Quando
ci si accosta ad un libro di magia, lo si fa con circospezione, guardandosi un po’
attorno, per poi perdersi in un oceano di simboli e numeri sconosciuti, o
meglio, di cui si è persa la memoria.
Autori
quali Israel Regardie, Dion Fortune, Franz Hartmann regalano una prosa
avvincente in un contesto che siamo stati abituati a definire surreale,
immaginario, irreale.
Le
parole di questi grandi maghi del nostro recentissimo passato invece sono profonde,
sagge e ponderate. Le loro riflessioni spaziano dalla natura dell’uomo, all’inconscio,
alle leggi fondanti dell’universo senza porsi ridicoli limiti accademici. L’insieme del
visibile e dell’invisibile viene dipanato come se consistesse di un’unica
natura. Si fa continuo appello alla verità ed alle forze primigenie e genuine
creative dell’universo.
Le
parole di Hartmann in particolare risuonano come aurei moniti per l’uomo
contemporaneo che ha smarrito la ricerca del Vero inseguendo l’accrescimento
dell’Ego, alimentando le larve che risiedono nel suo inconscio, che lo privano
di energia e lo conducono verso l’oscuro e l’oblio.
Forti
echi gnostici risuonano nelle opere di questi moderni pensatori che la
letteratura accademica ha relegato nel settore ‘esoterismo’ e che invece hanno
fatto della divulgazione una loro ‘mission’ terrena.
In
fondo Gesù Cristo era un mago e sul suo insegnamento si è fondata la più
poderosa religione organizzata terrestre. Eppure oggi la magia è relegata negli
scaffali più polverosi delle moderne librerie. Verrà un giorno in cui diverrà
di dominio pubblico e sarà un gran giorno per tutti.
Nel
frattempo infine, chi detiene le fila del potere continua a far riferimento a
testi magici, simbologia occulta e rituali esoterici senza posa. La lingua del
potere è però a disposizione di tutti: si tratta di un idioma antico, una
specie di ‘codice macchina’ della creazione demiurgica che è necessario
perlomeno riconoscere.
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