Sono
sempre sorpreso dalle teorie cospirative sul nostro presidente. Putin è
un uomo politico unico, è estremamente sincero; sincero per quanto
possibile date le limitazioni del capo di una superpotenza nucleare. Lo
stile comunicativo di Putin ha inevitabilmente un forte impatto sul
lavoro dei suoi subordinati. Così, quando Peskov disse in diretta su Eco
di Mosca che
“L’ordine del giorno è ormai molto fitto, soprattutto per la crisi. Attualmente vi sono comunicazioni continue tra governo, imprese pubbliche e naturalmente banche, ci vuole tempo“,
e ciò
andrebbe considerato come il più affidabile. Non è necessario fare
appello alle teorie del complotto quando economicamente in Russia e
all’estero, vi sono cambiamenti realmente rivoluzionari. Perché i media
vi prestano così poca attenzione? È un altro problema su cui torneremo.
Allora cos’è successo nell’economia internazionale e russa durante la
“scomparsa” dagli schermi televisivi di Putin?
1. La Cina ha annunciato la creazione di un proprio sistema di pagamento interbancario, analogo al SWIFT, entro la fine del 2015. Dicembre 2015 – gennaio 2016 sarà il momento in cui la guerra economica tra Stati Uniti e resto del mondo entrerà nella fase attiva.
2. Putin ha incaricato il Ministero delle Finanze e la Banca centrale di sviluppare un piano per finanziare la costruzione di centrali elettriche in Crimea. Secondo il Ministro dell’Energia Novak: “La Banca centrale in questo caso ci permette di eseguire un’operazione finanziaria per fornire liquidità alle banche creditrici… Una richiesta è stata presentata a Banca Centrale e Ministero delle Finanze per preparare e presentare un piano finanziario… per il pagamento degli interessi sui prestiti, per circa 80 miliardi di rubli”. Secondo la Costituzione (durante la colonizzazione occidentale negli anni ’90 – Kristina Rus) Putin (o Medvedev) non avrebbero avuto diritto d’impartire istruzioni alla Banca centrale. La banca centrale è indipendente ma si scopre che in realtà non lo è affatto. Se l’ordine del presidente viene eseguito come indicato da Novak (la Banca Centrale finanzia le banche che finanziano le società russa per la costruzione di centrali elettriche in Crimea), allora avremo ciò che i patrioti di tutti i tipi hanno a lungo chiesto: la Banca centrale che finanzia lo sviluppo economico del proprio Paese. Una rivoluzione. Una rivoluzione silenziosa. Inoltre, mutui e prestiti agricoli saranno sovvenzionati, un altro grande successo.
3. Dopo l’approvazione da parte del Governo, la Banca centrale del Kazakistan ha annunciato un piano per la de-dollarizzazione dell’economia entro la fine del 2016. L’obiettivo principale è sbarazzarsi dell’instabilità macroeconomica creata dalla valuta statunitense. Nazarbaev è un politico dalla grande intuizione e con seri legami con Pechino e Mosca. L’approvazione definitiva ed immediata della politica di de-dollarizzazione è un chiaro segnale della posizione del Kazakhstan nell’ambito dell’acuto scontro economico imminente.
4. Il 10 marzo 2015, il Presidente Putin ha incaricato la Banca centrale della Federazione russa e il governo a determinare la fattibilità della creazione di un’unione monetaria dell’UEE (Unione eurasiatica). RIA Novosti ha rivelato che la nuova valuta dell’UEE, Altyn (o Evraz) potrebbe apparire nel 2016.
5. Goldman Sachs, una delle maggiori banche degli Stati Uniti, controllore occulto della FED e “portfolio” dell’élite mondiale che Khazin chiama “agenti di Rothschild”, ha fatto una previsione… raccomandando l’acquisto di obbligazioni russe. Si, avete letto bene: acquistare obbligazioni russe! La massima banca degli USA consiglia l’acquisto di titoli del Paese che secondo Obama avrebbe l’economia “a pezzi!”
