Voice
of America finanziata dal governo statunitense ha avviato un ballon
d’essai vacuo pronosticando che le tensioni accumulatesi con il
conflitto nello Yemen “sembrano contrapporre gli Stati Uniti all’Iran in una prova di forza cruciale nel Golfo di Aden.” Il contesto sono la portaerei USS Theodore Roosevelt e l’incrociatore lanciamissili USS Normandy
che si uniscono ad altre sette navi da guerra degli Stati Uniti nella
zona, tra cui il Gruppo di assalto anfibio della Iwo Jima, che comprende
un reparto di oltre 2000 Marines.
Un modo stravagante di sbirciare
oltre lo specchio. Alice ne ridacchierebbe. Gli Stati Uniti non si
scontreranno militarmente con l’Iran. Le due flotte hanno una lunga
storia di spintoni e di giochi del gatto col topo nelle acque del Golfo
Persico, senza tentare un graffio. Questo è uno. Il secondo, in questo
caso particolare, è l’Iran che semplicemente non intende farsi
coinvolgere militarmente nello Yemen.
L’Iran fa splendidamente bene
invece a proiettare un robusto piano di pace in 4 punti per lo Yemen,
che la Russia ha già accolto e che sarà sostenuto, perché Teheran
prevede, giustamente, che non vi sia alcuna altra opzione, in ultima
analisi, che aprire la via diplomatica e politica. Non si cerca la
vittoria in una guerra fratricida, vero? Si vince passo-passo e il
segreto sta nella pazienza e nel potere di logoramento.
In breve, la Theodore Roosevelt
dovrà inventarsi un nemico iraniano prima di avere una “serie prova di
forza”. Terzo, gli huthi hanno veramente bisogno di armi dall’Iran in
questa fase? E’ ben noto che siano alleati a fazioni militari yemenite
dall’ampio accesso alle armi. Inoltre, la natura delle guerre fratricide
in Paesi come Yemen o Afghanistan è tale che i veri asset strategici
risultano altrove.
Queste guerre hanno i loro corsi e ricorsi, e al
momento gli huthi avanzano innegabilmente. Stando così le cose, qual è
il vero scopo (o scopi) che gli Stati Uniti sperano di raggiungere
inviando tale flotta? A dire il vero, il dispiegamento di un numero così
elevato di marines su un gruppo di navi d’assalto anfibio suggerirebbe
che un’operazione di sbarco non sia esclusa. Può darsi che il presidente
Barack Obama sia agitato dal fatto che il primo ministro del Pakistan
Nawaz Sharif (qui), l’egiziano Abdalfatah al-Sisi (qui) o il turco Recep Tayyip Erdogan (qui)
temano d’immischiravisi, cioè di inviare “stivali sul terreno” nello
Yemen? Sembra improbabile. Tuttavia, una limitata operazione di terra
degli Stati Uniti può essere comunque in cantiere.
Il punto è che
Washington non ha badato ad evacuare centinaia, migliaia di cittadini
statunitensi bloccati nello Yemen. Sarebbero in gran parte di origine
araba e musulmana, e non avrebbero una lobby negli Stati Uniti che possa
fare scandalo al Congresso o nei media degli USA, ma se tale scandalo
perdura, sarà un insulto alla reputazione di Obama umanista e alla sua
eredità presidenziale. C’è anche del denaro in gioco, e potrebbe essere
molto, perché alcuni di questi cittadini arabo-statunitensi hanno
presentato denuncia nei tribunali degli USA chiedendo un risarcimento
dai segretari di Stato e della Difesa. Dio non voglia, se alcuni di loro
venissero uccisi nei prossimi giorni, non escludendo gli sfrenati
omicidi (qui) e vendicativi (qui) attacchi aerei sauditi, la questione dei danni potrebbe emergere a un certo punto.
