Al momento della negoziazione dell’accordo di Minsk nel mese di febbraio abbiamo detto che la parte internazionale della crisi ucraina sembrava avere passato il suo picco.
Le nostre precise parole sono state:
“Il conflitto in Ucraina continuerà per lungo tempo, probabilmente fino a quando cadrà il governo attualmente al potere a Kiev, cosa che sicuramente accadrà, prima o poi.
Tuttavia, in quanto crisi nelle relazioni internazionali, a seguito dei colloqui a Mosca e a Minsk, sembra che il suo picco sia passato”.
Che fosse così, era diventato più chiaro
a maggio, quando i russi hanno rivelato che gli europei erano pronti a
discutere modifiche all’accordo di associazione dell’Ucraina con
l’Unione Europea, accordo che aveva causato la crisi originaria.
Ciò che abbiamo detto nei primi mesi dell’anno, ora è divenuto consenso generale.
È ormai ampiamente riconosciuto, dopo l’ultima riunione dei quattro del Gruppo Normandia a Parigi, che la crisi ucraina è agli sgoccioli.
Prima di discuterne in dettaglio, è
necessario correggere un falso resoconto dei recenti avvenimenti,
diffuso da alcuni media occidentali.
Secondo questo resoconto “Putin” si è
“stancato della sua avventura ucraina”, e sta terminando il conflitto,
mentre cerca il modo di districarsi dal “pantano ucraino”.
Secondo alcuni commenti surriscaldati,
l’intervento militare della Russia in Siria è parte di un astuto piano
di “Putin” per “distogliere l’attenzione” dall’Ucraina e uscire dalla
sua “condizione di paria”.
Questo è un totale rovesciamento della realtà. I russi hanno sempre cercato una soluzione negoziata del conflitto ucraino.
Hanno fatto pressioni per questa
soluzione nelle trattative con gli Stati Uniti nella primavera del 2014,
subito dopo il colpo di stato di Maidan, ottenendo un apparente accordo
degli Stati Uniti sotto forma della dichiarazione di Ginevra il 17
aprile 2014.
Hanno fatto pressioni per questa
soluzione nelle discussioni con Angela Merkel che hanno avuto inizio con
la prima riunione dei quattro del Gruppo Normandia nel mese di
giugno 2014, che ha portato alla costituzione del Gruppo di contatto e
alla Dichiarazione di Berlino del 3 luglio 2014, che chiedeva un cessate
il fuoco incondizionato.
Hanno dettato i termini del protocollo
di Minsk del settembre 2014, che ha portato la fine del primo ciclo di
combattimenti, e che ha definito un percorso per un accordo di pace.
Hanno anche dettato i termini dell’accordo di Minsk del febbraio 2014, che ora tutti fanno finta di avere seguito.
Sono gli ucraini che – istigati dai loro sostenitori occidentali – hanno ripetutamente cercato la guerra.
Ignorando la Dichiarazione di Ginevra
dell’aprile 2014, in primo luogo hanno cercato di schiacciare la
resistenza con quella che hanno chiamato “operazione antiterrorismo”.
Quando questa è fallita, hanno raddoppiato gli sforzi, lanciando il 30
giugno 2014 un’offensiva militare su vasta scala, che si è conclusa in
un disastro.
Hanno poi rinnegato i termini del
protocollo di Minsk, e hanno lanciato un’altra offensiva nel gennaio
2015.
Quando anche quella si è conclusa in un disastro hanno concordato –
sotto la pressione della Merkel – l’accordo che è stato raggiunto a
Minsk a febbraio 2015.
E così gli europei, invece di agire come
forza di controllo in tutto questo, si sono schierati palesemente,
sostenendo fino in fondo gli ucraini, anche se questi ultimi hanno più
volte rinnegato le promesse che avevano fatto.
Nel luglio del 2014, poco dopo che gli
ucraini avevano iniziato la loro offensiva, gli europei – con la
tragedia dell’MH17 come copertura – hanno imposto sanzioni settoriali
sulla Russia. Nel settembre del 2014, dopo che è stato concordato il
protocollo di Minsk, hanno inasprito ancor di più le sanzioni. Nel
giugno 2015, nonostante gli ucraini avessero rinnegato l’accordo di
Minsk, hanno esteso le sanzioni fino alla fine dell’anno.
Alla luce di questo, dire che sono i
russi a “terminare la loro aggressione” in Ucraina per districarsi da un
“pantano”, non è semplicemente falso; è assurdo.
