Roma invia almeno 200 paracadutisti
in Libia, a supportare i terroristi taqfiriti di Misurata e Tripoli,
contro le forze nazionali e jamahiryane collegate con l’Egitto. Dietro
c’è l’istigazione di Washington, che sta perdendo la presa in Siria,
Iraq e Yemen. Inoltre, i vertici degli USA sono preda del caos. Infatti,
il partito mondialista e guerrafondaio negli Stati Uniti si ritrova in
pratica senza candidata presidenziale, essendo Hillary Clinton
null’altro che una vecchia derelitta drogata e oramai incapace di
reggersi in piedi.
A ciò si aggiunge l’allarme suonato dai vecchi
teorici e strateghi dell’imperialismo statunitense come Brzezinsky e
Kissinger, che avvertono i guerrafondai neocon e i socialimperialisti
democratici che è bene decelerare dalla corsa allo scontro con Russia e
Cina, una corsa che sta smantellando la rete di alleanze regionali di
Washington, oltre a mettere sotto pressione la scassata macchina bellica
statunitense.
I vecchiacci summenzionati sanno che le condizioni
generali degli USA e delle loro forze armate sono tali da non potersi
permettere alcun confronto con Mosca e Beijing, e nemmeno con Teheran e
Pyongyang. Soprattutto nel quadrante mediorientale, dove l’Arabia
Saudita è al collasso, la Turchia nel caos e Israele preda del confronto
interno tra filo-russi (Peres, Netanyahu) e partito filo-islamista
(Mossad, IDF).
In assenza di alleati di peso, Washington viene soccorsa
da Roma, e precisamente dalle emerite espressioni del nullismo
ideologico, politico e strategico piddino, il contessino Gentiloni
Silverj e la gerarchetta fallita del PD genovese Pinotti, al 100% proni
agli interessi dei petro-emirati, con i cui contratti prosperano le
aziende italiane dominate dal PD (Finmeccanica, Fincantieri, ENI),
precedentemente purgate da elementi ostili a tale politica con indagini
mirate e fabbricate da una magistratura corrotta fino al midollo e
collusa con gli ambienti terroristici atlantisti.
Il
5 aprile 2016, l’esercito libico del generale Qalifa Haftar entrava a
Matar e a Qashum al-Qayl, 60 chilometri a sud di Sirte, dopo aver
eliminato 6 terroristi. I combattimenti erano iniziati il 4 aprile
quando lo Stato islamico aveva attaccato una postazione dell’esercito
libico ad al-Ruagha, a 160 chilometri a sud di Sirte. Le forze di Haftar
avevano riconquistato Bengasi, confinando il Consiglio rivoluzionario
della shura, formata da Ansar al-Sharia, Brigata martiri del 17 Febbraio e Dir al-Libyia
della Fratellanza musulmana nel quartiere di Ganfuda. L’LNA (Esercito
nazionale libico) di Haftar aveva il supporto di Egitto e forze speciali
inglesi e francesi, che avevano pianificato le operazioni dell’LNA. A
Derna, il Consiglio dei mujahidin della Fratellanza musulmana scacciava
lo Stato islamico dalla regione. Il 12 aprile veniva liberato dalla
prigione di Zintan Sayf al-Islam Gheddafi e restava “al sicuro in
Libia”. Gheddafi è ricercato dalla Corte penale internazionale ed è
stato condannato a morte da un tribunale sciariatico di Tripoli nel
luglio 2015.
Il 18 aprile, il ministro degli Esteri inglese Philip
Hammond visitava la base navale di Tripoli per ispezionare le strutture
d’attracco per le navi da guerra inglesi in appoggio allo Special
Purpose Task Group formato da 150 commando delle forze speciali (SAS)
inglesi, presenti nel Mediterraneo a bordo della nave d’assalto anfibia Mounts Bay.
In effetti, nel gennaio 2016 il re di Giordania Abdullah affermò che le
forze speciali inglesi erano presenti in Libia. A Tobruq venivano
sbarcati autoveicoli Toyota Hilux e blindati Panthera T6 prodotti da Minerva Special Purpose Vehicles e Ares Security Vehicles, aziende degli EAU, e dall’azienda egiziana Eagles International Vehicles.
Il materiale era diretto alle forze del generale Haftar, che aveva
richiesto agli alleati (Egitto, Francia, Giordania ed EAU) l’invio di
armi, munizioni e 1050 autoveicoli: 400 blindati leggeri Panthera T6 e
650 pickup Toyota.