6. La Gran Bretagna desidera entrare nel capitale della Banca di investimenti infrastrutturali asiatica, l’istituzione finanziaria internazionale che la Cina ha fondato per contrapporsi e sostituire la Banca Mondiale controllata dagli Stati Uniti. Un affronto mondiale di Londra verso Washington. La reazione di Washington ricorda la reazione di uno zoticone razzista che sorprende la moglie inglese a letto con l’amichetto cinese: furiosa. Un alto funzionario dell’amministrazione Obama ha detto al Financial Times che l’iniziativa inglese di entrare nel piano del capitale cinese “non è il modo migliore di comportarsi con una potenza emergente“. “La potenza emergente” per gli Stati Uniti traditi è la Cina! La cosa interessante è che Londra non s’è presa nemmeno la briga di rispondere all’indignazione di Washington.
In questo contesto, è facile vedere quanto Putin sia occupato. Ha domato
la Banca centrale e ha mantenuto i contatti internazionali e fatto sì
che la Russia sia al vertice quando le tensioni nel conflitto economico
globale saranno finite. Fin qui tutto bene. La vittoria sarà nostra.
Valuta dell’UEE e de-dollarizzazione
L’unione
monetaria è la conclusione logica del processo d’integrazione tra
Russia, Kazakistan e Bielorussia nell’Unione economica eurasiatica
(EEU), portando l’economia eurasiatica a nuovi livelli. La moneta unica,
eventualmente chiamata Altyn, diverrà la base per la formazione di un
mercato e forse anche di un’economia unificati. Il presidente russo
Vladimir Putin avanzava la proposta di creare l’unione monetaria nel
corso di una visita ad Astana. Il leader russo ritiene che
l’introduzione della nuova moneta, il prossimo anno, proteggerà
l’economia dell’UEE.
Non è un’idea nuova, però. L’iniziativa
d’introdurre una moneta unica appartiene al presidente kazako Nursultan
Nazarbaev. Ne parlò per la prima volta nel 2003, sottolineando che
dovrebbe essere la moneta sovranazionale dei Paesi dell’Unione doganale,
Russia, Bielorussia e Kazakistan. Nazarbaev propose, allora, di
chiamarla Altyn e furono ideati i prototipi delle banconote.
Ma l’idea,
anche se sostenuta dai leader dell’Unione doganale, fu in realtà
promossa piuttosto debolmente. Inoltre, quando l’accordo fu firmato
creando l’UEE nel maggio 2014, l’emissione della banconota fu rinviata
al 2025, assieme all’istituzione della Banca Centrale dell’UEE. Così, i
leader si occupano dell’attuazione degli accordi immediati. Alla fine
del 2015 tutte le barriere nel mercato dei beni saranno rimossi. Dal
2016 si prevede che sarà creato un mercato unico per i beni medici e i
farmaci. Saranno risolti i problemi sul mercato dell’alcool e si prevede
che tutte le questioni del mercato dell’energia saranno risolte entro
il 2019. E già dal 2025 verrà creato il mercato unico del petrolio e
gas. La creazione di un mercato dei servizi finanziari è la fase finale.
L’accordo sulla creazione di un organismo multifunzionale per la
regolamentazione dei mercati finanziari si prevede sia firmato nel 2025,
e solo dopo il completamento di queste fasi la moneta unica verrà
introdotta. Così ha detto Saadat Asanseitova, direttore del Dipartimento
per l’Integrazione della Commissione economica eurasiatica. La moneta
unica dovrebbe aumentare il potenziale delle esportazioni totali
dell’UEE. Allo stesso tempo, l’analista dei mercati dell’IFC Dimitrij
Lukashev ritiene che l’introduzione dell’Altyn sia abbastanza fattibile.
Russia, Bielorussia e Kazakistan ne hanno bisogno per allontanarsi da
dollaro ed euro negli scambi interni, internazionali e per i piani
d’investimento finanziario.
Gli esperti non escludono che se la
questione sia ripresa da Putin e che la creazione del mercato valutario
sia accelerata. Tuttavia, il Kazakistan ha già iniziato a considerare la
de-dollarizzazione della propria economia. Ma non è il momento di
bandire il dollaro dal Kazakistan, non solo perché la popolazione ha i
propri risparmi principalmente nella valuta statunitense, ma perché gli
investitori stranieri non sono pronti a pagamenti in valute diverse dal
dollaro. Tuttavia, la Banca nazionale sviluppa un piano specifico con il
governo per ridurre la dollarizzazione dell’economia nel 2015-2016.