Patrick Armstrong, uno dei più
perspicaci commentatori di affari russi, aveva previsto all’inizio della
crisi ucraina che (1) l’Ucraina come esisteva nell’estate del 2013 è
finita per sempre; e (2) quando il fallimento della loro avventura in
Ucraina sarebbe divenuto chiaro, i governi occidentali avrebbero
dichiarato vittoria e si sarebbero ritirati.
Ha dimostrato di avere ragione su entrambi i fronti.
Che cosa è accaduto dunque a Parigi una settimana fa?
Il punto di partenza è l’accordo che è stato raggiunto a Minsk nel mese di febbraio.
Tale accordo richiedeva negoziati
diretti tra le due parti per emendare la costituzione ucraina, in modo
da fornire un ampio grado di autonomia alla popolazione del Donbass. Nel
frattempo, fino a quando fossero stati concordati i cambiamenti
costituzionali, le due parti avrebbero dovuto concordare una legge
provvisoria per concedere uno statuto speciale ai territori delle due
repubbliche popolari. Un allegato all’accordo di Minsk definiva i
requisiti minimi che dovevano essere soddisfatti da tale legge.
Gli ucraini hanno rinnegato questo accordo.
Si sono rifiutati di negoziare
direttamente con i leader delle due repubbliche popolari. Non si sono
accordati su una legge che concedesse uno statuto speciale ai territori
delle due repubbliche popolari, e non hanno discusso con loro le
modifiche costituzionali.
Invece hanno cercato unilateralmente di
mettere in atto proposte che di fatto aumentavano, piuttosto che
ridurre, il controllo della presidenza ucraina sulle regioni.
Nei discorsi pubblici Poroshenko è
andato ancora più in là, dicendo che intendeva rimuovere tutti i
riferimenti a uno “statuto speciale” dalla costituzione ucraina,
abolendo uno status giuridico che a Minsk nel mese di febbraio aveva
accettato di concedere ai territori delle due repubbliche popolari.
Allo stesso tempo, gli ucraini
continuano a chiamare “terroristi” i leader delle repubbliche popolari, e
hanno rifiutato di promulgare una legge di amnistia, cosa che pure
avevano accettato di fare.
Anche se l’accordo di Minsk prevede il
disarmo delle varie milizie volontarie che hanno proliferato in Ucraina
dal Colpo di Stato di Maidan (salvo per una forza di sicurezza che
sarebbe stata concessa nelle due repubbliche popolari), non è stato
fatto alcun tentativo di farlo.
Un piccolo gruppo di miliziani, la
cosiddetta forza “Tornado”, è stato disperso – a quanto pare a causa di
un litigio intra-oligarchico tra fazioni.
Agli altri gruppi è stato semplicemente
dato uno status ufficiale per essere formalmente incorporati nelle
strutture di sicurezza dell’Ucraina o – come nel caso di Settore Destro –
sono stati lasciati liberi di scatenarsi come prima.
Invece di mettere in pratica le
disposizioni dell’accordo di Minsk, come era tenuto a fare, il governo
ucraino ha utilizzato la pausa nei combattimenti per ricostruire il suo
esercito attraverso ripetute chiamate di leva. All’inizio del mese di
agosto ha affermato di avere 90.000 uomini sotto le armi.
Tutte le indicazioni indicavano un’offensiva ucraina imminente all’inizio di agosto.
Le armi pesanti che avrebbero dovuto
essere ritirate sono state riportate in prima linea. Il bombardamento
del Donbass ha ripreso in spirito di vendetta (non era mai cessato
completamente). Sono stati lanciati attacchi di sondaggio sulle
posizioni della milizia.
Poroshenko nel frattempo ha fatto discorsi sempre più belligeranti – tra cui uno che parlava di guerra senza fine.
Alla fine, l’offensiva ucraina non è mai avvenuta.
Le ragioni sono due.
In primo luogo, la milizia – che è
cresciuta in modo significativo in forza e organizzazione – non ha avuto
difficoltà a respingere gli attacchi ucraini.
In secondo luogo – e per la prima volta nel conflitto – Merkel ha agito con decisione per impedirla.
A un incontro con Poroshenko alla fine del mese di agosto, gli ha detto di rispettare l’accordo di Minsk, e lo ha messo in guardia dal tentare un’offensiva.
