A distanza di 14 anni dal G8 di Genova, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l’Italia per tortura.
Dopo gli incidenti avvenuti tra manifestanti e forze dell'ordine, in quel sabato oramai tragicamente famoso del 20 luglio 2001 in cui morì Carlo Giuliani, durante la notte molte persone, tra cui anche giornalisti, cercarono alloggio alla scuola Diaz. Fu allora che scattò il blitz delle forze di polizia.
L'azione fu a tal punto violenta che 82 persone rimasero ferite, 93 furono gli arresti e macchie di sangue rimasero intrise su pavimenti e pareti, indelebilmente nella storia italiana.
Per quell'azione la Cassazione condannò 17 funzionari di polizia con le accuse di falso aggravato e calunnia, ma, nella solita quanto inerte stranezza della giustizia italiana, decaddero per prescrizione le condanne legate al reato di lesioni.
Arnaldo Cestaro all'epoca aveva 62 anni, e quella notte fu così brutalmente picchiato dalle forze dell'ordine, tanto da dover essere operato due volte. Ancora oggi la sua salute è danneggiata a causa di alcune percosse subite alla scuola Diaz, che da centro di cultura si trasformò improvvisamente in luogo di sangue.
Cestaro entrò nell'edificio e cercò un posto dove trascorrere la notte, stanco e provato dalla giornata. Si addormentò quasi subito ma la porta d'ingresso venne sfondata. Cercò di difendersi dai manganelli, gridando di essere una persona anziana e pacifica. Venne portato in ospedale con dieci costole rotte, un braccio e una gamba rotte, la testa piena di ematomi e il corpo pieno di lividi. I colpi gli provocarono plurime fratture.
Cestaro, rappresentato dall'avvocato Nicolò Paoletti, ha fatto ricorso alla Corte europea sostenendo che le persone colpevoli di quanto subì sarebbero dovute essere punite adeguatamente ma che questo non è mai accaduto perché le leggi italiane non prevedono il reato di tortura o reati altrettanto gravi.
Oggi, i giudici della Corte europea dei diritti umani, gli hanno dato pienamente ragione. Quanto compiuto, dice la Corte europea dei diritti dell'uomo, "deve essere qualificato come tortura". In particolare, Cestaro, "è stato aggredito da alcuni agenti a calci e a colpi di manganello, senza alcun nesso di causalità" fra la condotta dell'uomo e l'utilizzo della forza da parte della polizia. Inoltre, secondo la Corte, i maltrattamenti "sono stati inflitti in maniera totalmente gratuita".
I giudici hanno pertanto deciso all'unanimità che lo stato italiano ha violato l'articolo 3 della convenzione sui diritti dell'uomo, che recita: "Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti". Ma la Corte di Strasburgo è andata oltre, sostenendo che, se i responsabili non sono mai stati puniti, è soprattutto a causa dell'inadeguatezza delle leggi italiane, che devono essere modificate. Inoltre, la mancata identificazione degli autori materiali dei maltrattamenti dipende, secondo la Corte, "in parte dalla difficoltà oggettiva della procura a procedere a identificazioni certe, ma al tempo stesso dalla mancanza di cooperazione da parte della polizia". Nella sentenza si legge anche che la mancanza di determinati reati non permette allo Stato di prevenire efficacemente il ripetersi di possibili violenze da parte delle forze dell'ordine.
Lo stato italiano dovrà così versare a Cestaro un risarcimento di 45mila euro.
"Che tristezza, deve essere una ‘entità esterna' come la Corte di Strasburgo a spiegarci che a #Diaz e #Bolzaneto ci fu tortura", ha twittato Daniele Vicari, regista del film ‘Diaz — Don't Clean Up This Blood', ricostruzione cruda ma realistica di quei fatti.
"Meno male che almeno su questo la Corte Europea non ha fatto altro che riconoscere la sentenza della Cassazione. Posso solo esprimere un giudizio di soddisfazione per il fatto che la Corte abbia riconosciuto che l'Italia aveva toccato il fondo", ha commentato Giuliano Giuliani, padre di Carlo.
Secondo Green Italia "la sentenza della Corte di Strasburgo mette nero su bianco ciò che una distorta concezione della ragion di stato ha sempre inteso negare, ovvero che a Genova ci fu un organico disegno repressivo e di tortura, e una catena di comando funzionale a esso. E' triste che si sia dovuto attendere la sentenza dell'Europa per vedere riconosciuta questa evidente verità. A questo punto la politica italiana per riconquistare in merito dignità e credibilità deve approvare senza più ritardi la legge che introduce il reato di tortura nel nostro ordinamento".
Per Enrica Bartesaghi, presidente del Comitato 'Verità e Giustizia per Genova', l'associazione che riunisce i familiari delle vittime dei pestaggi durante il G8, la sentenza rappresenta "un precedente che ci dà una risarcimento morale per le torture avvenute".
Diversa la posizione del Sap, il Sindacato autonomo di polizia, espressa dal segretario nazionale Gianni Tonelli: "Diciamo che Diaz non è stata sicuramente una bella parentesi, ma parlare di tortura mi sembra eccessivo. In Italia la normativa c'è già ed è ampiamente presente ha aggiunto. Il problema è che non è stata ancora qualificata come tale perchè si cerca di far passare un manifesto ideologico contro le forze dell'ordine".
E' da oltre vent'anni, dal lontano 1989, che in parlamento esistono proposte di legge per l'introduzione del reato di tortura nella legislazione italiana. Solo negli ultimi due anni che c'è stata, però, un'accelerazione, avvenuta con una proposta di legge approvata dal Senato e all'esame della Camera dal 23 marzo scorso. Ma il testo, già modificato dalla Commissione giustizia di Montecitorio, dovrà tornare al Senato.
Arnaldo Cestaro oggi così commenta la sentenza che arriva da Strasburgo: "I soldi non risarciscono il male che è stato fatto. E' vero, è un primo passo quello di oggi, ma ho pensato all'orrore vissuto e mi è venuta tanta amarezza perchè la legge sulla tortura avrebbe già dovuto essere introdotta da tempo.
Fummo sottoposti a reali torture. Ne porto ancora le conseguenze e penso che, se il Parlamento non agirà, il male che hanno fatto a me lo faranno ad altri".
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