giovedì 24 ottobre 2013

Riflessioni d'Ottobre

La cosiddetta ‘Storia’ dell’umanità è in realtà una trita cronistoria dell’imperitura esigenza di controllo. Guerre, governi, governanti, religioni, calendari, scansione del tempo, lavoro e schiavitù … sono tutte trovate ingegnose che hanno avuto e possiedono tutt’ora una sola finalità: il controllo puntuale ed esaustivo del genere umano.
 
Nella nostra era recente, la tecnologia ha fornito ai controllori dei mezzi potenti ed efficaci per esercitare tale attività al di là dei limiti dell’immaginabile. Non stupisce in quest’ottica il desiderio di imprimere in ogni essere umano il sigillo finale e conclusivo di cotanto lavoro: il famigerato microchip sottocutaneo, di cui sono già in commercio delle varianti molto potenti di ridottissime dimensioni. Questa eventualità, che ci sembrava fantascientifica solo pochi anni orsono, è una tragica realtà sulla quale cominciano i dibattiti in merito alla sicurezza, alla tutela della privacy (!), sui diritti civili, sulle frequenze da utilizzare … tutte logore coperture per lasciar filtrare il concetto che comunque il microchip si inserirà in ogni arto umano, spontaneamente o no che ciò avvenga.
 
Già i poveri animali domestici devono sopportare tale inutile umiliazione, in una lenta e diabolica ascesa verso un pianeta riformattato, cablato e reso docile strumento in mani immonde. Un pianeta riconfigurato nel quale l’elemento naturale sia solo un debole ricordo, in vista dell’obiettivo da raggiungere: il controllo totale sul reale, espugnato e vinto nella microsfera quanto nella macrosfera.
 
Quale sarà il ruolo degli esseri umani in questo contesto? Mi pare evidente che l’essere umano avrà due sole possibilità: lasciarsi cablare e quindi disumanizzarsi rinnegando se stesso, oppure opporsi cominciando a sostenere un conflitto multilivello in ambito noti ed in altri assai inconsueti, dove non è ancora detta però l’ultima parola.
 
Avvicinandosi la resa dei conti finale, siamo certi di non giocare troppo di fantasia immaginando un futuro prossimo nel quale ognuno di noi sarà chiamato a esprimere la propria opinione a favore o contro la sua resa nei confronti della potenza modificatrice in atto da decenni.
 
Le sue armi ricordiamolo sono le radiazioni, le sostanze biochimiche, le medicalizzazioni improprie, la propaganda palese e quella subliminale, le attività di governo oltre a chissà quali mezzi dei quali non ne abbiamo ancora realizzato l’esistenza.
 
Gran parte della nostra vita ha già abdicato, obtorto collo, a questi lontani voleri disumanizzanti. La scansione degli orari ne è un esempio, la scolarizzazione forzata ne è un altro, la necessità del salario un altro ancora assieme alla ‘zonizzazione’ urbanistica oppure alle legislazioni internazionali od alle mille seduzioni della macchina del basso piacere massificato a buon mercato: la televisione, internet, la stampa, lo sport.
 
Dovremmo allora forse chiederci quale sia il senso della nostra esistenza ma dovremmo farlo dopo aver conosciuto intimamente noi stessi ed i nostri simili. Non ho ancora capito quale sia l’oggetto finale del contendere, se sia il petrolio, l’oro, il pianeta oppure tutti noi; Il conflitto si eleva infatti in dimensioni difficili da comprendere.
 
Un aspetto però appare chiaro: la potenza modificatrice non è interessata alla nostra migliore storia non scritta ed ignora le corde profonde del nostro divenire. Il nostro passato, il valore della memoria e le arti sublimi non la toccano, procedendo come un gelido schiacciasassi sopra ciò che definiamo, forse un poco pomposamente, civiltà. Essa ignora di pari grado quell’insieme incredibile di interazioni sorprendenti che è la ‘Natura’ che immaginavamo ingenuamente la sola possibile.
 
Essi sono all’opera, al lavoro indecente, alle pratiche oscene in contesti disumanizzati. Logori robot senz’anima, senza senso, senza speranza ed eterodiretti, che possiedono solo un brutale, freddo ed insaziabile istinto aggressivo. E’ in ballo qualcosa che ci travalica, una linea di energia intensa e leggera che non possiamo abbandonare. Ci appartiene, appartiene a noi ed ai nostri illustri antenati sconosciuti ai tomi d’accademia ma ben presenti nelle pagine del gran libro della libertà e della meravigliosa umanità: tutto meno che da gettare od ignorare! Difendendo noi stessi difendiamo in realtà questi valori e la speranza di restare profondamente e fieramente umani.
 
Ricordo che il loro procedere elusivo (in realtà lo è sempre meno …) presuppone un timore di fondo, un pericolo. Forse abbiamo sottomano un’arma temibile che non desiderano che si comprenda. Questa potrebbe essere la ragione delle mille distrazioni che ci vengono propinate notte e giorno senza posa, oppure delle restrizioni indotte dalla loro ben orchestrata crisi finanziaria. Vale la pena di rifletterci sopra, comunque.

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