Anticamente – ma non chiedetemi
date, perché stiamo trattando di una “storia prima della storia” – le
arti non rappresentavano uno svago e nemmeno venivano relegate
nell’ambito della cosiddetta cultura, bensì, alla pari
dell’addestramento fisico o dell’educazione sessuale, facevano parte
della corretta istruzione animica dell’essere umano.
Il primo giorno (che ancora
non si chiamava lunedì, in quanto solo successivamente i giorni verranno
associati a pianeti e divinità) era dedicato alla Magia, alle
celebrazioni e ai cerimoniali; tutte attività il cui scopo doveva essere
portare i partecipanti a un contatto rituale con i piani di esistenza
superiori, fino a comprendere il divino. (Ricordiamo incidentalmente che
la Scrittura si collocava in questa categoria, in quanto equiparabile
alle arti magiche ed evocative).
Il secondo giorno era quello
dell’Architettura, ossia l’arte di provocare trasformazioni nelle
coscienze dei cittadini per mezzo della costruzione di edifici e la
progettazione di spazi urbanizzati in accordo con la geometria sacra.
Il terzo giorno era dedicato
alle Arti Visive (che all’epoca erano rappresentate solo dalla pittura,
mentre oggi includono il fumetto, la grafica digitale, la videoarte, la
fotografia).
Il quarto giorno alla Danza,
che all’epoca rivestiva sia una funzione risvegliante per il danzatore -
in quanto i movimenti erano studiati affinché si provocassero in lui
determinate trasmutazioni sottili – sia una funzione simbolica, ossia le
coreografie rappresentavano temi evolutivi e cosmici che andavano ad
agire direttamente sui piani spirituali dello spettatore, trasferendo in
tale maniera delle conoscenze esatte.
Il quinto giorno alla Scultura.
Il sesto giorno (quello che
oggi sarebbe il sabato) ai Misteri, ossia al Teatro, in quanto presso
quelle antiche civiltà il teatro era, per l’appunto, equiparabile ai
misteri iniziatici.
Il settimo giorno (la nostra domenica) alla Musica e al Canto.
Oggi possiamo distinguere due
principali generi di teatro, non possedendo noi sufficiente dispregio di
noi stessi per poter considerare anche il teatro cosiddetto
“intellettuale” (in quanto oggi gli stupidi non si chiamano più stupidi,
ma “diversamente intellettuali”!):
Il
primo genere di teatro è di stampo più psicologico, maggiormente
concentrato nella sfera subconscia piuttosto che in quella
intellettuale, benefico per la soluzione di paure e blocchi; un teatro
(a volte dichiaratamente) terapeutico dove il palco è uno spazio
simbolico (e protetto) nel quale è possibile avvengano psicodrammi o
atti psicomagici capaci di modificare anche profondamente l’attore che
vi si trova coinvolto, al punto da ottenere ripercussioni positive nella
vita quotidiana, dove viene poi attualizzato il significato di quanto
vissuto nello spazio simbolico.
Il secondo genere di teatro è
quello di origine misterica, cui abbiamo fatto riferimento pocanzi. I
Misteri sono un complesso di pratiche eterogenee il cui scopo è condurre
l’individuo lungo un sentiero di evoluzione interiore fino alla
liberazione, ossia al superamento dello stato umano e dei suoi vincoli,
il fine ultimo essendo la divinizzazione stessa. Il termine mistero
viene dal greco mysterion (=ciò che sta chiuso dentro, segreto), che deriva da myo
(=serro le labbra e gli occhi). Come già il termine “esoterico”, anche
“misterioso” è stato fatto discendere dal regno della qualità a quello
della quantità: entrambi in origine non significavano “nascosto”, bensì
“interiore”. Il fatto che i misteri fossero anche nascosti,
nell’antichità primeva non era voluto, essi sono divenuti tali nel tempo
solo come conseguenza del loro continuare ad appartenere alla sfera
profondamente interiore dell’essere umano nel corso di epoche che invece
sono divenute progressivamente sempre più esteriorizzate.
Allo stesso modo myo in
origine non significava “muto”, bensì silenzioso, cioè con i sensi
rivolti all’interno (occhi e labbra serrati, appunto). Più che a “muto”,
è associabile ai termini “mite” e “mitezza”, laddove essi non vengano
però intesi nel loro significato degenerato (mansueto, arrendevole),
bensì in quello più elevato: sereno, introverso (=intro-versus=rivolto all’interno; così come uni-versus significa “rivolto all’Uno”).
Allora
oggi il teatro può smettere di essere una forma di svago o una
masturbazione intellettuale, per decidere d’intervenire - come già
faceva anticamente - nella sfera subconscia oppure in quella più
direttamente spirituale dell’essere umano. In quest’ultima sfera, che è
quella che più c’interessa in quest’occasione, è il silenzio, la
Presenza, l’intro-versione (intesa come “stare fermo all’interno di sé” e
non come indagine psicologica) a farla da padrona.
Nel teatro di stampo misterico gli
aspetti psicologici vengono semplicemente bypassati, in quanto il lavoro
si focalizza sulla radice del problema: il risveglio della coscienza
grazie alla Presenza nel Qui-e-Ora. Non si analizzano le singole
situazioni che si vengono a creare all’interno del sogno, ma ci si
focalizza sullo svegliarsi dal sogno stesso.
«Ma in tal modo non evitiamo il
processo di trasmutazione delle nostre emozioni?» Si chiederà il
praticante attento. «No. - Gli si risponde - Perché mentre ci sforziamo
di recitare la nostra anima in uno stato di Presenza, la vita non
s’interrompe, tutt’altro: saremo comunque costretti a vivere tutte le
situazioni che ci spettano, ma potremo scegliere di aggiungere a tali
situazioni la potenza del Qui-e-Ora.
Salvatore Brizzi
NON DUCOR DUCO
(non vengo condotto, conduco)
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