Inutile negarlo: Papa Bergoglio è riuscito a sedurre almeno per cinque secondi anche il più accanito anticlericale. Sarà perché chiunque avrebbe potuto battere in empatia Papa Ratzinger, sta di fatto che la figura di Bergoglio, con le sue scelte estetiche low profile e il carisma, è stata immediatamente salutata come portatrice di cambiamento praticamente da chiunque.
Nella famosa intervista
pubblicata a
settembre del 2013 su
Civiltà Cattolica, Bergoglio evocava l'immagine
della Chiesa come "ospedale da campo" e predicava misericordia per gay e
divorziati, fino ad ammettere di non essere "mai stato di destra" e
invocare riforme urgenti—la prima delle quali "quella
dell'atteggiamento."
Queste dichiarazioni
effettivamente senza precedenti nella storia del clero fecero guadagnare al
Pontefice una centralità nei media di tutto il mondo, oltre che l'appoggio di politici,
intellettuali,
personaggi del mondo dello spettacolo e laici, suggerendo ai governi del mondo tematiche che tradizionalmente la Chiesa non sembrava contemplare. L'apice di questa tendenza è
rappresentato forse dalla cover del
Time che lo elesse personaggio dell'anno, colui che—secondo la
direttrice Gibbs—"in meno di un anno [...] ha fatto una cosa notevole:
non ha cambiato solo
le parole, ha cambiato la musica."
Non c'è che dire, un duro colpo
per tutti quelli che, come chi scrive, ritengono le religioni un fatto umano scientificamente riconducibile a lacune
intellettive e culturali. Ma al di là delle
personali convinzioni spirituali è legittimo chiedersi se questo pontefice
rappresenti una reale inversione di tendenza rispetto ai gravissimi scandali
(sessuali, finanziari e politici) del Vaticano. Oppure, se dietro alle mosse
da entertainer, l'immagine coordinata sbarazzina e il
relativo
merchandising, questo papato non sia l'incarnazione seducente di tutta l'ambiguità del
cattolicesimo.
Tali contraddizioni, zone grigie,
atteggiamenti schizofrenici e paraculate si sono particolarmente acuite negli ultimi mesi, in
un'escalation dettata dalla frenetica agenda del pontefice: dalla sua tournée
statunitense al pressing sulla politica italiana ed estera in vista del
Sinodo della Famiglia,
alle "mani sulla città" per il
Giubileo Straordinario
voluto da Bergoglio. Ma
vediamo più da vicino alcune di queste contraddizioni.
LE AMERICHE E IL
COMUNISMO
Nell'ultimo anno Papa Francesco
ha visitato incessantemente le Americhe, e amplificate dai media di tutto il
mondo, le sue esclamazioni ogni volta vengono riportate come"rivoluzionarie". Al parlamento degli Stati Uniti
lo scorso 23 settembre
dichiarava: "Noi, gente di questo continente,
non abbiamo paura degli stranieri,
perché molti di noi una volta erano stranieri."
Vero.
Peccato però che nemmeno una
settimana dopo questa dichiarazione che fece commuovere
tutti i
Bergoglio's enthusiasts,
e costretto i vari capi di stato a fingere per qualche ora di riconsiderare più sensibilmente il problema della
migrazione, Papa Bergoglio canonizzava il missionario spagnolo
Junipero Serra. Che proprio in California attuò un vero e proprio
genocidio umano e culturale di
nativi americani a partire dal 1769, costringendo gli indiani alla conversione
forzata, vestendoli con uniformi blu e impiegandoli nelle
missioni come schiavi fino a cancellare la loro
identità culturale.
Lo scorso luglio, in Bolivia, Bergoglio si scagliò contro il capitalismo,
definendo il denaro come "sterco del demonio." Ecco, questo aspetto
narrativo che accompagna Papa Bergoglio, che più volte è stato definito come un
papa di sinistra, "francescanamente" vicino ai poveri, è
una delle più grandi operazioni di camouflage compiute sul pontefice.
