Renzi con la Boschi
Mentre il coro servile dei media di regime ci presenta la contro-riforma costituzionale adottata dal governo Renzi, il denominato DDL Boschi, come ”la più importante razionalizzazione delle istituzioni mai realizzata nel nostro paese”, messa in opera da quella che sarebbe una “classe politica nuova”, giovane e risoluta, i più qualificati giuristi indipendenti ci avvisano che, in realtà, ci troviamo di fronte ad “una delle più grandi mistificazioni politiche e culturali degli ultimi 50 anni di Storia di questa Repubblica”.
Le argomentazioni utilizzate, per motivare e giustificare questa truffa legalizzata, sono riconducibili all’esigenza di far recuperare efficienza al nostro sistema politico, dopo decenni di politica degenerata e corrotta, sotto la direzione direzione di una “nuova classe politica” efficientista e moderna, ove in realtà i “nuovi” sarebbero gli oligarchi del PD (come Renzi e la Boschi) ineletti ma cooptati al Governo da un Parlamento giudicato incostituzionale (dalla Corte Costituzionale) ed un Presidente del Consiglio nominato da quel personaggio, che risponde al nome di Giorgio Napolitano, autore delle peggiori violazioni della stessa Costituzione e dimostratosi al totale servizio dei potentati finanziari che hanno diretto e dirigono la politica ed il sistema economico italiano.
Si nasconde all’opinione pubblica chi siano i reali “suggeritori” ed ispiratori della riforma costituzionale che possono essere individuati nei centri di potere finanziario che hanno messo la camicia di forza a questo paese condizionando e pilotando le sue scelte in materia di gestione politica e di gestione economica, ad ogni livello.
Dobbiamo chiarire che, per quello che ci riguarda, noi non siamo mai stati fra gli apologeti della Costituzione del ’48 in quanto ben sappiamo che questa fu, in qualche modo, influenzata dalla sconfitta e dalla conseguente perdita di sovranità che ha subito l’Italia nel 1945 con l’occupazione (non” liberazione”) degli anglo americani.
Prova ne sia che, a parte la presenza ancora oggi di circa 113 basi militari USA nel nostro paese, risulta che la nostra Costituzione, non per caso, vieti qualsiasi referendum popolare sui trattati internazionali, oltre ad altre limitazioni evidenti alle forme più dirette della sovranità popolare (referendum propositivi), inesistenti in altri paesi. Non siamo quindi mai stati dalla parte dei “giullari di regime” come Roberto Benigni che magnificavano ad ogni piè sospinto la “Costituzione più bella del mondo” salvo poi sconfessarla per adeguarsi alle direttive ricevute.
Quando però risulta evidente che interviene una “mano esterna” nell’imposizione della riforma, allora la misura diviene colma e conviene difendere, per quello che vale, quella Costituzione che dovrebbe contenere i principi fondamentali dello Stato italiano.
George Soros
Non a caso, nei giorni scorsi, è apparso sul “Corriere della Sera” un articolo in cui George Soros, il miliardario di origine ungherese, ebreo e cittadino USA, dispensava buoni consigli a Renzi su come vincere il referendum costituzionale. In questo modo il più famoso di quei moderni banditi internazionali che sono i grandi speculatori finanziari internazionali confermava ciò quello che alcuni di noi sanno bene.I potentati finanziari ed il potere bancario (il vero potere ) sono le entità hanno suggerito la legge di riforma costituzionale e quelle che hanno il vero interesse nella vittoria della controriforma della nostra Costituzione. Per ottenere il loro fine, questi personaggi sono disposti ad utilizzare ogni mezzo, approfittando del loro totale controllo dei principali media (giornali e Tv), scatenando una campagna per il Sì a reti unificate, per convincere e raggirare l’opinione pubblica.
Il pronunciamento a favore di Renzi e della sua riforma da parte di Soros, che fa seguito a quello di Confindustria, dei top manager delle multinazionali, dei principali giornali finanziari come il Financial Times e l’Economist, nonchè dei banchieri italiani ed europei, ci dimostra quale sia la dimensione sociale dello scontro sulla controriforma costituzionale.
Bisogna essere consapevoli che, contrariamente a quanto affermato dai suoi estensori, la controriforma di Renzi/Boschi contiene proprio il fine ultimo di affossare la prima parte della Costituzione del 1948, quella dei principi generali.
Questa controriforma Renzi/Boschi avalla e consolida di fatto le “pseudo riforme” liberticide imposte dai Trattati Europei che esautorano le politiche economiche nazionali ed hanno reso superflui i principi democratici costituzionali fra i quali in primo luogo l’art. 1 che recita “….. L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
E’ noto che, con il Trattato di Maastricht, adottato nel 1992 ma con particolare accentuazione negli anni successivi, a partire dall’ingresso dell’Italia nell’area della moneta unica, le più importanti istituzioni europee e mondiali (Commissione europea, Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale, Organizzazione Mondiale del Commercio, G-8) insieme ai governi più forti e influenti dell’occidente hanno a più riprese auspicato e poi imposto al nostro paese le tanto sbandierate “riforme”, cioè: – le riduzioni delle tutele e del potere di acquisto del lavoro e delle pensioni; – l’esautoramento di ogni autonoma politica economica nazionale; – l’adozione e la ratifica dei successivi e cogenti trattati europei, tanto invasivi quanto scellerati (fiscal compact, six pack accolto questo con l’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione, ).