Ciò in vista dell’offensiva per occupare i
terminali petroliferi controllati dalle Guardia petrolifera di Ibrahim
Jadran, nuovo alleato di Saraj. Già nel marzo 2015, Haftar ricevette 900
autoveicoli, tra cui blindati leggeri Streit Typhoon, prodotti dal gruppo Streit di Ras al-Qaymah negli Emirati Arabi Uniti, e 32 blindati leggeri Panthera T6. La National Oil Corporation (NOC) libica nel frattempo si era spaccata in due, Western Oil Corporation ed Eastern Oil Corporation. La prima aveva uno stretto rapporto con il concessionario svizzero Glencore,
a cui spediva grandi quantità di petrolio a prezzi ridotti. In
Cirenaica, i miliziani di Ibrahim Jadhran controllano il grande terminal
petrolifero di Mars al-Hariga, dove petrolio di contrabbando finiva
alla compagnia francese Total, alla spagnola Repsol,
all’italiana Saras e alla cinese Sinopec, che a volte ricorrono a
mercenari per tutelare i propri interessi.
Va ricordato che
l’ex-amministratore delegato dell’ENI ed attuale vicepresidente della
banca Rotschild Paolo Scaroni, tra i principali fautori dell’aggressione alla Jamahiriya libica nel 2011, invocava la “fine della finzione della Libia” unita, invitando Roma a una “stabilizzazione parziale” favorendo la nascita di un governo nella sola Tripolitania, che “poi
facesse appello a forze straniere che l’aiutino a stare in piedi, credo
che potremmo risolvere parte dei nostri problemi… credo che anche un
governo nella sola Tripolitania sarebbe molto meglio del caos attuale.
Anzi, darebbe l’esempio alle altre aree. Le pulsioni separatiste della
Cirenaica sono fisiologiche, quasi endemiche. Cercare di ricostruire
artificialmente una unità che non esiste nella percezione della
popolazione, mi sembra molto più difficile che trovare soluzioni
limitate ma praticabili. Ognuno gestirebbe le sue fonti. La società
statale dell’energia ha una sede a Tripoli e una a Bengasi. Ci sono
risorse in Cirenaica e in Tripolitania. La comunità internazionale
affronterebbe lo Stato Islamico molto meglio se ci fosse un governo in
Tripolitania, che sollecitasse e sostenesse l’azione occidentale. Se
dobbiamo aspettare che ci sia un governo nazionale, penso che tra
qualche anno saremo ancora qui in attesa”.
E sul caso Regeni,
Scaroni avanzava posizioni arroganti, tipiche dei suoi mandanti
anglosassoni, parlando dell’Egitto affermava che “il maggior
interesse al gas (del giacimento) di Zohr non è dell’ENI o dell’Italia
ma dell’Egitto stesso, che ne ha un bisogno disperato”.
Infatti
Cairo ricorre a Russia, Cina, Francia, Germania, Corea del Sud e persino
alla patria putativa di Scaroni, il Regno Unito, per tutelare e
sostenere lo sviluppo economico dell’Egitto. Il 25 aprile, il Consiglio
dei mujahidin di Derna vantava l’eliminazione in tre giorni di scontri
dei capi dello SIIL Abu Raqan al-Libi, Abu Zubayr al-Jazrawi, Abu
Abdarahman al-Tunisi, Abu Sadam al-Tunisi e Abu Ashah al-Sudani, e la
cattura di altri 300 membri dello SIIL. Nel frattempo l’Esercito
nazionale libico prendeva il controllo di numerosi quartieri di Bengasi.
Il
1° maggio 2016, unità libiche entravano a Sirte, scontrandosi con lo
Stato islamico. L’esercito libico aveva lanciato ampie operazioni
militari su Sirte occupata dallo SIIL. Secondo fonti libiche, la maggior
parte delle strutture petrolifere della regione erano sotto il
controllo dell’esercito, mentre, decine di terroristi di nazionalità
tunisina e libica fuggivano da Sirte verso altre città nel sud della
Libia. A marzo, Haftar iniziò a far avanzare le truppe su Sirte,
occupato dallo Stato islamico da quasi due anni, liberando i villaggi
Abu Grayn e Zamzim. Dal febbraio 2014, Haftar aveva tessuto relazioni
tra al-Marj e Bengasi per organizzare gli ex-ufficiali in un nuovo
esercito basato sui resti dell’esercito della Jamahirya libica e le
connessioni tribali, ottenendo il sostegno del governo di Tobruq, che
l’aveva nominato Capo di Stato Maggiore dell’Esercito nazionale libico
nel marzo 2015.