Dopo
tutto, il governo degli Stati Uniti non s’è interessato di evacuare i
propri cittadini in difficoltà, a differenza di quanto quasi tutti i
Paesi hanno fatto, e i giudici statunitensi non avrebbero altra scelta,
se questi musulmani arabo-statunitensi facessero valere i loro diritti
costituzionali in quanto cittadini statunitensi. Inoltre, al livello
popolare si sostiene che gli statunitensi non hanno alcun controllo sui
crimini di guerra sauditi nello Yemen, e ciò potrebbe ridimensionare la
politica di Obama in Medio Oriente e la sua statura di leader mondiale.
Così Washington infine potrebbe programmare l’evacuazione dallo Yemen
dei propri cittadini bloccati. Infatti, 5000 marines possono
farlo, a condizione naturalmente che gli huthi cooperino;
collaboreranno? A mio parere, la CIA avrebbe già fatto il lavoro
necessario. Ora, l’Iran non lo sosterrà? Impossibile. Semmai se i
marines avessero difficoltà, l’Iran potrebbe dare una mano avendo
avanzato una generosa offerta di aiuto a tutti i Paesi, senza eccezione,
nell’evacuare propri cittadini dallo Yemen. Oltre l’evacuazione, ciò
che Obama spera di ottenere ordinando all’USS Theodore Roosevelt
di salpare dallo Stretto di Hormuz (dove è occhi negli occhi con la
Marina dell’Iran) per il Golfo di Aden?
Significativamente, Obama ha
preso questa decisione dopo una telefonata con il re saudita Salman bin
Abdulaziz al-Saud e l’incontro nello Studio Ovale con il principe
ereditario Muhamad bin Zayad al-Nahan degli Emirati Arabi Uniti (membro
chiave della coalizione saudita contro lo Yemen). Da attente letture
delle dichiarazioni della Casa Bianca, qui e qui,
avviare un processo di pace nello Yemen appare in cima ai pensieri di
Obama. Ma fino a che punto Obama sia riuscito a calmare Salman solo il
tempo lo dirà. È improbabile che Obama abbia adottato lo stesso linguaggio
del presidente cinese Xi Jinping verso Salman. (È interessante notare
che l’appello di Obama a Salman appare il giorno dopo l’iniziativa di
Xi.)
Nel frattempo, Obama si riunirà con i re guerrieri arabi in un conclave del prossimo mese. I preparativi sono già iniziati. In ultima analisi, la leva degli Stati Uniti al conclave con Salman e Zayad verrebbe costruita secondo la formula “salvare la faccia”, per farli apparire vittoriosi nella guerra allo Yemen. Il re e il principe ereditario non possono permettersi di apparire perdenti, soprattutto con l’Iran seduto sulla riva del fiume che osserva beffardo. Quindi, un po’ di spettacolarità da parte dello Zio Sam, per salvare la faccia dei monarchi del Golfo, sarà necessaria nei prossimi giorni. In termini politici, è sensato per gli Stati Uniti apparire attivamente coinvolti nel conflitto nello Yemen, anche se iniziasse il processo di pace.
Il
dispiegamento della flotta fa letteralmente degli Stati Uniti il
“protagonista” della guerra yemenita. Obama sarebbe rassicurato dal modo
con cui la Russia ha collaborato al recente dibattito al Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite sullo Yemen, senza che il Presidente
Vladimir Putin gli faccia delle sorprese. Anche l’Iran parla di pace con
gli Stati Uniti. Così, in qualunque modo si guardi svilupparsi lo
scenario, l’USS Theodore Roosevelt partecipa a una sicura missione politica ed economica che avvantaggerà Obama.
Il rischio che Obama inizi un’altra guerra degli USA in Medio Oriente, anche senza volerlo, è praticamente inesistente; Obama non cerca la resa dei conti con l’Iran nel momento cruciale dei colloqui sul nucleare; Obama non può non essere consapevole che il conflitto nello Yemen sia conseguenza della Primavera araba e la leva degli Stati Uniti, attivando un processo politico nello Yemen, può migliorare con il coinvolgimento diretto; naturalmente John Bolton o il senatore John McCain non potranno dileggiare di passività Obama, almeno sulla questione yemenita.
MK Bhadrakumar Asia Times
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2015/04/22/smontare-lintervento-yemenita-di-obama/
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