Data la misura in cui l’Ucraina dipende dal sostegno europeo, Poroshenko non ha avuto altra scelta che acconsentire.
Il risultato è stato il periodo più
tranquillo che Donbass ha conosciuto fin dall’inizio del conflitto
nell’aprile del 2014. Anche se avvengono ancora scontri sporadici, i
bombardamenti in gran parte sono cessati, e per la prima volta è
possibile parlare di un vero e proprio cessate il fuoco.
È importante dire che il motivo per cui
Merkel si è adoperata nel mese di agosto per evitare che l’offensiva
ucraina avesse luogo, non è perché si sia improvvisamente convertita
alla causa del Donbass.
È perché Merkel sa che un’altra offensiva ucraina si tradurrà in un’altra sconfitta ucraina.
Questo potrebbe mettere l’intera
esistenza dello Stato ucraino in pericolo, e portare a richieste di una
maggiore escalation da parte dei suoi sostenitori occidentali.
Con la sua politica di sanzioni
visibilmente fallimentare, e l’opinione pubblica tedesca fortemente
contrapposta a richieste di un’ulteriore escalation, questa è una
situazione che Merkel vuole evitare a tutti i costi.
Per quanto riguarda gli ucraini, se la
loro scommessa era che la prospettiva di una sconfitta avrebbe
rafforzato il sostegno occidentale al punto di consegnare loro la
vittoria, allora hanno fatto male i calcoli e hanno perso.
La prova è stata ciò che è accaduto dopo.
Sia in occasione del vertice in agosto che nella riunione dei quattro del Gruppo Normandia a Parigi, gli europei hanno chiarito che Kiev deve aderire all’accordo di Minsk e rispettare rigorosamente i termini.
I suggerimenti ucraini che l’accordo di
Minsk fosse abbandonato e sostituito da un nuovo accordo che rifletta le
loro posizioni sono stati fermamente respinti.
Invece i termini ultimi per lo
svolgimento delle condizioni dell’accordo di Minsk sono stati estesi al
2016, e agli ucraini è stato detto che questa volta devono aderirvi, con
un calendario per la loro attuazione redatto dai francesi, che
porterebbe alle elezioni nelle repubbliche popolari nel marzo 2016 in
base a una legge che concede a DPR e LDR uno statuto speciale, come
originariamente previsto nell’accordo concordato nel febbraio 2015 a
Minsk.
Sinistramente per gli ucraini, nei
commenti fatti dopo la riunione di Parigi e indubbiamente concordati
preventivamente con la Merkel, Hollande ha ripetutamente utilizzato le
parole “statuto speciale” – lo statuto che Poroshenko dice di voler
abolire.
I rapporti delle discussioni private tra
Putin e Merkel a Parigi dicono che Merkel ha convenuto che la Crimea è e
rimarrà russa, e che l’argomento principale non era affatto l’Ucraina,
ma la Siria.
La dinamica dei negoziati di Parigi è dimostrata chiaramente nelle fotografie della riunione plenaria.
Queste mostrano Putin seduto al tavolo
direttamente di fronte a Merkel, affiancato da Lavrov alla sua destra e
alla sua sinistra Hollande – quasi come se Hollande facesse parte del
team negoziale di Putin.
Poroshenko è seduto di fronte a
Hollande, a destra di Merkel, con il ministro degli Esteri tedesco
Steinmeier seduto alla sinistra di Merkel.
È come se Poroshenko fosse stato
relegato a un ruolo nel team negoziale di Merkel, anche se è il destino
del suo Paese ad essere in discussione.
A coloro che dicono che io sto leggendo
troppe cose in questi posti a sedere, la risposta breve è che nelle
trattative diplomatiche la sistemazione dei posti a sedere è
estremamente importante, ed è sempre concordata (a volte dopo lunghe
discussioni) in anticipo.
Se Poroshenko fosse stato destinato ad
avere pari dignità degli altri tre, sarebbe stato usato un tavolo
rotondo o ovale, come è accaduto in precedenza e com’è stato utilizzato
nelle sessioni non plenarie meno formali,
oppure Poroshenko sarebbe stato posizionato proprio di fronte a Putin,
cosa che sarebbe logica, dal momento che questo dovrebbe essere un
conflitto ucraino-russo ed è il destino dell’Ucraina – il Paese guidato
da Poroshenko – che è in discussione.
In tutte le fotografie Poroshenko sembra
infelice e distratto – com’era anche in occasione della sessione
dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite tenutasi poco prima a New
York.