In uno dei tanti scambi
di cortesie tra governanti, Papa Francesco in visita in Bolivia ha
ricevuto dalle mani del premier Evo Morales un bizzarro crocifisso a forma di falce e martello,
forse uno degli oggetti più raccapriccianti della storia. L'orrore nello sguardo del papa ha segnato uno dei
momenti più comici della carriera del pontefice, eppure anche quel
momento è stato trasformato in un'arrampicata sugli specchi per ricondurre il dono alla
figura di Luis Espinal Camps, missionario e intellettuale gesuita che ideò quel
crocifisso marxista proprio in Bolivia, dove fu
assassinato nel 1980 dalle squadre della morte dell'ex-dittatore Luis García Meza Tejada.
Se da un
lato il racconto mediatico di Bergoglio sembra costellato di "aperture"
politiche verso storiche contrapposizioni politiche e culturali della Chiesa, come nel
recente incontro con Fidel Castro (ormai talmente rimbambito da ventilare una conversione al cattolicesimo), le azioni politiche del pontefice
dimostrano una realtà ben diversa. Sempre per restare in Sud America, da più di un mese in Cile hanno preso corpo le accuse
verso Papa Bergoglio per le sue dichiarazioni in spagnolo in riferimento a una precisa udienza in Vaticano del maggio
scorso. Bergoglio ha difeso, con parole insofferenti verso i reporter, la nomina
del cileno Juan Barros Madrid in qualità di vescovo di Osorno. Le accuse non
vertono tanto sul fatto che Barros Madrid sia stato il monsignore che
officiò privatamente i funerali del dittatore cileno Augusto Pinochet, ma sull'insabbiamento delle attività del prete pedofilo e amico Fernando Karadima.
Nonostante
molti fedeli cileni
abbiano denunciato anche attraverso una rappresentanza di una
ventina di parlamentari la questione a Papa Bergoglio, questo ha
risposto ai giornalisti dicendo che la Chiesa "ha perso la sua
libertà, lasciandosi riempire la testa dai politici e accusando un vescovo
senza avere nessuna prova" e "pensate con la testa e non vi lasciate prendere
per il naso da tutti i sinistrorsi che hanno messo in piedi questa cosa." Fin dai primi momenti del suo
insediamento, del resto, Bergoglio
si è impiegato anche per mitizzare la figura di Carol Wojtyla, il papa più ferocemente anticomunista della storia (tanto da appoggiare
dittature di destra) e tragicamente legato all'aspra battaglia verso l'uso dei
preservativi nel momento storico di massima pandemia da AIDS.
IL CASO DAVIS,
MATRIMONI GAY E GENDER
Il caso Davis
fornisce un altro spunto importante per capire questa schizofrenia. Kim
Davis è la cinquantenne funzionaria della contea di Rowan nel
Kentucky, finita in carcere lo scorso settembre per essersi rifiutata di
applicare la legge sull'ufficializzazione di alcuni matrimoni tra membri
dello
stesso sesso
dopo la storica sentenza. In quanto funzionario la Davis ha continuato a
respingere l'ordine della corte suprema e a negare la licenza di matrimonio
replicando come un disco rotto che le sue azioni rispondevano soltanto
"all'autorità divina."
Kim Davis.
Se il caso fosse
finito qui ce ne saremmo dimenticati subito, liquidando la funzionaria come
una delle tante invasate redneck che popolano la cosiddetta
Bible Belt. E
invece è proprio la visita pastorale di Bergoglio negli Stati Uniti a dare
nuova vita a questa triste storia, perché in un meeting privato all'ambasciata
Vaticana a Washington il Papa ha incontrato alcune persone, tra cui Kim Davis. Non appena i media americani sono
venuti a conoscenza dell'incontro hanno iniziato a porre interrogativi sulle
motivazioni e l'opportunità spirituale e politica di quella visita
privata,
tentando ricostruzioni verosimili, tra dichiarazioni della donna e
smentite del Vaticano.
Il portavoce ha minimizzato dicendo che Papa Bergoglio incontra tutti, senza pregiudizi. Eppure, nel suo recente viaggio a Cuba il pontefice negò questa possibilità ai dissidenti del governo, che probabilmente sarebbero stati più importanti sul piano simbolico dell'incontro con una funzionaria del Kentucky che ha negato nell'esercizio delle sue funzioni i diritti civili ad altri cittadini.