Il governatore della Banca Nazionale del Kazakistan, Kairat Kelimbetov,
ha detto che il piano di de-dollarizzazione dell’economia nazionale ha
tre direzioni principali. La prima per la stabilità macroeconomica,
adottando misure per ridurre gradualmente l’inflazione. La Banca
nazionale calcola che l’inflazione scenderà al 3-4% entro il 2020. La
seconda è sviluppare i pagamenti elettronici e ridurre il fatturato in
nero. La terza è rafforzare il tenge (moneta nazionale) sulle valute
estere. Secondo Kelimbetov una serie di misure è prevista: divieto
d’indicare i prezzi per beni, servizi o lavoro in valuta estera;
l’introduzione di norme per pagamenti in contanti tra privati nelle
operazioni su beni mobili e immobili; aumento delle garanzie dei
depositi da 5 milioni a 10 milioni di tenge. In terzo luogo, diminuzione
del tasso di remunerazione del risparmio al 3%. Secondo Kelimbetov il
piano di de-dollarizzazione dell’economia nazionale comporta il lancio
di diversi regolamenti per i pagamenti in contanti tra privati per le
transazioni su beni mobili e immobili. Questi cambiamenti, secondo il
capo della Banca nazionale, saranno introdotti gradualmente nella
legislazione a medio termine.
Riguardo la domanda se il Kazakistan potrà
abbandonare completamente i pagamenti in dollari, Elena Kuzmina, a capo
del settore per lo sviluppo economico degli Stati post-sovietici
dell’Istituto di Economia RAS, pensa che oggi per il Kazakistan sia
possibile sostituire gradualmente il dollaro con altre valute,
soprattutto lo yuan. Un certo numero di accordi con la Cina sono stati
firmati in yuan o cambio yuan-tenge, e inoltre vi è un accordo tra le
banche nazionali dei due Paesi. Ma non riguarda tutte le operazioni
valutarie ma un certo volume valutario. Inoltre, nel quadro dell’UEE, un
certo numero di contratti commerciali e produttivi russo-kazaki sono
stati firmati in rubli o in valuta estera. Tuttavia, la situazione con
il forte calo del rublo russo ha gravemente compromesso la crescita di
tale tendenza.
“Un altro processo che potrebbe essere avviato dalle autorità del Kazakistan sarà diretto a privare il dollaro della funzione di moneta parallela. Inoltre, l’unica unità economica ufficiale nel Paese è il tenge. Danneggerebbe seriamente la popolazione poiché ha risparmi soprattutto in dollari. Inoltre, secondo gli economisti kazaki, se nel 2012 i depositi in valuta della popolazione erano il 38%, oggi sono già il 45%“,
ha detto Elena Kuzmina. Sul commercio estero, il
principale prodotto di esportazione del Kazakistan sono gli idrocarburi
legati al dollaro nel mercato mondiale. Forse quando venduti alla Cina
ciò avverrebbe in moneta nazionale. Ma il Kazakhstan vende idrocarburi
non solo alla Cina, ma anche a Europa, Iran e Russia, e la maggior parte
di beni e tecnologie industriali viene acquistata in occidente. Molto
probabilmente le autorità kazake possono e perseguiranno le politiche
de-dollarizzazione, contribuendo a rafforzare l’economia nazionale, in
tal modo aiutando Cina e UEE (a condizione che l’unione gestisca le
questioni economiche dichiarate nel trattato UEE). Ma farlo rapidamente e
per di più in una sola volta, non è possibile né saggio (il dollaro è
ancora la valuta mondiale). Elena Kuzmina ha notato che la
de-dollarizzazione diventa gradualmente una tendenza mondiale.
“Non è una iniziativa indipendente del Kazakistan o un qualsiasi altro Paese che promuove o guida la politica della de-dollarizzazione“,
ha
detto l’economista. I parlamentari kazaki sono divisi sul tema. Alcuni
sono convinti che il Kazakistan debba abbandonare comunque dollaro ed
euro nei pagamenti. I deputati hanno calcolato che una banconota da 100
dollari costa solo 14 centesimi. Ciò significa che i Paesi che
depositano i loro conti in valuta statunitense lavorano per l’economia
di un solo altro Paese: gli Stati Uniti.