Haftar si era concentrato nella lotta contro Ansar al-Sharia,
a Bengasi, dopo che l’organizzazione partecipò all’assassinio
dell’ambasciatore degli Stati Uniti l’11 settembre 2012. Nel maggio
2015, Haftar scatenava l’offensiva su Bengasi dopo aver riorganizzato
l’esercito (LNA), e nel marzo 2016 entrava in contatto con un gruppo di
ex-ufficiali e funzionari politici jamaihiryani in esilio in Egitto, che
accettavano di collaborare inviandogli ex-ufficiali specializzati,
compresi tecnici dell’aeronautica della Jamahiriya libica, in cambio
della libertà di rientrare in Libia senza condizioni, persecuzioni
giudiziarie o minacce.
Tyab al-Safi, ex-ministro ed aiutante di
Gheddafi, era rientrato in Libia sotto la protezione della sua tribù.
L’8 maggio 2016, il capo del consiglio presidenziale e primo ministro
della Libia, nominato dall’ONU, Fayaz al-Saraj, visitava l’Egitto
incontrando il Presidente egiziano al-Sisi, il Ministro degli Esteri
egiziano Samah Shuqry e l’ambasciatore dell’Egitto in Libia. Al-Sisi
esprimeva fede nell’inevitabilità di una soluzione politica della crisi
libica e sostegno dell’Egitto al Consiglio della presidenza libico,
sottolineando l’importanza di preservare le istituzioni libiche e
consentirgli di controllare il territorio libico ripristinando la
sicurezza e combattendo il terrorismo.
Al-Sisi aveva anche sottolineato
la necessità di togliere l’embargo delle Nazioni Unite sulle armi
all’Esercito nazionale libico, affinché svolgesse pienamente le
operazioni di sicurezza contro lo SIIL, che ampliava le attività in
Libia. Al-Sisi e al-Saraj affermavano anche l’importanza della
collaborazione per raggiungere un consenso politico in Libia tramite la
rapida approvazione dal Parlamento libico del governo di unità
nazionale. Al-Sisi esprimeva sostegno alla Libia, pur affermando che
l’Egitto non interveniva militarmente in Libia in quanto “Stato
sovrano”.
Il 16 maggio, i ministri degli Esteri di UE, USA e Medio Oriente si incontravano a Vienna sotto la presidenza di Stati Uniti e Italia, per discutere degli aiuti al governo libico nominato dall’ONU e decidendo d’inviare armi al governo di al-Saraj.
Il segretario di Stato
degli USA John Kerry dichiarava che era imperativo che la comunità
internazionale sostenesse il governo di unità di Saraj, e il ministro
degli Esteri italiano Paolo Gentiloni affermava che la comunità
internazionale era pronta a rispondere alle richieste del governo Saraj
per addestrare e assistere le forze di Tripoli. Sempre a Vienna, USA,
Regno Unito ed Italia decidevano di armare le milizie islamiste Fajir al-Libyia
e quelle di Misurata, per supportarle contro l’LNA del generale Qalifa
Haftar, riconfermato a capo dell’esercito libico dal parlamento di
Tabruq.
Nella conferenza stampa, Fayaz al-Saraj dichiarava “La
Libia è la chiave di volta per l’accesso a Sahel, Maghreb, Vicino
Oriente, Mediterraneo ed Europa, e la presenza dello SIIL in Libia è un
male per tutti“. Nel frattempo il parlamento di Tobruq chiedeva di
occupare i porti petroliferi di Hariga, Zuwaytina, Briga e Ras Lanuf.
Russia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti non riconoscevano il governo di
Saraj (GNA), ma quello di Tobruq, per conto del quale la Russia stampava
4 miliardi di dinari, dando a Tobruq una base monetaria. Inoltre, a
Zintan, ad ovest di Tripoli, le cui milizie controllavano l’oleogasdotto
di Zawiya in cui fluiscono petrolio e gas estratto dai giacimenti
gestiti da italiani, norvegesi e spagnoli, le Nazioni Unite inviavano
come consulente militare un generale italiano.
