venerdì 1 aprile 2016

La Fine del Mondo Secondo il Bilderberg (Strategie Trends 07-36)


L'anno è il 2015. È un'epoca di grande innovazione e progresso tecnologico, e contemporaneamente è anche un tempo di caos e di cospirazioni: un'era di collasso finanziario che attraversa il mondo, di popoli allontanati dalle proprie terre di origine, nonché di ricchi che diventano sempre più ricchi, più potenti e persino più temuti giorno dopo giorno. Nel 2015 i grandi colossi finanziari del pianeta hanno ormai più potere degli stessi governi nazionali. Questi conglomerati hanno messo sul lastrico i governi e li hanno in tal modo asserviti ai loro interessi. La fase finale del processo di fusione che porterà alla nascita definiva della 'società per azioni del mondo unico' è già innanzi a noi.

«L'era dorata dell'energia a basso costo è ormai storia vecchia. La competizione per le risorse energetiche» domina la scena economica. Il peggioramento delle condizioni ambientali, l'uso sempre più frequente delle coltivazioni intensive e il ritmo dell'urbanizzazione hanno via via ridotto la fertilità delle terre coltivabili. La carenza di cibo è alla radice degli spostamenti di massa di popolazioni su scala globale. Si registra una grave scarsità di risorse idriche in alcune delle aree più popolate del mondo, come India, Cina e Pakistan, il che contribuisce a scatenare  frizioni (da cui a loro volta vengono provocate azioni militari e spostamenti di popolazione su larga scala) in regioni dall'equilibrio già fragile in partenza.

L'umanità è in pericolo. Un cambiamento, a questo punto, appare necessario. Non siamo ancora alla fine del mondo, ma possiamo intravederla dal punto in cui ci troviamo ora. Potete sentirla nell'aria e toccarla con la punta delle vostre dita.

Quale futuro ci aspetta? Cosa accadrà domani? Tra un anno? Nella prossima generazione? Diverse ricerche governative con il massimo livello di riservatezza, tanto negli Stati Uniti quanto in Gran Bretagna, dipingono un futuro a tinte fosche: nell'arco dei prossimi venticinque anni il mondo si tramuterà in una distopia orwelliana, in cui ristrette élite prospereranno alle spalle di una popolazione ridotta sempre più alla fame.

«I concetti di democrazia e libertà saranno scomparsi, rimpiazzati da una dittatura ad alta tecnologia fondata sulla sorveglianza, il controllo e il lavaggio del cervello da parte dei mass media, sulla repressione poliziesca e su una rigidissima separazione tra i diversi ceti della società. La grande maggioranza degli individui vivrà in condizioni paragonabili a quelle del Terzo Mondo e sarà sottoposta al pericolo costante» di povertà, carestia, malattie e sterminio fisico»

Giunti al 2015, l'oligarchia globalista vede a portata di mano la possibilità di far precipitare l'umanità intera in una nuova 'epoca oscura' manipolando scientemente la teoria evoluzionistica a sfondo razziale elaborata da Darwin, fondata sulla selezione naturale ('la sopravvivenza del più forte'), che ha inoltre disinvoltamente applicato ai principi sociali andando a creare il cosiddetto 'darwinismo sociale'.

Ai più ciò potrebbe apparire come un film di fantascienza hollywoodiano ambientato in un fosco futuro, eppure vi posso assicurare che è tutto concreto. Anzi, accade già attorno a noi.

Strategie Trends 2007-2036.
Queste sono le conclusioni a cui è giunto un rapporto commissionato dalle autorità britanniche. Nel dicembre del 2006, infatti, il ministero della Difesa del Regno Unito ha redatto nel massimo riserbo un documento in cui si delineava l'evoluzione futura del genere umano. Tale studio è a sua volta frutto di alcuni riservatissimi scambi di vedute avvenuti in coda alla conferenza del Bilderberg del 2005, svoltasi presso l'albergo Dornit Sofitel Uberfahrt di Rottach-Egern (Germania). Il gruppo di studio fu selezionato dal comitato direttivo del Bilderberg nel gennaio del 2005, ben prima dello svolgimento della conferenza vera e propria (cominciata il 5 maggio e protrattasi per tre giorni e mezzo).

