Tutta
la storia della medicina, fino a tempi molto recenti, fino al 1930, è
in realtà la storia dell'effetto placebo. Tutti i rimedi del passato,
salvo rarissime eccezioni del tutto casuali, erano dei placebo, la loro
efficacia era la stessa di una pillola di zucchero.
Arthur Shapiro
Arthur Shapiro
È comodo pensarla in questo modo. Si difende molto bene l'ordinamento attuale, da qualcosa che non si può più difendere (e che a suo Tempo si è comportato alla stessa maniera col proprio passato). Affermare una verità e diluirla nel Tempo, come se oggi non fosse più così. Sembra proprio una barzelletta.





Gli
storici del futuro probabilmente guarderanno all'Italia come
all'esempio perfetto di un paese che in appena due decenni è riuscito ad
affondare dalla posizione di nazione industriale prospera e
all'avanguardia, alla condizione di incontrastata desertificazione
economica, assolutamente pessima gestione demografica,
“terzomondizzazione” rampante, tracollo della produzione culturale, e
completo caos politico-istituzionale.
Nella prima intervista a Greenwald egli, infatti, diceva: 








Nel 1985, nel suo libro “La società della mente”, Marvin Minsky scrisse: “Non
dobbiamo chiederci se le macchine intelligenti possano avere delle
emozioni, ma se tali macchine possano essere intelligenti senza di esse”.
Fino a non molti anni fa, lo studio sull’intelligenza artificiale
ignorava l’importanza delle emozioni nello sviluppo delle risposte
artificiali in quelle che potremmo tranquillamente chiamare: “macchine
semi-pensanti”. Ma in questi ultimi anni però, le cose sono cambiate.
Rosalind Picard, direttore del gruppo di “Calcolo Affettivo” (Affecting
Computing Research) del MIT, in un’intervista spiegò che il “calcolo
affettivo” definisce “il settore che si occupa dei calcolatori che sono
in grado di riconoscere, esprimere e generare progressivamente emozioni
umane”, aggiungendo inoltre che “esso include l’assegnazione alle
macchine di abilità di intelligenza impressionabile”; e non escludendo
infine l’ipotesi che un giorno, determinate “risposte oggettive e
standardizzate, potrebbero definire dei comportamenti superiori a quelli
umani”. Quando un essere umano, è in grado di superare delle prove di
intelligenza con eccellenti risultati, ma senza contemporaneamente
provare alcuna emozione, emerge una condizione patologica denominata:
“sindrome frontale” (a volte chiamata anche "sindrome di Damasio").






