Ma il generale veniva
cacciato dalle milizie locali che giuravano fedeltà ad Haftar. Nel
frattempo, la Grecia chiudeva lo spazio aereo agli aerei libici per tre
mesi, assieme a Italia e Malta, in vista della “preparazione dell’operazione NATO in Libia, che può essere lanciata nei prossimi giorni”.
Intanto le forze speciali inglesi distruggevano 2 autoveicoli dello
SIIL presso Misurata. Il comandante libico Muhamad Durat confermava di
collaborare con militari inglesi e statunitensi presso Misurata.
Il 24
maggio il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg incontrava
Matteo Renzi, osservando come la NATO fosse pronta ad intervenire in
Libia se il nuovo governo di unità nazionale lo richiedesse. In risposta
alle mosse atlantiste, l’ambasciatore russo in Libia Ivan Molotov
dichiarava che Mosca avrebbe fornito armi al legittimo governo libico
(comprendente il generale Qalifa Haftar), non appena l’embargo sulle
armi contro il Paese veniva tolto. Mosca sostiene il processo di
unificazione del Paese e la formazione del Governo di Accordo Nazionale,
sottolineando però che il GNA non sarà legittimo senza l’approvazione
del Parlamento di Tobruq, e il Ministro degli Esteri russo Lavrov
avvertiva che se il governo di Tripoli non includeva Haftar e l’Esercito
nazionale libico, la Russia si sarebbe opposta alla revoca dell’embargo
internazionale sulle armi alla Libia.
Nell’ottobre 2015 Haftar affermò
che la Russia gli avrebbe promesso aiuto nella lotta al terrorismo e nel
rafforzamento dell’Esercito nazionale libico. Infatti, Haftar a Cairo
incontrava regolarmente i diplomatici russi. Inoltre, il capo del
Parlamento di Tobruq, un alleato di Haftar, inviava un rappresentante a
Mosca nel 2015 per aprire nuove relazioni militari con la Russia.
Infine, un membro della Commissione della Duma per gli affari
internazionali aveva confermato ai giornalisti che Mosca è in stretto
contatto con il comandante dell’Esercito nazionale libico.
Il 2 giugno veniva costituita la Società di Difesa di Bengasi (BDC), un gruppo islamista collegato ad al-Qaida e volto a “difendere (Bengasi) dai criminali seguaci del vecchio regime“, e che da subito attaccava le unità dell’Esercito nazionale libi9co (LNA) di Qalifa Haftar. “La
BDC è l’ultimo tentativo degli attori islamisti in Tripolitania
d’indebolire il potere di Haftar in Cirenaica. Il rapporto del BDC con
la coalizione islamista, in conflitto con Haftar dal maggio 2014, veniva
rivelato dal comunicato fondativo della BDC. Secondo la dichiarazione,
“unico riferimento a finanziamento e lotta” del gruppo era il Dar
al-Ifta (ufficio della Fatwa), autorità religiosa guidata dallo sceicco
Sadiq al-Ghariani, riconosciuto da certuni come Gran Mufti della Libia”.
Al-Ghariani è uno dei maggiori nemici di Haftar in quanto sostenitore
delle fazioni islamiste che combattono contro l’LNA, e al-Ghariani è uno
dei primi sostenitori della BDC, esortando le varie fazioni islamiste
ad aderirvi. I capi più importanti della BDC sono Mustafa al-Sharqasi,
ex-portavoce dell’aviazione del Congresso islamico generale (GNC), e
Ismail al-Salabi, capo della liwa Rafalah al-Sahati di Bengasi.
La BDC è
strettamente legata al Consiglio rivoluzionario della shura di Bengasi
(BRSC), coalizione islamista che comprende Ansar al-Sharia, ovvero al-Qaida in Libia, e diverse altre figure legate ad al-Qaida.
Nella dichiarazione di fondazione, la BDC affermava che avrebbe
collaborato con il BRSC nella lotta contro l’LNA. I capi del BRSC sono
Ahmad al-Tajuri e Faraj Shiqu, capo della Brigata dei Martiri del 17
febbraio. Il 25 giugno al-Qaida chiese ai vari islamisti di
aderire al BRSC nella lotta a Bengasi. A tale iniziativa aderivano
Hisham al-Ashmawy, l’emiro del gruppo islamista egiziano al-Murabitun, e Abdullah Muhamad al-Muhaysini, il capo di Jabhat al-Nusra
in Siria.