Il pomeriggio dell'8 maggio, appena la maggior parte dei convitati lasciò l'incontro, un ristretto e selezionato gruppo di membri del Bilderberg si ritirò nell'esclusivo castello di Ringberg, affacciato sul lago di Tegernsee ai piedi delle Alpi Bavaresi. Il palazzo era stato voluto dal duca Leopoldo di Baviera, membro della casata dei Wittelsbach, la quale governò la Baviera per ottocento anni.

Cinque mesi prima, nel gennaio del 2005, nell'ambito di un incontro di preselezione del Bilderberg, ai delegati nazionali fu chiesto (con un accordo di massima segretezza) di assemblare un gruppo di ricerca e preparare dei rapporti dettagliati incentrati su densità di popolazione, disponibilità delle risorse naturali, prevenzione del conflitto, questioni economiche e così via. Le conclusioni di tale rapporto furono ulteriormente approfondite nel corso degli incontri riservati del 9 e 10 maggio presso il castello di Ringberg, unitamente a quelle della conferenza tenutasi qualche giorno prima.

Nessuno era a conoscenza dello svolgimento di quest'evento (tenutosi, quindi, separatamente dalla conferenza ufficiale), eccetto il comitato direttivo del Bilderberg e un gruppo selezionato dei membri più influenti dell'organizzazione. Quest'incontro avrebbe delineato il futuro dell'umanità e i suoi obiettivi erano definibili addirittura come 'prometeici.'

Tra gli individui selezionati figuravano i più alti papaveri dell'elite del Bilderberg: Etienne Davignon, per lungo tempo a capo dell'organizzazione, nonché vicepresidente di Suez-Tractebe; Francisco Finto Balsemào, ex primo ministro portoghese e una delle figure più potenti nell'ambito delle manovre politiche sopranazionali; David Rockefeller (uomo che non ha bisogno di alcuna presentazione); Timothy F. Geithner, a quel tempo alla presidenza della Federai Reserve Bank di New York e più tardi segretario al Tesoro nel primo mandato di Obama; Richard N. Haass, presidente del potente think tank statunitense noto come Council on Foreign Relations; Victor Halberstadt, professore di Economia all'U­niversità di Leiden ed ex presidente del Bilderberg; Allan B. Hubbard, assistente in Politica economica di George W. Bush e direttore del Consi­glio economico nazionale; James L. Jones, comandante dello SHAPE (Su­preme Headquarters AUied Powers Europe, Quartier generale supremo delle potenze alleate in Europa); Henry Kissinger; Henry R. Kravis, socio fondatore della Kohlberg Kravis Roberts & Co., in compagnia di sua moglie Marie-Josée Kravis, membro associato dell'Hudson Institute; la regina Beatrice dei Paesi Bassi; Matìas Rodriguez Inciarte, vicepresidente esecutivo del Gruppo Santander, in qualità di rappresentante degli interessi della famiglia Botin; Peter D. Sutherland, presidente di Gold­man Sachs e British Petroleum; Jean-Claude Trichet, governatore della BCE (Banca centrale europea); Jacob Wallenberg, esponente della più potente famiglia di Svezia; James D. Wolfensohn, presidente della Banca mondiale, e Paul Wolfowitz, che era al tempo il suo successore già designato.

Questo gruppo di uomini e donne si è riunito per decidere niente di più e niente di meno che il futuro dell'umanità. Quanto venne deliberato dietro ai cancelli chiusi del castello di Ringberg sarebbe poi divenuto, un paio di anni più tardi, la base fondante del rapporto più ambizioso mai stilato nella storia umana. Strategie Trends 2007-2036 è un rapporto di 91 pagine che, usando il governo britannico come punto di partenza poi da rimuovere o sostituire, funge da modello per le strategie nazionali future del Regno Unito attraverso le analisi dei fattori di rischio principali e le crisi che nel futuro andranno a riguardare diversi settori e mercati, come quello finanziario, economico, politico, demografico e tecnologico in tutto il mondo. Il punto più rilevante del rapporto si concentra su un'analisi multidimensionale del quadro futuro delle politiche di difesa nell'arco di una generazione. Lo studio Strategie Trends rappresenta la vera e propria spina dorsale della politica difensiva del Regno Unito.

Il futuro, stando a quanto riferito nel rapporto,

«...è connotato da un numero sconcertante di variabili correlate tra loro».

