martedì 23 settembre 2014

In Europa è l' “ora delle regioni”

In Europa è l' “ora delle regioni”

Il referendum in Scozia non ha cambiato nulla, ma è cambiato tutto. È così che il portale europeo “EUobserver” ha commentato la situazione venutasi a creare dopo il referendum in Gran Bretagna, altri Stati dell’UE e anche nella stessa Scozia.
 
Infatti, i secessionisti hanno perso, ma le previsioni di chi aveva predetto il declino del separatismo in Europa, e non solo in Europa, si sono avverate solo in parte.

Le agenzie d’informazione hanno comunicato che alla fine della settimana scorsa il parlamento della Catalogna ha varato una legge che consente alla regione di svolgere sondaggi senza il consenso del governo di Madrid. Il capo del governo regionale Artur Mas ha esortato a tenere il referendum sull’indipendenza della Catalogna il 9 novembre prossimo. Madrid è categoricamente contraria al referendum dicendo che il suo svolgimento sarebbe anticostituzionale. Inoltre, il governo spagnolo ha già dichiarato che impugnerà presso la Corte Costituzionale la decisione del parlamento catalano sul referendum regionale. In risposta il leader catalano ha detto che il governo centrale deve “smettere di abusare della Costituzione” per “privare il popolo catalano del diritto di voto”. In fin dei conti, egli ha detto, l’autonomia catalana ha più anni della legge fondamentale della Spagna.

Non ci pare il caso di fare congetture sulla probabilità di svolgimento in Catalogna di un referendum regionale al posto di quello nazionale. Per gli analisti è importante il fatto che la sconfitta dei secessionisti in Scozia non abbia frenato le tendenze autonomiste in varie regioni d’Europa. In questo senso il commento del portale “EUobserver”, secondo il quale il referendum scozzese “non ha cambiato nulla, ma ha cambiato tutto”, descrive molto bene l’attuale situazione nell’Unione Europea.

Si potrebbe pensare che in Scozia, a Londra, Bruxelles e nelle capitali di altri Paesi d’Europa dove sono vive le tendenze separatiste,dopo il referendum dovesse tornare la quiete, perché in apparenza nulla è cambiato. Tuttavia, a detta del tedesco “Der Tagesspiegel”, “la situazione della Scozia è come la storia del mostro di Loch Ness: prima o poi si dovrà tornare a questo tema”. La società scozzese adesso è spaccata in due e ci vorranno moltissimi anni per superare questa spaccatura. Inoltre, come dicono alcuni commentatori, la Scozia ha aperto il vaso di Pandora, il che potrebbe avere delle conseguenze per la Gran Bretagna e forse anche per tutta l’UE.

Alla vigilia del referendum tutto il mondo è stato testimone dei discorsi, assai drammatici, pronunciati dal premier britannico David Cameron che prometteva agli scozzesi diritti e poteri ancora più ampi. Adesso è giunta l’ora di concordare questi nuovi poteri, ma ora questo processo sarà seguito con molto interesse anche in Galles, per non parlare dell’Irlanda del Nord. Anche all’Inghilterra Cameron ha promesso un parlamento proprio che finora non aveva a differenza degli altri Stati che compongono il Regno Unito.

Anche Bruxelles dovrà imparare la “lezione scozzese”. In un commento intitolato “L’ora delle regioni”, il già menzionato “Der Tagesspiegel” ha scritto che anche all’Europa il referendum scozzese “ha impartito una lezione che va oltre il continente”. Questa lezione insegna che gli Stati nazionali del “vecchio tipo” esisteranno finché potranno dare alle regioni “ossigeno per respirare”. Lo ha detto anche il Commissario uscente dell’UE per la politica regionale Johannes Hahn, intervistato dal portale web “EurActiv”. 

Secondo Hahn, per eliminare la tensione nelle regioni come la Catalogna e il Paese basco in Spagna, le Fiandre o la Vallonia in Belgio o, infine, il Sud-Est dell’Ucraina, occorre dare ai loro abitanti la certezza che le loro aspirazioni vengono prese in seria considerazione.

Vladislav Belov dell’Istituto di studi europei riconosce tutta l’importanza del problema.
“L’ora delle regioni” è scattata parecchio tempo fa. Adesso si avvicina il momento in cui i governi devono affrontare i problemi sollevati dagli abitanti di queste regioni. Gli Stati che hanno ignorato lo spirito del tempo – e c’è da dire che il regionalismo ha cataterizzato tutto lo sviluppo dell’Europa dopo la guerra – ora devono pagare i loro conti. Per il momento il problema dell’autonomia di singoli territori rimane attuale. Probabilmente è ora di risolvere questi problemi, perché il processo latente ora sta entrando in una fase abbastanza calda.
Secondo Johannes Hahn, il principio della massima autonomia delle regioni deve diventare la “struttura portante” dei valori che sono alla base dell’Europa unita. Fra non molto sapremo se questo principio è condiviso dai nuovi Commissari europei.
 

Oleg Severghin


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