L’aspetto cupo di Poroshenko ha portato
ad alcune storie dispettose sulla stampa russa, che ha scritto che gli
era stato impedito di imbarcarsi su un aereo per Mosca, perché era
ubriaco fradicio. Questo non è certamente vero.
I russi hanno dunque fatto qualche concessione?
Sono stati d’accordo a cancellare le
elezioni locali che le due repubbliche popolari avevano indetto per la
fine di ottobre e l’inizio di novembre.
Queste elezioni erano state indette a
causa del fallimento dell’Ucraina a concordare una legge sullo statuto
speciale come concordato nell’accordo di Minsk. Questa legge doveva
essere seguita da elezioni, le cui condizioni dovevano essere indicate
nella legge.
Dal momento che gli ucraini non hanno
negoziato o concordato i termini della legge – come l’accordo di Minsk
richiedeva loro di fare – i leader delle due repubbliche popolari hanno
detto che sarebbero andati avanti con le elezioni da soli.
Queste elezioni sono state indette dalle repubbliche popolari in accordo con Mosca per mettere sotto pressione gli europei.
Agli europei di fatto è stato detto che
se gli ucraini non avessero rispettato i termini dell’accordo di Minsk e
non avessero concordato con i leader delle repubbliche popolari una
legge per lo statuto speciale dei territori delle loro repubbliche,
allora le repubbliche popolari sarebbero andate per le loro strada,
tenendo elezioni senza fare riferimento a Kiev, e avviando il processo
di secessione dall’Ucraina e di unione con la Russia.
Sono circolate storie di un referendum
in programma nelle repubbliche popolari, sulle linee di quello in Crimea
per la secessione dall’Ucraina e l’unione con la Russia, che hanno
raggiunto il loro scopo.
Dal momento che questo è per gli europei
lo scenario da incubo, che non solo riaccenderebbe l’aspetto
internazionale della crisi – che sono disperati per far finire – ma che
denuncerebbe anche nel modo più umiliante il totale fallimento della
loro politica di sanzioni, hanno risposto accumulando pressioni su
Poroshenko per tornare a quanto concordato a Minsk.
Il risultato è che agli ucraini non solo
è stato detto di fare quello che hanno promesso di fare nel mese di
febbraio a Minsk, ma il fallimento precedente è stato attribuito a loro.
Accettare di rinviare le elezioni nel
Donbass per i russi non è stata affatto una concessione a tutti. Si è
trattato di un gioco diplomatico che ha funzionato.
Mentre gli europei si sono mossi per
chiudere l’aspetto internazionale della crisi ucraina, stanno anche
prendendo provvedimenti per migliorare le loro relazioni con la Russia.
Che sia così è reso evidente dai passi
che gli europei hanno intrapreso per risolvere le due questioni
fondamentali per la Russia: sanzioni e forniture di gas.
A causa della crisi delle esportazioni
tedesche – in particolare prodotti di ingegneria – la comunità
imprenditoriale tedesca ha sempre segnalato il suo desiderio di veder
finire le sanzioni.
L’appello è stato accolto da niente di
meno che il ministro dell’Economia tedesco e vice cancelliere, Sigmar
Gabriel, che è anche il leader del SDP, e che ha senza dubbio
l’ambizione di diventare un giorno cancelliere.
Il sostegno alle sanzioni in Europa si
sta sciogliendo. In Francia sono profondamente impopolari tra la potente
lobby agricola, mentre il governo francese da parte sua ha trovato una
soluzione elegante per la débacle delle Mistral pagando ai russi un rimborso e vendendo le navi con l’accordo della Russia all’Egitto alleato della Russia.
Per quanto riguarda il conflitto del gas, gli sviluppi recenti sono stati ancor più interessanti.
La minaccia che la Russia possa
orientare sempre più le sue forniture di gas lontano dall’Europa ha
provocato costernazione in Germania, la cui industria fa affidamento sul
gas russo.
Il risultato sono stati negoziati per
l’annuncio del gasdotto North Stream 2, che essenzialmente sostituisce South Stream, e riduce l’interesse della Russia nel Turk Stream, che è
quindi in fase di ridimensionamento.
Va da sé che North Stream 2 avrebbe
potuto essere concordato solo con l’approvazione del governo tedesco.
Include uno scambio di beni con cui Gazprom ha finalmente raggiunto la
sua ambizione di acquisire significative proprietà di gasdotti
all’interno della rete europea – cosa a cui gli europei in precedenza
avevano resistito.
