venerdì 26 agosto 2016

Una mente silenziosa


Volere una mente silenziosa proviene dalla mente, dalla memoria; sorge dall’intuizione che il silenzio è ciò che ci è più naturale.

Sappiamo intuitivamente che il silenzio è presente, grazie alla nostra memoria di un tempo nell’infanzia in cui vedevamo il mondo attraverso occhi silenziosi senza giudizi, quindi senza la sensazione di essere separati da ciò che era visto. A volte non c’era un me e una cosa vista, solo l’Uno.

Questa memoria, che fa sorgere il desiderio di essere in silenzio, di essere silenzio stesso, proviene dal fatto che intuitivamente sappiamo che il silenzio è là dove la mente, nei nostri primi anni, si ritirava, dopo aver fatto il lavoro che era necessario al momento. Il silenzio è ciò che intuitivamente sappiamo di essere. 
 
La mente è uno strumento della nostra vera natura, ma a causa del condizionamento è stata portata a credere di essere il maestro. 
 
Quando la mente riconosce di nuovo ciò che è precedente ad essa, allora diventa felicemente obbediente. Appare quindi solo quando le circostanze del momento richiedono che essa si attivi e poi, di nuovo, ritorna al silenzio inattivo che ne è la sorgente.

Tutte le meditazioni insegnate e quindi imparate, sono mente; sono basate sulla memoria, con l’intenzione da parte della mente di essere in controllo dello zittire quell’attività che è la mente. E’ per questa ragione che esse richiedono sforzo, che quindi porta l’attivazione deliberata della mente. 
 
La meditazione intenzionale, che è il desiderio di fermare l’attività della mente, viene dalla mente; proviene dalla non-accettazione di ciò che è.

Troppo focus sulla mente, come se essa fosse un problema, porta ad essere in difficoltà con quella attività che è conosciuta come mente.

La mente va a riposo quando è riconosciuto ciò che è precedente all’azione di ciò che chiamiamo mente.


Avasa 
 
 

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