L’11 giugno le forze di Misurata, alleate al governo di
accordo nazionale (GNA) di Fayaz al-Saraj, sostenuto dalle Nazioni
Unite, rioccupavano il porto di Sirte, la maggiore base dello Stato
islamico in Libia. Sirte è il centro dell’industria petrolifera della
Libia, da cui circa l’80% del petrolio libico passa. Lo Stato islamico
aveva perso quasi tutto il califfato che si estendeva per 300 km lungo
le coste e fino ai giacimenti petroliferi di Sirte. Nel frattempo le
milizie della Guardia petrolifera di diverse città e strutture aderivano
all’esercito del generale Qalifa Balqasim Haftar. Inoltre, presso la
base aerea Banina di Bengasi, controllata dall’Esercito nazionale libico
di Haftar, operavano forze speciali inglesi (SAS) e giordane; mentre il
traffico e le operazioni aeree della base stessa era gestito da
personale inglese, statunitense, francese ed italiano.
La liberazione di
Sirte avveniva mentre gli Stati Uniti inviavano due gruppi di portaerei
nel Mediterraneo e il ministro degli Esteri tedesco affermava che gli
sforzi per stabilizzare la Libia necessitavano del coinvolgimento della
Russia, “Abbiamo bisogno di una risposta internazionale incisiva e
il ruolo della Russia sarà decisivo data storia e ruolo nel Consiglio di
sicurezza”, affermava Matteo Renzi dopo i colloqui con il Presidente Vladimir Putin a Mosca, “Senza la Russia è molto più complicato trovare un punto di equilibrio”.
Come già osservato, il generale Haftar in effetti aveva visitato Mosca
in varie occasioni, rafforzando il ruolo di mediatore di Mosca in Libia.
Il 19 giugno le milizie di Misurata e le PFG passate al GNA arrivavano
alla periferia di Sirte, assediando la città occupata dallo SIIL. L’80
per cento delle riserve di petrolio del Paese si trovano nella regione
di Sirte, mentre le Forze di Difesa di Bengasi (BDF) attaccavano le
unità delle PFG ad Aghedabia, danneggiando tre impianti petroliferi. Le
BDF erano composte dalle fazioni islamiste sconfitte dall’LNA di Qhalifa
Haftar.
Nel frattempo, i sauditi arruolavano i capi islamisti a Tripoli
e Misurata, indebolendo la posizione del Qatar in Libia; tra i capi
comprati da Riyadh vi erano Ibrahim al-Jathran, capo della milizia
tribale di Zawiya, e Ismail al-Salabi, capo della Brigata dei martiri e
fratello di Ali al-Salabi, capo spirituale dei Fratelli musulmani
locali. Un elicottero delle forze speciali francesi che operava in Libia
veniva abbattuto con un missile 9K32 Strela-2 ad al-Maqrun, 90
km a sud di Bengasi, eliminando almeno 3 commando delle forze speciali
francesi che operavano al fianco delle forze del Generale Qalifa Haftar.
Ai primi di luglio 4 ministri originari della Cirenaica (Giustizia,
Riconciliazione, Finanze ed Economia) del governo Saraj si dimettevano.
Il 2 agosto, un’autobomba uccideva 23 persone a Bengasi, nella zona
residenziale di Guwarsha. L’attentato avveniva il giorno dei raid aerei
degli Stati Uniti su Sirte.
A metà luglio era iniziata l’operazione Bunyan al-Marsus per occupare Sirte, controllata dallo SIIL. Diversi bombardamenti venivano effettuati dall’artiglieria e da elicotteri Mi-24 delle milizie islamiste di Misurata, supportate da un contingente delle Petroleum Facilities Guards (PFG) di Ibrahim Jadhran, contro le posizioni dello SIIL nel complesso congressuale Ouagadogou, l’ospedale Ibn Sina, l’università e i quartieri Ghiza al-Asqiriya e al-Gharbiyat, occupati da circa 900 terroristi dello Stato islamico.