Nel frattempo, al fine di garantire il
proprio approvvigionamento attraverso l’Ucraina quest’inverno, gli
europei hanno concordato di fare qualcosa a cui avevano sempre resistito
in precedenza, vale a dire l’accordo a pagare alla Russia il gas per
l’Ucraina.
Era sembrato che gli europei
accettassero tali condizioni lo scorso inverno, con discorsi di una
lettera inviata agli ucraini per garantire che gli europei avrebbero
pagato per le loro importazioni di gas dalla Russia.
Alla fine la lettera non si è mai
materializzata, e gli ucraini sono stati lasciati a pagare il gas e a
cancellare i loro arretrati verso la Russia da soli. Questo ha quasi
esaurito le loro riserve di valuta estera, provocando un crollo della
loro moneta, portando a controlli sui capitali, che sono ancora in
vigore.
Questa volta gli europei hanno fornito
ai russi un protocollo formale, accettando di pagare ai russi 500
milioni di dollari per il gas che questi forniranno all’Ucraina,
eliminando qualsiasi incentivo per l’Ucraina a dirottare il gas
destinato all’Europa.
Questo quasi certamente non sarà
sufficiente, ma stabilisce un principio importante, e significa che gli
europei e i russi stanno ora negoziando direttamente gli uni con gli
altri sulle forniture di gas, con gli ucraini ancora una volta relegati a
un ruolo secondario.
Sono altresì in corso negoziati per risolvere il caso antitrust che la Commissione europea ha proposto contro Gazprom.
Il Financial Times ha cercato
di presentare queste mosse per risolvere i vari conflitti sul gas come
concessioni da parte della Russia e di Gazprom per salvare la propria
posizione nel mercato europeo del gas (come per esempio: “Gazprom cerca la pace dopo una lunga battaglia con Bruxelles“).
Ancora una volta, questo è un totale rovesciamento della realtà..
L’accordo della Germania sul North
Stream 2, che aumenta la dipendenza dell’Europa dal gas russo, è una
vittoria per la Russia, non una sconfitta.
Fa avvicinare il giorno in cui
l’Ucraina perderà definitivamente la sua posizione di stato di transito
del gas, un fatto di cui gli ucraini sono pienamente consapevoli, come
dimostra il modo in cui hanno denunciato con rabbia North Stream 2 come
un “tradimento”.
La proposta che gli europei paghino i
costi per il gas dell’Ucraina è stata fatta più volte dai russi fin
dalla prima guerra russo-ucraina del gas nel 2006. Sono gli europei che
vi hanno fatto resistenza.
Non ci sono prove che i russi abbiano fatto concessioni sostanziali in cambio.
È importante sottolineare che il Financial Times
ha omesso di menzionare la più grande singola concessione che gli
europei hanno fatto: il loro accordo a pagare ai russi i costi del gas
dell’Ucraina.
Per quanto riguarda il problema in cui il Financial Times
sostiene che Gazprom stia facendo concessioni – la sua presunta
“insistenza dogmatica” nel collegare i prezzi del gas a quelli del
petrolio – il collegamento è fatto dal mercato, non da Gazprom, a causa
del peso del prezzo del petrolio nel determinare la prezzo dei prodotti
energetici come il gas, e niente di ciò che la Commissione europea o
Gazprom fingono di concordare l’una con l’altra cambierà tale
collegamento. La realtà comunque è che è improbabile che Gazprom abbia
effettivamente fatto concessioni importanti su questo tema.
Qui, ancora una volta vediamo un altro
esempio di come la previsione di Patrick Armstrong si stia avverando:
l’Occidente batte in ritirata, proprio nello stesso tempo in cui i suoi
media dichiarano vittoria.
Non è tutto rose e fiori. Gli ucraini
hanno distrutto con successo il tentativo europeo e russo di rinegoziare
l’accordo di associazione.
Lo hanno fatto imponendo un enorme
numero di sanzioni contro le imprese russe, essenzialmente chiudendo
l’Ucraina alle compagnie russe, e terminando i legami commerciali tra i
due Paesi.
Che lo scopo delle sanzioni ucraine
fosse quello di uccidere la rinegoziazione dell’accordo di associazione è
stato sottolineato dal ministro russo dell’Economia Ulyukaev, anche se è
un dato di fatto che sia passato inosservato.
