A
primavera si ricominciano a vedere in giro strani uomini in tute
bianche e maschere antigas seduti sui trattori a spargere veleni su
alberi da frutto, o a fresare il terreno per eliminare qualsiasi filo
d’erba, batterio, fungo, lombrico, o altra forma di vita presente.
Questi uomini poi spargono fertilizzanti chimici a base di 3 elementi: azoto, fosforo e potassio (come se un albero avesse bisogno solo di questo), che alla prima pioggia si scioglie e sparisce portato via dall’acqua contaminando le falde acquifere.
La minima parte di fertilizzante
assorbito dalle piante le fa crescere in modo smisurato rendendole più
deboli e quindi più soggette all’attacco dei parassiti, che nel
frattempo non avendo più neanche un filo d’erba su cui andare attaccano
necessariamente le piante da frutto. Così gli strani uomini si rivestono
delle loro maschere e spargono pesticidi e fungicidi per “curare” i
loro alberi da frutto. Frutti che finiscono sulle nostre tavole. E così
il ciclo della stupidità umana è completo.
Questi uomini credono di fare
agricoltura, si sentono agricoltori perché pensano di capire i rapporti
di causa-effetto della Natura, ma in realtà non sanno niente e sono
semplicemente dei pazzi.
L’erba, se fatta crescere adeguatamente,
è un fertilizzante naturale, le radici assorbono i sali minerali
presenti nel terreno (a profondità ben maggiori di quanto possa fare una
fresa rivoltando il terreno) che rilasciano gradualmente quando l’erba
finisce il suo ciclo vitale, creando anche ulteriore sostanza organica
(totalmente assente in un terreno “pulito” da una fresa).
L’erba inoltre fa da parafulmine per i
parassiti (ad esempio le erbe che vanno in fiore a primavera attraggono
tantissimo gli afidi) e permette al terreno di trattenere maggiormente
l’acqua. Un terreno fresco, oltre che utile d’estate per attutire gli
effetti della siccità, non cede velocemente vapore acqueo, responsabile
di malattie fungine sugli alberi da frutto. Nel frattempo i lombrichi e i
batteri, insieme alle radici delle erbe “cattive” lavorano il terreno
rendendolo sempre più fertile.
Per cui questi finti agricoltori
spendono gran parte del loro tempo e tanto petrolio a fare lavorazioni
inutili che peggiorano le condizioni delle colture, le quali poi
necessitano di altro tempo e altro petrolio per il tentativo di essere
salvate. Nel frattempo avvelenano tutto!
Questi “agricoltori” dovrebbero smettere
di fare qualsiasi cosa ed osservare per un anno intero cosa avviene in
un bosco, che nessuno lavora o fertilizza, eppure è sempre rigoglioso.
Questi “agricoltori” dovrebbero capire in primis che è la biodivesità a
far funzionare un ecosistema e che le loro monocolture con terreno
fresato saranno sempre soggette ad ammalarsi, forse addirittura
costrette: gli alberi sanno che non possono alimentare un meccanismo
così malato.
Un frutteto quindi dovrebbe essere
composto da alberi diversi immersi in un ecosistema più ampio.
Dovrebbero essere presenti anche alberi non da frutto tipici della zona
per creare il giusto microclima, nonché arbusti ed erbe spontanee.
Bisognerebbe inserire poi (se non
presenti) erbe spontanee a fittone, in grado di lavorare il terreno in
profondità e riportare in superficie tutti i sali minerali scesi per
effetto dell’acqua.
Bisognerebbe scegliere varietà antiche e
non quelle moderne che sono selezionate solo per produrre frutti
durevoli per il mercato globalizzato.
Bisognerebbe piantarci di tutto:
liliacee, labiate, leguminose, fiori… Si avrebbe così anche un raccolto
diversificato e quindi con maggiore garanzia per un agricoltore.
Inoltre, le potature dovrebbero essere minime, un albero sa qual è la
forma migliore per rimanere in salute…
Insomma, si dovrebbe dedicare più tempo a piantare e raccogliere, rimanendo ad oziare mentre tutto cresce.
Ecco, questo significa “fare agricoltura”.
Daniele Previtali
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