Il caso Davis è anche
un ottimo esempio per capire come funziona la macchina mediatica di Bergoglio,
e in questo senso è importante fare attenzione alla cronologia degli eventi. Come accennato sopra
il caso Davis ha immediatamente suscitato indignazione oltreoceano, sui media e
grazie anche alla voce di rappresentanti della cultura e del mondo LGBT. Nel nostro paese il fatto è stato pressoché
totalmente ignorato dai media tradizionali e tardivamente pubblicato quando,
grazie anche al clamoroso
coming out del prete e teologo polacco Krzysztof Charamsa
non si è resa necessaria una reazione da parte del Vaticano.
È qui che Papa
Bergoglio, alla mago Silvan, ha prontamente tirato fuori dal cilindro un
coniglio bianco. Due in realtà;
una coppia di uomini gay, Yayo Grassi e il suo partner Iwan Bagus. Il primo è un amico argentino ed ex
studente del Pontefice, che ha dichiarato alla CNN di aver personalmente preso
accordi con Bergoglio via mail per fissare questo incontro privato a Washington.
Attenzione però, perché a questo punto è importante rileggere le dichiarazioni
del portavoce del pontefice che, nel pieno della bufera del caso Davis, per
smarcare il Papa dalla responsabilità di quell'incontro disse in una nota
ufficiale:
"L'unica 'udienza' concessa dal
Papa presso la Nunziatura è stata ad un suo antico alunno con la sua famiglia."
Questa dichiarazione è stata
rilasciata ovviamente prima della rivelazione che tale famiglia fosse
omosessuale, creando un paradosso e alimentando le ambiguità di
questo papato su apparenti aperture subito accompagnate da rocambolesche
inversioni a U.
Non sono tra i fan
di Krzysztof Charamsa, né del suo coming out. È sintomatica però la reazione immediata del Vaticano, che ha
istantaneamente condannato Charamsa e lo ha sollevato dai suoi incarichi. È
importante sottolineare questo fatto perché lo stesso Vaticano è diversamente
tollerante: garantista con chi, tra i suoi funzionari e rappresentanti, si è
macchiato di crimini reali oppure ha rilasciato dichiarazioni deprecabili dalla
giustificazione del femminicidio a quello della pedofilia, fino alla comparazione tra omosessualità e ISIS. In questi casi, chi ha pronunciato tali frasi non ha subito sostanziali sanzioni da parte della chiesa.
Se queste e molte
altre esternazioni vengono poi sminuite dai media, ridimensionate a
semplici misunderstanding e comunque non appoggiate come posizione ufficiale
dal Vaticano, è bene ricordare che le parole del Pontefice non sono
meno terroristiche, come quando lo scorso febbraio
equiparò la richiesta di diritti per gli individui transgender alle armi nucleari, sostanzialmente negando con questa formula il diritto
di esistere a ogni transessuale.
Dopo tali dichiarazioni
viene da domandarsi come la società civile e soprattutto gli esponenti
del
mondo della cultura e dello spettacolo possano continuare a dirsi fan
entusiasti del Pontefice. Due esempi: la cantante Madonna, la quale gli
ha addirittura dedicato un brano del suo concerto di Filadelfia
dello scorso settembre,
sostenendo che Bergoglio è un Papa open-minded che va contro le regole, e
il secondo ancor più recente con lo stilista Riccardo Tisci, che in uno degli
ultimi numeri di
Marie Claire Italia ha
espresso il desiderio di voler vestire Papa Francesco. Un fatto strano
per il designer italiano, che oltre per il suo
indiscutibile talento si è affermato mediaticamente anche per aver promosso attraverso sfilate e campagne
modelle transgender.
Dov'è finito dunque il Papa del dialogo,
rivoluzionario, millennial e al passo con i tempi? Non è mai esistito. E
bisogna a questo punto registrare come
proprio il mondo omosessuale è stato il primo ad abboccare all'esca
prendendo superficialmente uno dei primissimi statement di Bergoglio—la
sua famosa dichiarazione
"Chi sono io per
giudicare un gay che vuole avvicinarsi a Dio"—come uno dei tanti
specchietti per allodole che costellano il suo
papato.