Viktoria Panfilova New Eastern Outlook 02/04/2015
La debacle degli USA in Asia: il TTP dopo l’AIIB?
Mentre
si leccano le gravi ferite raccolte con l’enorme disfatta subita con
l’AIIB, la banca d’investimento lanciata dalla Cina, gli Stati Uniti ora
affronterebbero una nuova disfatta sul teatro dell’Asia-Pacifico,
riguardo al destino del cosiddetto Trattato di “libero commercio”
Trans-Pacifico (TTP) che cercano d’imporre all’intera Asia-Pacifico,
cioè a una serie di Paesi da cui la Cina è attentamente esclusa
(Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova
Zelanda, Perù, Singapore, Stati Uniti e Vietnam). Qui, ciò che interessa
il blocco che impedisce la conclusione dei negoziati per il terzo anno
consecutivo, non riguarda il contenuto del Trattato ma il funzionamento
dei poteri negli Stati Uniti.
Molti Paesi, tra cui Canada e Giappone, si
sono rifiutati di definire l’accordo se il Congresso non voterà la Trade Promotion Authority (TPA) del presidente, versione speciale per la TPP del Fast Truck Authority,
generalmente richiesta dal presidente per negoziare e concludere un
trattato. (Si tratta di una legge che accorda al Congresso il diritto
di votare “sì” o “no” quando sarà presentato il trattato, ma non il
diritto di apportarvi emendamenti).
La possibilità di ottenere la TPA
sembra impossibile per il 2015, e anche per il 2016 (anno delle elezioni
presidenziali), e così via. Ennesimo esempio dell’assolutamente
paralizzante conflitto a Washington tra potere esecutivo e potere
legislativo, tra presidente democratico odiato dai repubblicani e
Congresso repubblicano. (Sul lato transatlantico del TTIP, nei negoziati
l’UE ha visto qualcosa in tal senso? Avevamo evidenziato l’ostacolo
fondamentale del FTA (cfr. 10 gennaio 2014 e 1 febbraio 2014). Sulla TTIP si veda Jacques Sapir, 4 aprile 2015).
Altra conferma che paralisi ed impotenza del potere a Washington sono
tra i più imponenti ed efficaci aspetti della decadenza-disintegrazione
del potere degli Stati Uniti. Il sito WSWS.org del 4 aprile 2015 dà conto dello stato attuale dei negoziati, da cui prendiamo questi passaggi.
“Dopo aver subito una sconfitta decisiva nel tentativo d’impedire ad altri Paesi di unirsi alla nuova Banca di investimenti infrastrutturali asiatica della Cina (AIIB), il governo degli Stati Uniti affronta crescenti difficoltà nella grande operazione per dominare la regione Asia-Pacifico: la cosiddetta Trans-Pacific Partnership (TPP). Nelle Hawaii, il mese scorso, l’ultimo round dei cinque anni di colloqui sul TPP tra i 12 governi interessati, è finito senza ulteriori accordi. Per il terzo anno consecutivo, la scadenza della Casa Bianca per un accordo finale sembra destinata ad essere violata nel 2015. Significativamente, il principale ostacolo questa volta non sono le distanze tra Stati Uniti e Giappone sui mercati dell’auto e agricolo, ma i dubbi sulla capacità del presidente Barack Obama di avere l’approvazione del Congresso a firmare l’accordo. (…) La volontà di questi Paesi nel fare le dovute concessioni agli Stati Uniti, è minata dal fallimento di Obama nel garantirsi il supporto per la Trade Promotion Authority (TPA), in modo da firmare il TPP e poi farlo ratificare dal congresso con un mero “sì” o “no”. Senza il TPA, il Congresso potrebbe imporre emendamenti all’accordo negoziato, annullandolo. Secondo Japan Times: “Diversi partner, tra cui Canada e Giappone, hanno pubblicamente dichiarato che non concluderanno i negoziali finché il Congresso non concederà la TPA all’amministrazione Obama. Con il profilarsi delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, un ulteriore ritardo rischia realmente di ritardare il TPP al 2017. Gran parte della resistenza del Congresso degli Stati Uniti è legata alle lobby protezionistiche delle industrie nazionali e dei sindacati...”
Dedefensa 4 aprile 2015
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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