Nell'anno 2015 si stima che più del 50% della popolazione mondiale viva in ambienti urbani, anziché rurali. II documento recita:

«Si assisterà a una crescita sostanziale delle baraccopoli e di quartieri cittadini nati senza pianificazione, andando in questa maniera a incrementare il dispendio di risorse e l'impatto ambientale».

Degrado urbano, infrastrutture scadenti, emarginazione di ampie fasce di popolazione visibile a occhio nudo, vari livelli di povertà e un generale senso di sfiducia cresceranno, con il passare del tempo, fino ad assumere l'aspetto di questioni politiche di notevole importanza

«...fondate su istanze di giustizia morale che scavalcano i confini nazionali, compreso un attivismo di matrice violenta di diversità e impatto variabili».

Il rapporto sostiene esplicitamente che

«in tutte le società, a eccezione di quelle più ricche, la maggior parte dell'umanità continuerà a sperimentare avversità... e la povertà assoluta continuerà a essere una sfida globale»*.

E si spinge anche oltre, identificando le minacce militari potenziali del futuro e concentrandosi in particolare sugli sviluppi in aree destinate a modellare il più ampio contesto strategico, in cui la Difesa si troverà a dover interagire. Un tema chiave del documento riguarda la quantità di popolazione e le risorse disponibili sulla Terra.

Si paventa, con parole nette

«...un rischio maggiore di catastrofi umanitarie, causato da un insieme di fattori come il cambiamento climatico, la carenza delle risorse naturali, l'iniqua distribuzione della ricchezza, lo scoppio di epidemie e il fallimento delle autorità nella gestione della crescita della popolazione e del fenomeno dell'urbanizzazione».

Nell'arco di una sola generazione, tra il 2007 e il 2036, il boom della popolazione mondiale porterà a un incremento di persone da 7 a quasi 10 miliardi; il 98% di questa crescita su scala mondiale riguarderà i Paesi meno sviluppati. Si stima che nel 2036 i due terzi circa della popolazione mondiale vivranno in aree con accesso limitato a fonti idriche.

La carenza di cibo, di acqua, di medicinali, di condizioni igieniche adeguate e di beni necessari di primaria importanza potrebbe portare a una situazione di collasso. Lo studio sostiene esplicitamente, senza mezze parole, che

«...il divario in costante crescita tra la maggioranza della popolazione e un ristretto numero di super-ricchi altamente esposti in pubblico rappresenta, con ogni probabilità, un pericolo per l'ordine e la stabilità sociale. Di fronte a queste sfide, le fasce non garantite della popolazione mondiale potrebbero unirsi tra loro, sfruttando l'accesso alle fonti di conoscenza e a risorse e abilità utili, per dare vita a processi transnazionali, onde tutelare i propri interessi particolari».

Il risultato di un crescente senso di disperazione diffuso in tutto il mondo porterà a

«...guerra civile, violenza tra diverse comunità, insorgenze di vario genere, criminalità diffusa e disordine generalizzato».

A fronte di una spirale di caduta infernale verso il basso dei mercati finanziari e di un collasso economico su scala globale, lo studio predice

«...uno sconvolgimento dei prezzi di grande impatto, provocato da un picco nei prodotti energetici oppure da una serie di carestie alimentari»

da cui potrebbe

«...essere messo in moto un effetto domino tale da causare un crollo dei mercati di primaria importanza a livello internazionale, che potrebbe riguardare diversi settori».

Gli effetti di una simile implosione, ripercuotendosi lungo l’intera filiera dell’economia globalizzata, potrebbero a loro volta portare al crollo del sistema politico internazionale e alla caduta definitiva dell’economia mondiale.

Tutto ciò significa che l’intera umanità è in pericolo?
Ebbene, no.
Questo perché, anche in caso di «erosione delle libertà civili fondamentali» i super-ricchi saranno protetti attraverso «nuove scoperte tecnologiche e strette misure di sorveglianza». Unite a

«banche dati di controllo invadenti, altamente efficaci e accessibili, la nascita di una cosiddetta “società del controllo” andrà a mettere progressivamente in discussione le conquiste consolidate sulla riservatezza dei dati privati dei singoli individui, con conseguenti effetti in tema di libertà civili e diritti umani».

