Non credete minimamente a ciò che dico. Non prendete nessun dogma o libro come infallibile. (Buddha)
lunedì 18 aprile 2016
Ci hanno trivellato il cervello
Oggi pomeriggio mi trovavo in un paesino di montagna, sui colli calabresi della costa ionica. Stavo chiacchierando con alcune persone, quando un tizio ha chiesto ad un altro: "Ma tu sei andato a votare oggi?" "A votare per cosa, per le trivelle?" ha chiesto quello con sarcasmo. "Sì, per le trivelle" ha risposto il primo con espressione seria. "Ma a me che cazzo me ne frega? - ha replicato il secondo, ridendo - Io vivo in montagna, al mare non ci vado mai!"
E' tutta qui, in questo breve scambio, la quintessenza del problema italico. Se un problema non mi tocca direttamente, la cosa non mi riguarda. (Se invece io andassi al mare tutti i giorni - prosegue il ragionamento di quel tizio - allora con 'sta minchia che li lascio trivellare. Mica voglio fare il bagno in mezzo al petrolio, io). Gli interessi dell'italiano medio sono direttamente proporzionali ai vantaggi o agli svantaggi che gli derivano personalmente. Altrimenti, chissenefotte.
Di fatto il senso di collettività, il senso di bene comune sono talmente remoti, nel nostro paese, che viene da domandarsi quale sia il motivo per questa totale disaffezione dei nostri connazionali verso la cosa pubblica.
E qui diventa necessario introdurre un ragionamento di tipo storico. L'Italia infatti è nata solo 150 anni fa. Fino ad allora, la nostra storia non era stata che una sequela infinita di guerre locali e di lotte intestine, iniziate ancora ai tempi del medioevo. Granducati contro principati, feudi contro imperi, regni contro repubbliche marinare. Ed anche dopo l'unificazione, si è dimostrato che non basta tracciare sulla carta dei confini nazionali per dire di aver creato una nazione. Ancora oggi le differenze fra una regione all'altra sono fortemente sentite, non solo fra Nord e Sud, ma anche fra Veneto Val d'Aosta, fra Sicilia Sardegna, tra Campania e Basilicata. (Il campanilismo estremo con cui si vive da sempre in Italia campionato di calcio non è che una dimostrazione di questo fatto).
Ma non ci sono solo le questioni di campanile a tenerci separati gli uni dagli altri. Ci sono anche le faide interne in ciascuna di queste località. Faide dettate, ovviamente, dal un sistema di potere che da sempre ci ha insegnato che l'unico modo per prevalere è quello di sopraffare tutti gli altri.
E poi ci sono le faide corporative, che attraversano la nostra nazione in senso trasversale: statali contro liberi professionisti, farmacisti contro apicoltori, camionisti contro ferrovieri, con ciascuna corporazione impegnata ad ottenere vantaggi per se stessa, anche se a discapito palese di tutti gli altri.
L'idea che quando viene a noi qualcosa, questo qualcosa venga tolto la comunità, per l'italiano medio non esiste proprio. Non esiste, perché per noi non esiste la comunità. Per l'italiano medio, la comunità è semplicemente "gli altri". Se io tolgo qualcosa agli altri sto meglio, e non mi rendo conto che a mia volta faccio parte degli "altri" quando qualcuno toglie qualcosa me.
Qui sarebbe fin troppo facile affermare che la filosofia del divide et impera ha avuto successo in Italia come probabilmente non ne ha mai avuto nel resto del mondo: questa è una ovvietà che è sotto gli occhi di tutti. La vera domanda, a questo punto, è la seguente: che cosa si può fare - se mai si potesse fare qualcosa - per capovolgere questa tendenza congenita dell'homo italicus a farsi li cazzi sua a discapito di tutti gli altri?
Massimo Mazzucco
fonte e discussione su: http://www.luogocomune.net/LC/index.php/28-opinione/4387-ci-hanno-trivellato-il-cervello
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