Gli ultimi bombardamenti rappresentano un momento di
svolta della lotta contro lo Stato islamico, condotta dal presidente
Obama, e aprono una fase nuova, abbastanza rischiosa, della campagna
militare degli USA. Fino a questo momento l’amministrazione aveva
autorizzato soltanto i bombardamenti contro le forze ISIS in Iraq,
assicurando che in Siria i bombardamenti, se dovessero esserci,
sarebbero cominciati soltanto tra alcune settimane o mesi. Tuttavia, a
quanto pare, la Casa bianca ha deciso di non aspettare troppo a lungo.
È
di fondamentale importanza il fatto che gli USA stiano bombardando gli
islamisti in Siria senza chiedere consenso del governo di questo paese.
Questo approccio è già stato criticato da Mosca. Il ministro degli
Esteri russo, Sergej Lavrov, che ha avuto una conversazione telefonica
col Segretario di Stato americano John Kerry, ha esortato gli USA ad
attenersi strettamente allo Statuto dell’ONU e alle norme del diritto
internazionale, e a rispettare la sovranità della Siria. Lavrov ha
rilevato che servono azioni concordate, prive di doppi standard.
Secondo
gli analisti, in realtà la decisione di bombardare gli islamisti in
Siria è un secondo tentativo di rovesciare il regime di Assad cogliendo
l’occasione. Sottolinea Vladimir Isaev, docente dell’Istituto dei Paesi
di Asia e Africa del’Università di Mosca:
La politica degli USA nei confronti del Medio Oriente si distingue per una certa dose di follia. Se guardiamo con attenzione ai fatti, vedremo che oltre ai curdi, l’unica forza che continua a contrastare lo Stato Islamico è l’esercito regolare della Siria. Armare l’opposizione che gli USA ritengono moderata e lanciare bombe sulle truppe regolari della Siria significa rafforzare le posizioni dell’ISIS. Gli americani dovrebbero rivedere il loro atteggiamento alleandosi con Damasco. Invece stanno cercando di combattere il terrorismo e di colpire allo stesso tempo i regimi che già lo stanno combattendo da soli e con notevole efficienza. Il risultato difficilmente potrà essere buono. Si dovrebbe anche raggiungere l’intesa con l’Europa e con la Russia, perché senza questi giocatori si può fare ben poco.
Tra gli
alleati degli USA ci sono degli sponsor e degli ispiratori ideali dei
combattenti dello Stato islamico contro i quali la coalizione intende
lottare in Siria. Eppure la Turchia, uno dei paesi più forti della
regione, che ultimamente è stato invaso da un’ondata di profughi
iracheni provenienti dalle regioni occupate dagli islamisti, non sembra
disposta a fare per Washington il lavoro sporco. Jeremy Salt, professore
di Storia e Politica del Medio Oriente presso la Bilkent University di
Ankara, fa notare:
Credo che i turchi capiscano perfettamente che intervenendo rischerebbero di restar coinvolti a lungo. In parte questa situazione è dovuta al fatto che non sono chiare le intenzioni degli USA. Per esempio, il presidente Obama dice che non sarà inviato nemmeno un soldato degli USA, ma tutti capiscono che con soli bombardamenti aerei la guerra non si vince. Allora, chi svolgerà le operazioni di terra? In questo momento la coalizione si presenta molto debole: dentro ci sono solo gli USA e i paesi del Golfo. Coloro che vengono addestrati dagli USA in Arabia Saudita sono dei ribelli e degli islamisti come quelli contro i quali dovranno combattere. Anche se gli americani riusciranno ad addestrarli in un mese, potrebbero unirsi allo Stato Islamico che sta ricevendo rinforzi ogni giorno.
Dovendo giustificare la sua
ingerenza negli affari degli Stati sovrani, Washington cerca di
cogliere ogni occasione che si presta. È in questo modo che gli esperti
hanno commentato le notizie riguardanti il gruppo siriano Khorasan,
guidato da uno dei fedeli di bin Laden. Secondo la stampa americana, gli
estremisti del gruppo starebbero progettando degli atti terroristici
negli USA e in altri paesi occidentali. Dice il ricercatore
dell’Istituto di orientalistica dell’Accademia delle scienze della
Russia, Stanislav Ivanov:
La notizia della minaccia da parte del gruppo Khorasan è stata comunicata ai media dai servizi segreti degli USA: La cosa più probabile è che i servizi stiano imitando la lotta al terrorismo per giustificarsi dopo l’uccisione dei cittadini occidentali in Iraq. Se i servizi degli USA davvero avessero informazioni sulla preparazione di attacchi terroristici nel territorio americano, non lo direbbero alla stampa e cercherebbero di prevenire gli attentati. Diffondendo le notizie di questo tipo la CIA potrebbe cercare di ottenere dei nuovi flinanziamenti.
Non escludo che Khorasan possa esistere in qualità di una cella di Al-Qaida e che operi in Siria contro il regime di Bashar Assad, ma il vero pericolo è lo Stato Islamico che si è consolidato non senza l’aiuto degli USA e dei loro alleati, compreso il Qatar. In un prossimo futuro questo movimento difficilmente potrà essere sconfitto dalla coalizione, perché gode di un ampio sostegno da parte dei sunniti dell’Iraq e della Siria.
Gli analisti sono convinti che i
bombardamenti aerei da soli non bastano. Senza un intervento in terra
l’operazione è votata a fallire. È poco probabile che gli americani
riescano a sfruttare i vantaggi che ora hanno. Ma Assad lo farà
senz’altro e le sue truppe assesteranno il colpo decisivo agli islamisti
già indeboliti dai bombardamenti. Oggettivamente, quello che viene
fatto oggi da Washington contribuisce a rafforzare le posizioni di
Damasco. Ciò è forse il paradosso più grande della politica che gli USA
stanno attuando nel Medio Oriente.
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