Con la fine degli Stati nazionali così come li conosciamo e l’emergere di grandi blocchi economici interconnessi gli uni con gli altri dal mercato globale, ai Paesi indipendenti «si sostituiranno le mega-città».

Il rapporto definisce una mega-città come «un vasto ambiente urbano sorto in una regione in via di sviluppo», che può contare su una popolazione base di oltre 20 milioni di abitanti.

A causa di enormi migrazioni di popolazione, le città finiranno per espandersi fino a proporzioni inimmaginabili

«...che andranno ad alimentare situazioni già presenti di sacche endemiche di illegalità ed elevati livelli di violenza».

Le mega-città, presumibilmente, si riveleranno incapaci di gestire un simile afflusso di popolazione e

«...falliranno prima del 2035. Gli effetti saranno equivalenti… ai fallimenti degli Stati, che anzi quello delle città potrebbe a sua volta favorire».

Data la lezione di alcune recenti esperienze registrate negli USA, è plausibile che una stabilizzazione manu militari di una metropoli debba rendere necessaria l’applicazione della legge marziale o, come il rapporto cerca di far passare in modo ingannevole,

«...un approccio completo, che preveda la collaborazione tra diverse agenzie di sicurezza, competenze specialistiche e un continuo impegno operativo».

L’innovazione tecnologica e lo strapotere della tecnica faranno sì che le guerre vengano combattute non più tra gli Stati, ma sotto forma di

«...conflitto endemico in teatri urbani di tipo asimmetrico contro avversari che possono contare su elevate capacità di sopravvivenza in un simile ambiente e con capacità di combattimento».

Queste vengono definite turbolenze sociali.

La Turbolenza Sociale.
Eric Trist e Frederick Emery, eminenti psicologi, hanno formulato una teoria della turbolenza sociale per una “riduzione del danno degli effetti delle crisi future”; sostanzialmente, in essa si afferma la possibilità di sottomettere i popoli ricorrendo a fenomeni di massa come crisi energetiche, collassi economici e finanziari o attacchi terroristici.

«Se questi shock dovessero arrivare ravvicinati e se fossero scatenati con una scala di intensità crescente, sarebbe possibile portare un’intera società a uno stato di psicosi di massa»,

hanno sostenuto Trist ed Emery. Inoltre, hanno puntualizzato:

«I singoli individui potrebbero cadere in uno stato di dissociazione mentale nel momento in cui cercassero una via di fuga al terrore provocato da questi avvenimenti, alla realtà dei fatti; la gente potrebbe pertanto entrare in uno stato di rifiuto, rifugiandosi in campi come gli intrattenimenti e i diversivi di massa, pur essendo però esposta al rischio di esplosioni improvvise di rabbia incontrollata».

Ma il documento Strategic Trends come si rapporta a questioni come la turbolenza sociale, le psicosi di massa e l’asservimento dei popoli?

«Le forze militari regolari verrebbero dispiegate con sempre maggior frequenza negli scenari in cui sono attive forze armate irregolari, assembramenti di miliziani, bande, criminali comuni, compagnie militari private (Private Militar Companies, PMC), terroristi e insorti, spesso nel ruolo di avversari, ma in taluni casi neutrali o persino alleati».

Una simile tattica è etichettata come metodo per spezzare il morale attraverso una strategia del terrore. Di fatto, con uno scenario simile stiamo parlando di due facce della stessa medaglia. Da una parte si conduce una sottile e coperta opera di manipolazione e controllo del pensiero e della coscienza umana, ricorrendo al potere della televisione, in particolare, e in generale dell’intrattenimento,

«utilizzati sia su una lista in continua crescita di coloro che vengono additati come nemici dell’America, sia sullo stesso pubblico americano, confuso e in perenne stato di tensione, per cui i grandi canali televisivi di informazione configurano e spacciano una narrazione dei fatti sempre più superficiale, facendosi concorrenza in una sorta di teatro Kabuki di correttezza ed equilibrio».

In contemporanea, dall'altra parte,

«...si registra uno spostamento diretto e sfacciato dei paradigmi, mutando le concezioni di base, ampliando i parametri, cambiando il campo e tutte le regole del gioco che caratterizzano l’identità di una società in un arco di tempo eccezionalmente breve».