La questione sessuale, il gender e i matrimoni
gay continuano a essere l'ossessione principale del mondo cattolico.
Ancora oggi la posizione ufficiale della chiesa è di considerare
l'omosessualità come l'
espressione di un disordine morale intrinseco,
quando la scienza da più di 30 anni sostiene altrimenti. E se in
paesi molto cattolici come la Spagna, il diritto alle unioni omosessuali è
realtà già da tempo, in Italia
l'azione intimidatoria
del Vaticano trova un interlocutore perfetto con la politica nostrana.
BERGOGLIO E LA
POLITICA
Negli ultimi giorni
abbiamo assistito a uno dei più clamorosi casi d'interferenza da parte del
Vaticano nella politica italiana. Come è ormai noto, sul volo di ritorno dal suo
viaggio negli Stati Uniti Bergoglio ha risposto alla domanda di un giornalista sulla presenza
del sindaco di Roma Ignazio Marino alla sua conferenza di Filadelfia, scaricato senza alcuna diplomazia.
Lungi da me
tratteggiare qualsiasi teoria complottistica, ma appare evidente l'insofferenza
del Vaticano verso questa amministrazione, in parte da ricondursi alle posizioni di
apertura "reale" di Marino alla coppie omosessuali.
Di recente, a poche ore dalla definizione del Sinodo come "non un
Parlamento, ma un'espressione ecclesiale che legge la realtà con il cuore," Bergoglio e tutto il potenziale
bellico degli organi d'informazione vaticana avevano del resto manifestato il desiderio di
una
"svolta politica" per la città di Roma, dopo aver appoggiato la precedente amministrazione romana
del sindaco Alemanno. E ancora: ci sono articoli come quello
dell'Osservatore Romano, che così descrive Roma: "La capitale,
a meno di due mesi dall'inizio del Giubileo, ha la certezza solo delle proprie
macerie."
Non male, visto che
una buona porzione degli immobili di Roma appartiene al Vaticano, che non paga alcuna IMU.
Prendendo per vere e ponderate
tutte queste critiche al comune di Roma, appare ancora più sconsiderato e
irresponsabile il
coup de théâtre del Giubileo Straordinario—un evento che prevede
di attrarre 25 milioni di persone senza essere stato adeguatamente
concertato con
lo stato e la città che ospita il Vaticano.
Tutte queste
contraddizioni, finte aperture e paradossi sono i sintomi inequivocabili
di
un'istituzione che ha pensato di rispondere ai propri scandali
interni e alla crisi di fedeli nel mondo non con una vera riflessione
sull'identità e sulla missione della Chiesa in questo millennio, ma con
un'operazione di rebranding che trova in Papa Francesco il testimonial
ideale.
L'ultimo esempio risale a poche ore fa, quando Bergoglio ha nuovamente accentrato
l'attenzione dei media
pronunciando pubblicamente queste parole: "Oggi, in nome della Chiesa, io vi chiedo
perdono per gli scandali che sono accaduti recentemente sia a Roma che in
Vaticano."
Fare ammenda davanti alla solita folla di fedeli che suggella con
un applauso scrosciante il "perdono" mediatico è uno dei trucchi più collaudati
del Papa, che non entra mai nel merito di quali scandali.
Il solito portavoce Federico Lombardi ha poi dovuto tergiversare
sulle parole del Papa, non chiarendo quali fatti il Papa volesse espiare, ma semplicemente
spiegando il desiderio di Francesco di "voler raggiungere la gente comune, turbata e
addolorata quando legge degli scandali causati dalla Chiesa e dai suoi uomini."
Eppure, gli
scandali dai contorni precisi non mancano. Il più recente è
il caso scoppiato attorno alla nomina del nuovo ambasciatore francese presso la Santa Sede, il cattolico Laurent Stefanini, che il Vaticano non vuole
accettare perché gay dichiarato.
Messi tutti insieme, questi elementi insegnano una cosa soltanto: a queste ingerenze di una monarchia assoluta quale quella del Vaticano non si può rispondere sul piano astratto della spiritualità e dell'etica, ma su quello concreto delle leggi che governano gli stati democratici.
Riccardo Conti
Segui Riccardo su Twitter
Nessun commento:
Posta un commento