Circolazione di alimenti radioattivi nella UE: i mirtilli
MIRTILLI CONTAMINATI
COMUNICATO STAMPA DI MONDO IN CAMMINO
LA CONTAMINAZIONE RADIOATTIVA NON HA CONFINI… E NEMMENO CONTROLLI!
Un’indagine autonoma condotta
dal giornale giapponese Shukan Asahi (poi confermata dall’autorità
sanitaria giapponese) ha verificato la presenza di contaminazione da
Cesio 137 nella confettura di mirtilli “Fior di frutta” confezionata
dall’azienda Rigoni di Asiago.
I mirtilli, riporta l’articolo, sono di provenienza bulgara e viene evocata l’incidenza del fallout di Chernobyl.
Questo riscontro pone degli
inquietanti interrogativi sulla circolazione degli alimenti radioattivi
nella Comunità Europea e, ancor di più, a livello intercontinentale.
Il paradosso è che mentre ci
preoccupiamo della eventuale provenienza di pesce contaminato
dall’Oceano Pacifico giapponese sulle nostre tavole, una contaminazione
supplementare va invece ad aggravare la situazione radioecologica dei
cittadini giapponesi nel campo della catena alimentare, direttamente sui
loro deschi.
E’ necessario capire come la
circolazione di alimenti contaminati possa avvenire così liberamente e
come dalla raccolta al confezionamento non ci siano controlli o come
questi, eventualmente, possano essere aggirati.
In secondo luogo,
indipendentemente dai valori – qualora questi fossero ricompresi in
quelli di norma radioattiva previsti dalla leggi della Comunità Europea o
qualora la dose di confettura per contaminarsi fosse “elevata” sulla
base delle norme comunitarie ed internazionali - è doveroso ricordare
che il Cesio 137 non esiste in natura, essendo un prodotto dell’attività
umana.
Sempre di più, quindi, – oltre
ai controlli e alla verifica del rispetto delle norme e delle procedure
correlate al trattamento e alla circolazione degli alimenti – è
doveroso, necessario ed impellente, nei casi di riscontro di
contaminazione da Cesio 137, analizzare il rateo fra Cesio 137 e Cesio
134 per capire se la contaminazione alimentare è riferita a fallout
pregressi, o più recenti, senza doverla sempre ricondurre
superficialmente o frettolosamente a Chernobyl (che diventa la panacea
per tutti i fallout) o senza correre il rischio (voluto o no?) di
potere inavvertitamente rilevare o rivelare fallout più recenti e/o
riferiti ad altre cause (come, forse, potrebbe essere per i cinghiali
radioattivi o per situazioni più gravi o silenziate come il fallout
“ignorato” di Rovello Porro del 1989 (vedi:http://www.progettohumus.it/public/forum/index.php?topic=2101.0).
E’, inoltre, scientificamente
risaputo, che il danno da contaminazione è correlato all’azione costante
delle basse dosi di radiazione nel tempo e che, quindi, il problema non
è fissare a livello comunitario e internazionale delle norme di soglia
massima, ma porre delle norme e dei controlli che assicurino una
verifica altrettanto costante e puntuale dello stato radioecologico
degli alimenti circolanti, ponendo soprattutto particolare attenzione
alla selvaggina, ai funghi, ai frutti di bosco, ai prodotti caseari e
della pesca correlandoli ad una attenzione ancor più rigorosa dei luoghi
di provenienza, sulla base delle mappe delle ricadute globali o a
macchia di leopardo, dei fallout di cui si ha certezza, come quello di
Chernobyl o altri (Three Mile Islands, Sellafield, Cheliabynsk,
Vandellos, Tricastin, Fukushima, ecc.).
Ne va della salute di tutti i cittadini, a livello mondiale.
I riferimenti all’articolo del Shukan Asahi sono a questo
Massimo Bonfatti
Presidente di Mondo in Cammino
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