Una delle figure di spicco coinvolte nel progetto della guerra psicologica contro le popolazioni tramite la turbolenza sociale indotta è Kurt Lewin,  pioniere degli studi sulla psicologia delle masse, che fece parte fin dall'inizio della cosiddetta Scuola di Francoforte e fuggì dalla Germania con l’ascesa al potere di Hitler. Il seguente brano, tratto dal suo libro Prospettiva Temporale e Morale del Gruppo, illustra efficacemente cosa Lewin intendesse per guerra psicologica:

«Una delle tecniche principali per spezzare il morale attraverso una 'strategia del terrore' consiste precisamente nella seguente tattica: mantenere l’individuo in uno stato di dubbio perenne, relativamente alla sua posizione e semplicemente a ciò che lo potrebbe aspettare. Aggiungendo a ciò frequenti oscillazioni tra l’introduzione di rigide misure di controllo sociale alternate a promesse di un buon trattamento, assieme alla diffusione di notizie contraddittorie, il 'quadro cognitivo' della situazione viene reso ulteriormente nebbioso, in modo che un individuo possa cessare di essere cosciente persino di quando un piano conduca o meno all'obiettivo da lui voluto. In tali condizioni, anche coloro che hanno finalità ben definite, e sono disposti a correre dei rischi per perseguirle, saranno ingabbiati da profondi conflitti interiori riguardo a quanto mettere in pratica».

Nel corso degli ultimi cinquant'anni la ricerca in settori quali quello della psicologia, della sociologia e della psichiatria ha evidenziato che sussistono dei limiti chiaramente marcati nella quantità e nella natura dei cambiamenti con cui la mente umana è in grado di rapportarsi. Secondo l’Unità di ricerca sulla scienza politica (Science Policy Research Unit, SPRU) dell’Istituto Tavistock presso l’università del Sussex, le “crisi future” sono inneschi di «malessere fisico e psicologico, derivato dal sovraccarico registrato dal meccanismo decisionale della mente umana». In altre parole,

«...una catena di eventi che si succedono a una tale rapidità da rendere impossibile alla mente umana l’assorbimento dell’informazione».

Uno scenario possibile causato da questo quadro viene definito come scenario della superficialità. Secondo Emery e Trist, dopo essere stata sottoposta a continui shock, la maggior parte della popolazione presa di mira scopre di non avere più la volontà necessaria per compiere qualsiasi scelta, e riduce pertanto il

«valore delle proprie intenzioni... Questa strategia può essere perseguita solo attraverso la negazione scientifica delle radici più profonde dell’umanità, che relazionano... gli individui gli uni con gli altri a un livello personale, andando a cancellare quella che è la loro psiche individuale».

In un simile scenario prende costantemente piede un senso generale di apatia, spesso preceduto da esplosioni insensate di violenza, ben rappresentate da quanto avvenuto negli anni Sessanta e Ottanta a Los Angeles con il fenomeno delle bande di strada, in quella che Emery e Trist ribattezzano come risposta sociale organizzata alla dissociazione; per intenderci, qualcosa di simile a quanto raccontato nelle pagine del romanzo Arancia Meccanica di Anthony Burgess, con una società in preda a una rabbia simile a quella dei cuccioli di animale.

«Un gruppo sociale di questo tipo diventa facile da controllare ed eseguirà docilmente qualsiasi ordine gli venga impartito senza ribellarsi, il che è il vero obiettivo ultimo del processo»,

aggiungono Trist ed Emery. Va detto, inoltre, che gli elementi adulti dissociati non sono in grado di esercitare alcuna autorità morale sui propri bambini, dal momento che sono essi stessi troppo coinvolti dai deliri infantili inculcati loro dal televisore. Se state per caso dubitando di quanto si sta sostenendo, notate come la generazione più avanzata di oggi abbia accettato passivamente la decadenza etica della generazione nichilista dei suoi figli e badate a come gli adulti siano giunti ad accettare, senza resistenza alcuna, uno standard morale così basso rispetto al passato.

Proprio come avviene nella società distopica dipinta da Il Mondo Nuovo di Huxley, in tale contesto non è contemplata la possibilità di giungere ad alcuna decisione netta, nel campo dell’etica e della sfera privata; un perfetto esempio di tale deriva furono i 'figli dei fiori' e la ribellione, all'epoca della guerra del Vietnam, con il suo smodato uso di droghe.