Le forze misuratine
occupavano il porto e i quartieri Harawa e Sawawa di Sirte, ma
l’offensiva s’impantanava davanti l’ostinata guerriglia urbana dello
SIIL, che eliminava 360 miliziani misuratini. E il 1° agosto, velivoli
statunitensi intervenivano su richiesta diretta di al-Saraj, appoggiando
l’assalto delle forze di Misurata, bombardando le posizioni dello SIIL a
Sirte, ed eliminando 1 carro armato e 2 blindati dello SIIL. Al-Saraj
aveva detto che tali attacchi avvenivano “in un quadro limitato,
entro Sirte e la periferia. Abbiamo chiesto il sostegno della comunità
internazionale, in particolare degli Stati Uniti. Ma non vi sarà alcuna
presenza straniera sul suolo libico“. Il raid era la terza di una serie di operazioni, come l’operazione Odyssey Resolve, basata sull’impiego di droni, e l’operazione Junction Serpent, basata sull’impiego di Forze Speciali da ricognizione.
L’operazione Odyssey Lightning era la fase dei bombardamenti aerei contro i bersagli dello SIIL, utilizzando droni MQ-9 Reaper dell’US Air Force decollati da Sigonella, 2 elicotteri AH-1W Supercobra e 3 convertiplani MV-22B Osprey del VMM-264 Black Knights dei Marines, decollati dalla nave d’assalto anfibio USS WASP al largo delle coste libiche. La Wasp trasportava elementi della Marine Expeditionary Unit 22, dotata di aviogetti V/STOL AV-8B Harrier, elicotteri d’attacco AH-1 Cobra ed elicotteri da trasporto CH-53. L‘USS Wasp era scortata dal cacciatorpediniere lanciamissili USS Carney dotato di missili Tomahawk.
Il 4 agosto, altri due attacchi aerei contro lo Stato islamico venivano
effettuati dalle forze aeree statunitensi presso Sirte, distruggendo 2
autocarri dei rifornimento dello SIIL.
Dal 1° agosto, gli
statunitensi avevano effettuato 11 attacchi aerei in Libia, e nel
frattempo le truppe misuratine alleate al GNA, il governo di al-Saraj,
avanzavano a Sirte dopo avere perso 360 membri e subito più di 1500
feriti. Secondo un documento del COFS (Comando interforze per le
Operazioni delle Forze Speciali), dei commando delle forze speciali
italiane del 9° Reggimento Col Moschin, del Gruppo Operativo
Incursori del Comsubin, del 17° Stormo Incursori dell’Aeronautica
Militare e del Gruppo d’Intervento Speciale dei Carabinieri operavano in
Libia alle dirette dipendenze del governo italiano. Il 22 agosto, la
Camera dei rappresentanti di Tobruq votava contro il riconoscimento del
governo unitario libico di al-Saraj.
Un mese dopo l’avvio dell’operazione Bunyan al-Marsus
delle milizie islamiste di Misurata a Sirte, 250 terroristi del SIIL
resistevano nell’area centro-orientale di Sirte, dopo aver perso il
Congresso Ouagadogou, l’ospedale Ibn Sina e
l’Università. Le forze islamiste di Misurata erano avanzate grazie al
supporto aereo statunitense nell’ambito dell’operazione Odyssey Lightning,
iniziata il 1° agosto, ma che non impedì che i misuratini perdessero
470 miliziani, 14 carri armati, 12 BMP e un velivolo Aero L-39 abbattuto
dallo SIIL il 10 agosto. Odyssey Lightning comprendeva l’impiego di elicotteri AH-1W SuperCobra e di 6 AV-8B Harrier II+ dei Marines, imbarcati sulla portaelicotteri USS Wasp, di stanza nel Golfo della Sirte assieme al cacciatorpediniere USS Carney.
Inoltre, intervennero i droni MQ-9 Rraper dell’US Air Force schierati in Giordania e a Sigonella.
Entro il 1° settembre erano stati effettuati 108 raid (32 dei SuperCobra e 63 degli Harrier)
con cui furono eliminati 3 carri armati, 2 lanciarazzi, 13 autocarri,
25 postazioni, 35 pickup, 5 centri di comando, 2 depositi di armi e 4
pezzi d’artiglieria dello SIIL, successi resi possibili
dall’illuminazione dei bersagli da parte dei miliziani misuratini e
dalle Forze Speciali statunitensi, inglesi e italiane coordinate da un
centro operativo congiunto a nordovest di Sirte. Saraj, nel frattempo,
affrontava il rifiuto del suo governo da parte del Parlamento di Tobruq,
poiché vedeva nel governo Saraj l’espressione degli interessi del Qatar
e dell’Italia, rappresentati dalla presenza sproporzionata della
Fratellanza musulmana nel governo di Tripoli.