In tal modo sono state poste le premesse per la distruzione dell’apparato produttivo industriale, pubblico e privato del paese e il conseguente impoverimento generale, come in fatti è avvenuto, ed è stata preclusa al paese l’adozione di sue proprie politiche di sviluppo a tutto vantaggio dei paesi più forti dell’Europa, Germania in testa, che in questi anni hanno goduto, anche grazie a ciò, di un ulteriore vantaggio competitivo.
Tuttavia questo, con tutta evidenza, non era ancora sufficiente per l’oligarchia finanziaria.
Diventava, infatti necessario (come raccomandato da J.P. Morgan Chase Bank, nel maggio 2013 con un sua informativa) mutare la cornice generale della convivenza civile e politica all’interno di ciò che rimane della residua sovranità popolare degli stati europei, specie nei paesi più fragili e periferici, e dunque attuare un superamento definitivo delle Costituzioni nazionali ove ancora è presente il riconoscimento dei diritti sociali, ed in particolare della nostra Costituzione che viene vista dai responsabili dell’elite finanziaria come un residuato“ideologico” novecentesco di compromesso tra capitale e lavoro da superare secondo il volere dei ” mercati” dell’oligarchia finanziaria.
I Governi al servizio dei potentati finanziari, che negli ultimi anni si sono succeduti alla guida del paese, hanno tutti attuato politiche controproducenti sul versante dello sviluppo in quanto indirizzate ad attuare il dogma imposto da Bruxelles dell’austerità; con gradazioni diverse tra l’uno e l’altro, si sono dimostrati i più diligenti esecutori dei voleri del grande capitale transnazionale e, così facendo, hanno aggravato la crisi, aumentato le disuguaglianze sociali, con l’effetto di smantellare una buona parte dell’apparato industriale manifatturiero (a vantaggio della Germania) processo tuttora in corso, distruzione di buona parte del risparmio e svalutazione del patrimonio edilizio, aggravando la disoccupazione e la condizione di povertà di un largo strato della popolazione, di sottosviluppo del Mezzogiorno, spingendo l’Italia (e gli altri paesi deboli del sud Europa) in una situazione di crescente “stagnazione”, ossia sempre più nelle retrovie dello sviluppo.
Per effetto dei trattati europei, sono già risultati disapplicatati i principi fondamentali della Costituzione a partire dal principio di uguaglianza, dal riconoscimento e dalla tutela dei diritti sociali e del lavoro, ripudio della guerra, limitazioni di sovranità in condizioni di parità, ecc..
I Trattati europei hanno tradotto in economia un programma di impronta neo-liberista ed hanno consolidato di fatto una tecnocrazia oligarchica sul versante politico.
Da notare che la legge Boschi sistematizza i processi di riduzione dei poteri e dei diritti popolari e del lavoro, di centralizzazione del potere, che già erano iniziati negli anni ‘80 del secolo scorso ed hanno trovato la loro piena attuazione nei programmi neo-liberisti di assoluta preminenza dei mercati elaborati dalla oligarchia euopea di Bruxelles. Questo per chiarire quale fosse il disegno sociale ed economico del decisionismo rivendicato oggi dai gerarchetti del PD. Nel mondo attuale dei mercati globalizzati e della speculazione finanziaria dominante si suggerisce che sarebbe indispensabile procedere a un nuovo tipo di sistema politico, più conforme al Consiglio di Amministrazione di una SPA che non ad un governo che si incarichi di rappresentare la volontà popolare.
Se si ripercorre la Storia della Repubblica, si vede che, in contemporanea allo smantellamento di quei vincoli di carattere costituzionale, che ancora permanevano nell’ordinamento italiano, quelli che limitavano mercato e potere d’impresa, fu sulla fine degli anni ‘80 che si diede il via alla piena affermazione del potere della finanza sul bilancio pubblico.
Nel 1982 venne decisa la separazione del Tesoro dalla Banca d’Italia, per cui da quel momento l’amministrazione pubblica per i suoi bisogni avrebbe dovuto indebitarsi con le banche e la finanza internazionale a prezzi di mercato, invece che ricorrere alla Banca d’Italia come nei decenni di crescita precedenti. In pratica negli anni 80 si misero in campo tutte le basi delle politiche liberiste contro il lavoro e i diritti sociali, privatizzazioni e svendita del patrimonio pubblico, poi sviluppatesi nei trenta anni successivi.
Ora tocca a Renzi ed ai suoi gerarchetti del PD, eterodiretti, di portare a conclusione tutti i progetti di
riforma autoritaria della democrazia nati oltre trenta anni fa, contemporaneamente ed assieme all’affermazione delle politiche economiche e sociali ai danni del lavoro e dei diritti sociali.
Votare NO nel referendum costituzionale significa, dunque, votare contro la tecnocrazia sovranazionale che, grazie alla presente manomissione della Costituzione potrà appoggiarsi ad una autocrazia nazionale, ancor più vassalla delle oligarchie europee e del capitale transnazionale, che continuerà ad affossare lo sviluppo del paese che sarà ancora di più subalterno ad interessi stranieri .
Votare NO nel referendum significa dare un calcio a questa classe politica al sevizio dell’oligarchia finanziaria ed a un governo ineletto del “fiorentino” e dei suoi degni “compagni di merende”.
Luciano Lago
fonte: http://www.controinformazione.info/la-grande-truffa-del-referendum-costituzionale-voluto-dai-potentati-finanziari/
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