Le “frequenti oscillazioni” cui si accennava in precedenza, che portano al disorientamento dell’individuo, possono passare attraverso diversi stadi:

«Una fase di stabilità, in cui gli individui hanno più o meno la possibilità di adattarsi a quanto accade loro, oppure di turbolenza, in cui gli individui coinvolti hanno di fronte la possibilità di intraprendere azioni per alleviare la tensione o di accettare il nuovo ambiente sociale caratterizzato dall'insicurezza. Nel caso in cui la turbolenza non cessi, ma addirittura si intensifichi, insorge un punto di rottura in cui diviene impossibile, per gli individui, trovare una via di adattamento positiva.

Sempre secondo Trist ed Emery, è in questo frangente che la capacità di adattamento volge al negativo, dal momento che le persone in risposta al costante stato di insicurezza in cui vivono optano per una reazione che porta a un peggioramento oggettivo della qualità delle loro vite: cominciano a rifiutare la realtà, a negarne l’esistenza e a costruirsi vie di fuga irreali sempre più infantili per far fronte al quadro generale. Sottoposta a condizionamenti di crescente turbolenza sociale, la gente diventa più malleabile nel cambiare la propria scala di valori, accettando standard etici nuovi e più bassi, allontanandosi dall'umanità e regredendo sempre più ad uno stato quasi animale».

Il secondo scenario cui si accennava consiste nella

«...segmentazione della società in parti più piccole. In questo quadro, ogni gruppo (di natura etnica, razziale e sessuale) finisce per scagliarsi contro l’altro. Le nazioni subiscono processi di balcanizzazione su scala regionale e a loro volta le nuove realtà saranno costrette da forze centrifughe di natura etnica, spezzettandosi ulteriormente».

Trist ed Emery si riferiscono a questo fenomeno come a un

«...rafforzamento dei pregiudizi all'interno di un gruppo sociale e verso l’esterno, man mano che gli individui cercano di semplificare la propria sfera decisionale. Emergono, pertanto, le linee naturali delle divisioni sociali, che diventano vere e proprie barricate».

Lo studio Strategic Trends ha – nemmeno a dirlo – una risposta pronta anche per questo scenario. Gli attori non statali saranno sempre più

«...sfruttati da un più ampio spettro di individui e di agenzie di socializzazione, persino da criminali, terroristi e gruppi sovversivi, come strumenti di appoggio per le loro attività di natura più coercitiva e violenta. I raggruppamenti sociali derivati risulteranno altamente instabili, dissolvendosi di volta in volta o appena gli interessi per cui erano nati saranno stati soddisfatti, oppure qualora si presentassero opportunità più favorevoli rispetto a quelle attuali; l’uso del soft power per vincere il consenso sarà con ogni probabilità appannaggio degli attori meno vincolati alla responsabilità legale o a considerazioni di tipo morale».

La risposta della società a questo processo di disintegrazione psicologica e politica risiede in uno stato autoritario orwelliano, modellato cioè su quello delineato da George Orwell nel libro 1984. In quest’opera, le vite e i conflitti tra gli individui che compongono la società sono sottoposti alla volontà del Grande Fratello; un conflitto senza via di uscita

«...è diretto da ciascuna élite di ogni gruppo sociale contro i suoi stessi membri; l’obiettivo della guerra non è promuovere o impedire la conquista di territori, ma tenere intatta la struttura della società».

Lo stesso tipo di conflitto senza soluzione di continuità viene predetto anche dal rapporto Strategic Trends. È prevedibile che

«.. la tecnologia delle comunicazioni informatiche (Information Communications Technology, ICT) divenga talmente invasiva da arrivare al punto che gli individui siano connessi permanentemente a una rete online o a un flusso binario di scambio di dati, con conseguenti implicazioni in ambito di libertà civili; anzi, il non essere connessi potrebbe essere considerato motivo di sospetto».

L’onnipresenza in costante aumento dell’ICT renderà possibile la rapida formazione di comunità di singoli accomunati dai medesimi interessi, così come la mobilitazione veloce e coordinata di significative masse di individui.