Inoltre, Saraj voleva
prendere il controllo degli impianti petroliferi di Sidra, Ras Lanuf e
Zuwaytina, dove l’LNA di Haftar e le PFG di Jadhran, vicino a Saraj, si
erano scontrati. A Bengasi continuavano i combattimenti nel quartiere di
Guwarsha e nei centri di Qunfudah e Quarishah tra LNA e Consiglio
rivoluzionario della shura di Bengasi ed Ansar al-Sharia. A
Derna, Bengasi, Ganfuda e Aghedabia, ai primi di agosto, 2 MiG-21bis del
1021.mo Stormo e 3 MiG-23BN del 1060.mo Stormo dell’Aeronautica libica
bombardavano le posizioni di Ansar al-Sharia con bombe a frammentazione RBK-250-270 PTAB.
L’11 settembre, l’Esercito nazionale libico del generale Qalifa Balqasim Haftar aveva liberato tutti i terminali petroliferi di Zuwayitina, Ras Lanuf, Sidra e Briqa, con l’operazione Qaramah, irritando il governo fantoccio di Saraj e i suoi mandanti della NATO. Subito scattava la propaganda delle forze islamo-atlantiste foraggiate dai media occidentali, accusando l’LNA di aver occupato i terminal petroliferi libici impiegando mercenari ‘sudanesi e ciadiani’, così recuperando le stesse menzogne, utilizzate dalle stesse forze per denigrare il governo della Jamahiriya libica nel 2011, attribuendole l’impiego di ‘mercenari contro la popolazione’ per giustificare l’aggressione e la distruzione della Libia.
A tale meschina e squallida
disinformazione non poteva non accordarsi che il ministro degli Esteri di
Renzi Paolo Gentiloni Silverj. E difatti, il 12 settembre, il governo
italiano decideva d’inviare un ospedale militare da campo, con 60 medici
ed infermiere, a Misurata, per curare gli oltre 2000 feriti delle
milizie islamiste subiti nei combattimenti di Sirte, oltre a 200
paracadutisti per presidiare la base che ospiterà l’ospedale. Roma
sostiene il governo fantoccio della NATO di al-Saraj, alleandosi con le
organizzazioni terroristiche islamiste foraggiate da Arabia Saudita e
Qatar, tra cui la banda armata del capo di al-Qaida in Libia
Abdalhaqim Balhadj, agente della CIA durante la sovversione e la
distruzione della Libia, e i fratelli mussulmani di Misurata.
Tutto ciò all’indomani dell’acquisizione dei terminal petroliferi da
parte dell’Esercito nazionale libico del generale Qalifa Haftar, al
fianco del quale si è schierata la Resistenza della Jamahiriya libica, e
non con lo Stato islamico come vanno farneticando presunti ‘esperti’
italiani, null’altro che dei pennivendoli al servizio degli Stati
sponsor del terrorismo come Quwayt, Qatar e Arabia Saudita con cui
Finmeccanica e appunto il governo italiano hanno stipulato lucrosi
contratti bellici. Il capo del governo legittimo libico, Abdullah
al-Thani, dichiarava che la sua amministrazione “lavorerà affinché i
porti petroliferi riprendano il lavoro al più presto possibile, in modo
da garantire a tutti i libici una vita dignitosa”. Aguila Salah,
portavoce del parlamento di Tobruq, dichiarava che l’LNA era intervenuto
su “grande richiesta” delle istituzioni ufficiali della Libia, per
acquisire e consegnare i terminali alla National Oil Corporation (NOC). Salah aveva detto che l’LNA aveva “liberato i campi ed i terminali dagli occupanti che ostacolavano le esportazioni“,
riferendosi a Ibrahim Jadhran, il capo delle guardie petrolifere (PGF),
a sua volta alleato del governo-fantoccio di Saraj e della NATO.
La NOC
è divisa in due rami rivali, una alleata a Saraj e l’altra
all’amministrazione di Tobruq, e questo ramo del NOC dichiarava che
avrebbe immediatamente iniziato le esportazioni di greggio dai porti
liberati dall’LNA, “I nostri team tecnici già iniziano a valutare
ciò che va fatto per rafforzare e riavviare le esportazioni al più
presto possibile“, dichiarava Mustafa Sanala, presidente della NOC.
Note
Agenzia Nova
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Alessandro Lattanzio, 14/9/2016
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