La risposta di un cinico è che, poiché
gli europei non sono più interessati all’Ucraina, non si preoccupano più
di aiutare l’economia dell’Ucraina preservando il suo accesso al
mercato russo, mentre i russi hanno realizzato da qualche tempo che
conservare i loro rapporti commerciali con l’Ucraina è impossibile
fintanto che l’attuale governo rimane al potere.
Dal momento che entrambe le parti stanno
lavorando per rimuovere l’Ucraina come questione di contesa tra loro,
con gli europei che abbandonano il loro gioco geopolitico di annettere
l’Ucraina all’Occidente, l’accordo di associazione ha perso la sua
rilevanza, e il popolo ucraino una volta di più è stato lasciato a
pagarne il prezzo, mentre l’economia del loro Paese perde la sua
posizione privilegiata nel mercato russo.
Forse non è un caso che, appena è
successo questo, le agenzie di rating del credito, nonostante il recente
accordo di ristrutturazione del debito, hanno declassato l’Ucraina a
uno stato di default tecnico, chiudendole di fatto l’accesso ai mercati
dei capitali.
Mentre si adottano misure per riportare
un equilibrio nelle relazioni dell’Europa con la Russia, le
dichiarazioni che chiedono un riavvicinamento provengono da entrambi i
lati.
La prima è stato la richiesta di revoca delle sanzioni da parte del vice cancelliere tedesco Sigmar Gabriel.
Questa è stata seguita da un appello
dall’ex presidente sovietico Gorbaciov – fatto quasi certamente con
l’accordo del governo russo – a un’alleanza russo-tedesca. Le autorità
russe sanno che Gorbaciov è ancora popolare in Germania, e a volte lo
usano per fare tali appelli.
L’appello più chiaro di tutti è venuto
però da una parte inaspettata, dal presidente della Commissione europea,
Jean-Claude Juncker. Il 9 ottobre 2015 diceva:
“Dobbiamo fare sforzi per un rapporto pratico con la Russia. Non è sexy ma deve essere così, non possiamo andare avanti in questo modo… La Russia deve essere trattata decentemente …Non possiamo lasciare che il nostro rapporto con la Russia sia dettato da Washington”.
Non solo è un invito ad un
riavvicinamento con la Russia. È la critica più forte e più pubblica
della politica anti-russa di Washington fatta da un alto funzionario
europeo fino a oggi.
In sintesi, i segni che l’aspetto
internazionale della crisi ucraina stia terminando – che ancora in
primavera sembravano appena un abbozzo – ora sono inconfondibili.
Ora ci vorrebbe un enorme sforzo da
parte dei falchi di Washington per ribaltare tutto questo, e così
facendo si rischierebbe una grave crisi nelle relazioni tra Europa e
Stati Uniti.
Un ulteriore disgelo nelle relazioni, e
una probabile revoca delle sanzioni a un certo punto nei prossimi mesi,
ora sembra una certezza virtuale.
In cambio i russi non hanno concesso
nulla, e sembrano destinati a raggiungere i loro obiettivi in Ucraina:
autonomia per la popolazione del Donbass insieme con l’esclusione
dell’Ucraina da NATO e UE.
Nel dire questo tuttavia è importante ribadire un punto che abbiamo spiegato prima.
La fine dell’aspetto internazionale della crisi in Ucraina non significa la fine della crisi in Ucraina.
Lì le cose continuano ad andare di male in peggio.
La situazione economica continua a
peggiorare, con il FMI che ha degradato le sue previsioni per l’Ucraina,
e ha predetto per quest’anno una recessione ancora peggiore di quanto
non avesse previsto prima.
Rimane una certezza virtuale che l’Ucraina andrà in default in dicembre sul suo debito di 3 miliardi di dollari con la Russia.
Non ci sono prove – e nessuna
possibilità – che i sostenitori della linea dura del movimento di Maidan
possano mai riconciliarsi con l’accordo di Minsk, o che siano d’accordo
a concedere ai territori delle due repubbliche popolari il tipo di
autonomia che prevede l’accordo di Minsk.
La popolarità del governo continua a
precipitare, e lo scontro con Settore Destro mostra la sua presa incerta
sulla situazione interna.
Se l’aspetto internazionale della crisi ucraina sta volgendo al termine, la crisi interna è appena iniziata.
*****
Articolo di Alexander Mercouris pubblicato su Russia Insider il 12 Ottobre 2015.
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