«Una simile mobilitazione rapida – ben rappresentata dal fenomeno dei flash mob – potrebbe, in linea teorica, essere impiegata pure da Stati, da organizzazioni terroristiche e criminali, oltre a coinvolgere gruppi di persone che vadano anche oltre i confini nazionali, costituendo in tal modo una vera e propria sfida per le agenzie di sicurezza, che dovranno confrontarsi con questo potenziale di agibilità e fluidità».

Un requisito fondamentale consiste nel fatto che

«...un simile livello di sofisticatezza avrà bisogno di un’applicazione concertata e completa di tutti gli strumenti e delle agenzie a disposizione del potere statale, assieme a una cooperazione tra tutte le autorità e gli organismi competenti che abbiano un ruolo nella risoluzione di una crisi o nel porre fine a un conflitto».

Che cosa significa quanto descritto, per sintetizzare? Molto semplice: legge marziale.

Una volta piegate le residue forme di resistenza, si assiste al terzo possibile scenario degli shock futuri, il più drammatico, che vede un ripiegamento e una ritirata esistenziale

«...nella sfera privata, accompagnata a un ripudio di quei legami sociali che potrebbero comportare il coinvolgimento nelle questioni che riguardano altri individui».

Trist ed Emery sono portati a ritenere che gli individui saranno sempre più docili nell'accettare «la perversa disumanità dell’essere umano che ha caratterizzato le società autoritarie». Per intenderci: i due non parlano tanto di un ritorno alla struttura statale di una dittatura quanto piuttosto del quadro morale che lo caratterizza.

Per sopravvivere in un simile contesto, gli uomini non avranno altre scelte all'infuori di sottomettersi allo Stato o entrare in clandestinità. Sempre per citare il documento Strategic Trends,

«se mirano ad aggirare il controllo, le intercettazioni e le capacità invasive delle forze di sicurezza (dotate di tecnologia avanzata), con particolare menzione per i reparti provvisti di piattaforme e sistemi satellitari, tutti i potenziali oppositori non potranno che riconoscere i vantaggi della clandestinità. Nel futuro gli Stati mirano a sistemare in clandestinità la maggior parte delle loro strutture strategiche, nonché del loro potenziale di deterrenza strategica. Allo stesso modo, gli elementi irregolari dell’opposizione si troveranno a organizzarsi in reti clandestine per finalità sia offensive che difensive, soprattutto in intricati ambienti urbani».

Le tattiche per spezzare le forze di resistenza: il ricorso illimitato a tutti gli strumenti e alle agenzie in mano al potere statale, la mobilitazione rapida, i flash mob, la sempre più invasiva “tecnologia delle comunicazioni informatiche”, la frammentazione della struttura sociale, l’illegalità endemica ed elevati livelli di violenza diffusa, le banche dati di controllo invadenti, altamente efficaci e accessibili, l’emergere di una “società della sorveglianza”, l’erosione delle libertà civili, le catastrofi umanitarie.

Ecco come appare il futuro prossimo. Istintivamente siamo portati a non credere a simili conclusioni, anche se esistono solide prove di tutto questo in un rapporto preparato su committenza del Bilderberg e di un governo nazionale.

«In ogni caso, dobbiamo avere il coraggio di lasciare che le prove parlino da sé, dal momento che, come il lettore avrà modo di constatare, la posta in gioco non è semplicemente la nostra idea di cosa sia o meno veritiero. Al di là del fatto che la nostra visione del mondo possa essere messa in crisi o mandata in mille pezzi dalle rivelazioni contenute nel materiale preso in esame, il nocciolo della questione non cambia: ovvero che una cospirazione sia assolutamente concreta, che sia tuttora in atto e che l’11 settembre 2001 sia stato solamente l’antipasto di quanto era stato preparato per noi» 32.

Siamo, è veramente il caso di dirlo, alla soglia di svolte apocalittiche e il bivio che ci troviamo ad affrontare proprio in questi tempi stabilirà se vivremo il XXI secolo da uomini liberi in nazioni libere oppure se diventeremo un branco di schiavi asserviti, selezionati come bestie e privati della nostra umanità.


Estratto dal libro Transevolution, di Daniel Estulin (Arianna Editrice)

Link diretto al brano:
http://www.macrolibrarsi.it/speciali/introduzione-transevolution-libro-di-daniel-estulin.php

fonte: http://www.anticorpi.info/2016/03/la-fine-del-mondo-secondo-il-bilderberg.html

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