre più pubblica tra il Sig. Kerry e il Segretario della Difesa Ashton B. Carter, che ha profonde riserve riguardo al piano d’attacco congiunto delle forze americane e russe contro gruppi terroristici”.

“Non vi dirò che mi fido di loro”, ha detto [in Inglese] ai giornalisti il Tenente Generale Jeffrey Harrington, capo del Comando Centrale della U.S. Air Force.

“C’è mancanza di fiducia nei Russi”, ha ammesso [in Inglese] il Generale Joseph Votel (capo del Comando Centrale degli Stati Uniti – che gestisce le operazioni americane in Siria) in una conferenza a Washington, ospitata dall’Istituto per lo Studio della Guerra.

Josh Earnest, l’addetto stampa della Casa Bianca, ha affermato [in Inglese] in una conferenza stampa, “Penso che abbiamo dei motivi per essere scettici riguardo al fatto che i Russi possano o vogliano attuare l’accordo coerentemente al modo in cui è stato descritto”.

Con una risposta piuttosto tiepida, il Segretario di Stato John Kerry ha difeso [in Inglese] l’accordo nella sua intervista alla Radio Pubblica Nazionale del 14 settembre, insistendo sul fatto che l’amministrazione è ferma nel suo desiderio di attuare l’accordo.

Lui “pensa” che il Pentagono sia pronto a rispettare un accordo approvato dal presidente americano! C’è ovviamente qualcosa di sbagliato nel modo in cui funzionano le agenzie governative statunitensi se il Segretario di Stato non è sicuro (semplicemente “pensa”) che la decisione del presidente venga eseguita dai vertici militari.

Le divisioni sono davvero inquietanti, dato che stanno spingendo i comandanti militari americani in servizio attivo contro la leadership del paese, per sfidare il controllo delle forze armate da parte dei civili; e questo mette in dubbio la credibilità del governo degli Stati Uniti.

E il problema non sono solo i militari: a giugno, 51 diplomatici del Dipartimento di Stato hanno firmato un memorandum interno fortemente critico della politica dell’amministrazione Obama in Siria, sollecitando gli Stati Uniti [in Inglese] ad eseguire attacchi militari contro il governo del Presidente Bashar al-Assad.

È stata una sfida aperta per mettere in dubbio l’autorità e la competenza dell’amministrazione.

Donald Trump ha buone ragioni per chiedere cooperazione tra la Russia e gli USA in Siria, perché gli Stati Uniti stanno esaurendo le opzioni. La sincronizzazione degli sforzi tra i due attori principali, uniti dal bisogno di contrastare un nemico comune, è l’unica via d’uscita dalla situazione, e solo Russia e USA hanno abbastanza potere per influenzare gli attori coinvolti.

La Russia è un partecipante attivo al processo di pace di Ginevra; coopera con l’Iran e le fazioni che appoggia, la Giordania e il governo siriano guidato dal Presidente Assad, che comanda un esercito che sta fungendo da freno all’espansione di qualsiasi elemento jihadista a Damasco, Homs, Hama e sulla costa; la mediazione di Mosca è la strada da percorrere perché l’Iran, che è coinvolto attivamente nel conflitto, diventi parte del processo di pace; Mosca gode di buone relazioni con la Turchia e i Curdi; mantiene costanti colloqui con gli USA, che guidano una propria coalizione. Il problema della Siria non può essere risolto senza la Russia, gli sforzi americani per affrontare il problema senza di essa non hanno portato ad alcun progresso: la coordinazione degli sforzi (se non proprio la cooperazione) è l’unica strada da percorrere, non ci sono alternative.

L’approccio del Pentagono riflette il pensiero dell’era della Guerra Fredda, ma le prospettive di una svolta diplomatica sono più importanti di tutte le preoccupazioni dei militari americani relative alla necessità di condividere informazioni con la Russia: dopotutto i due paesi hanno dei trascorsi di cooperazione contro il terrorismo e condivisione dei dati, e anche se perseguono obiettivi differenti sono riusciti ad impedire che le loro attività militari in Siria sfociassero in un conflitto.

Con tutti i problemi che dividono le due principali potenze mondiali, l’accordo USA-Russia sulla Siria segna un importante punto di svolta nella politica estera russa nel 2016: se l’accordo avrà successo, Russia e USA formeranno una nuova alleanza militare concentrata contro lo Stato Islamico e i gruppi terroristici collegati ad Al-Qaida, una cooperazione che sembrava impensabile, viste le ultime tensioni. L’attuazione dell’accordo diventerà un’eredità diplomatica del Presidente Obama e del Segretario di Stato John Kerry – qualcosa della quale entrambi saranno fieri e per la quale verranno ricordati.


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Articolo pubblicato da Andrej Akulov su Strategic Culture il 17 settembre 2016.
Traduzione in Italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.it
[Le note in questo formato sono del traduttore]