Infatti, i secessionisti hanno perso, ma le previsioni
di chi aveva predetto il declino del separatismo in Europa, e non solo
in Europa, si sono avverate solo in parte.
Le agenzie
d’informazione hanno comunicato che alla fine della settimana scorsa il
parlamento della Catalogna ha varato una legge che consente alla regione
di svolgere sondaggi senza il consenso del governo di Madrid. Il capo
del governo regionale Artur Mas ha esortato a tenere il referendum
sull’indipendenza della Catalogna il 9 novembre prossimo. Madrid è
categoricamente contraria al referendum dicendo che il suo svolgimento
sarebbe anticostituzionale. Inoltre, il governo spagnolo ha già
dichiarato che impugnerà presso la Corte Costituzionale la decisione del
parlamento catalano sul referendum regionale. In risposta il leader
catalano ha detto che il governo centrale deve “smettere di abusare
della Costituzione” per “privare il popolo catalano del diritto di
voto”. In fin dei conti, egli ha detto, l’autonomia catalana ha più anni
della legge fondamentale della Spagna.
Non ci pare il
caso di fare congetture sulla probabilità di svolgimento in Catalogna di
un referendum regionale al posto di quello nazionale. Per gli analisti è
importante il fatto che la sconfitta dei secessionisti in Scozia non
abbia frenato le tendenze autonomiste in varie regioni d’Europa. In
questo senso il commento del portale “EUobserver”, secondo il quale il
referendum scozzese “non ha cambiato nulla, ma ha cambiato tutto”,
descrive molto bene l’attuale situazione nell’Unione Europea.
Si
potrebbe pensare che in Scozia, a Londra, Bruxelles e nelle capitali di
altri Paesi d’Europa dove sono vive le tendenze separatiste,dopo il
referendum dovesse tornare la quiete, perché in apparenza nulla è
cambiato. Tuttavia, a detta del tedesco “Der Tagesspiegel”, “la
situazione della Scozia è come la storia del mostro di Loch Ness: prima o
poi si dovrà tornare a questo tema”. La società scozzese adesso è
spaccata in due e ci vorranno moltissimi anni per superare questa
spaccatura. Inoltre, come dicono alcuni commentatori, la Scozia ha
aperto il vaso di Pandora, il che potrebbe avere delle conseguenze per
la Gran Bretagna e forse anche per tutta l’UE.
Alla
vigilia del referendum tutto il mondo è stato testimone dei discorsi,
assai drammatici, pronunciati dal premier britannico David Cameron che
prometteva agli scozzesi diritti e poteri ancora più ampi. Adesso è
giunta l’ora di concordare questi nuovi poteri, ma ora questo processo
sarà seguito con molto interesse anche in Galles, per non parlare
dell’Irlanda del Nord. Anche all’Inghilterra Cameron ha promesso un
parlamento proprio che finora non aveva a differenza degli altri Stati
che compongono il Regno Unito.
Anche Bruxelles dovrà
imparare la “lezione scozzese”. In un commento intitolato “L’ora delle
regioni”, il già menzionato “Der Tagesspiegel” ha scritto che anche
all’Europa il referendum scozzese “ha impartito una lezione che va oltre
il continente”. Questa lezione insegna che gli Stati nazionali del
“vecchio tipo” esisteranno finché potranno dare alle regioni “ossigeno
per respirare”. Lo ha detto anche il Commissario uscente dell’UE per la
politica regionale Johannes Hahn, intervistato dal portale web
“EurActiv”.
Secondo Hahn, per eliminare la tensione nelle regioni come
la Catalogna e il Paese basco in Spagna, le Fiandre o la Vallonia in
Belgio o, infine, il Sud-Est dell’Ucraina, occorre dare ai loro abitanti
la certezza che le loro aspirazioni vengono prese in seria
considerazione.
Vladislav Belov dell’Istituto di studi europei riconosce tutta l’importanza del problema.
“L’ora delle regioni” è scattata parecchio tempo fa. Adesso si avvicina il momento in cui i governi devono affrontare i problemi sollevati dagli abitanti di queste regioni. Gli Stati che hanno ignorato lo spirito del tempo – e c’è da dire che il regionalismo ha cataterizzato tutto lo sviluppo dell’Europa dopo la guerra – ora devono pagare i loro conti. Per il momento il problema dell’autonomia di singoli territori rimane attuale. Probabilmente è ora di risolvere questi problemi, perché il processo latente ora sta entrando in una fase abbastanza calda.
Secondo
Johannes Hahn, il principio della massima autonomia delle regioni deve
diventare la “struttura portante” dei valori che sono alla base
dell’Europa unita. Fra non molto sapremo se questo principio è condiviso
dai nuovi Commissari europei.
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