Potrebbe suonare strano che fosse necessario ricordarlo
proprio a coloro che avevano invocato tale violazione nel momento
dell’annessione della Crimea alla Russia ma, se si pensa a quante volte
gli americani hanno applicato un “doppio standard”, lo stupore e’ fuori
luogo.
La vera stranezza sta piuttosto nel contesto in cui tale azione avviene.
E’
comprensibile che, se si vuole veramente neutralizzare i terroristi
dell’ISIS in Iraq, occorre anche colpirli nelle loro roccaforti in
Siria. Quel che è difficilmente spiegabile secondo una logica elementare
è il farlo dichiarando che il nemico principale resta il regime di
Assad. Ad un qualunque osservatore risulta evidente che attaccando i più
feroci nemici del regime siriano si favorisce quest’ultimo e sembra del
tutto irrazionale che gli americani affermino di voler,
contemporaneamente, aiutare gli altri gruppi, quelli moderati, in guerra
contro il governo ufficiale di Damasco.
Costoro saranno destinatari di
nuove armi e di nuova formazione militare ma il recente passato ci
insegna che e’ proprio da questi ultimi, volenti o nolenti, che i
fondamentalisti hanno ricavato una gran parte delle armi occidentali che
sono loro servite per dare l’attacco all’esercito iracheno. Non solo,
e’ notizia di questi giorni che molti dei gruppi cosiddetti “moderati”
abbiano concordato con lo Stato Islamico un reciproco cessate il fuoco
in base al quale si impegnano, su tutto il territorio siriano, a nessuna
azione di guerra “fratricida”.
Il risultato è dunque assurdo: si bombarda un gruppo nemico e si arma invece chi gli e’ formalmente alleato.
Il
pasticcio ha una duplice ragione: da un lato per ottenere il supporto
di Arabia Saudita e altri Paesi arabi sunniti, gli americani devono
dimostrare che, Stato Islamico o meno, Assad rimane il nemico ed i
gruppi di guerriglieri che fanno riferimento proprio a quegli stati
arabi restano, al contrario, amici. Dall’altro, ottenere il consenso
preventivo del Governo siriano ai bombardamenti significherebbe
riconoscerlo come interlocutore e potenziale alleato ma, soprattutto
dover negoziare con i suoi due principali supporter: Iran e Russia.
L’Iran metterebbe sul piatto la trattativa sul nucleare che stenta ad
indirizzarsi verso una positiva soluzione e la Russia imporrebbe il
ridimensionamento delle ambizioni americane sull’Ucraina.
A
complicare il tutto, la posizione turca che rifiuta di appoggiare le
azioni americane contro l’Isis sia per la paura di ritorsioni sul
proprio territorio da parte di quest’ultimo (l’esempio di cosa successo
in Pakistan e’ ben presente) sia perché, dopo aver varcato il proprio
Rubicone nelle relazioni con Damasco, teme che, in un modo o nell’altro,
Assad possa rafforzarsi e vanificare le pretese egemoniche di Ankara
sul Paese confinante e di conseguenza sull’area.
Alla
fine ne esce il panorama surreale dove resta complicato essere certi su
chi sta con chi e quale sia il risultato finale a cui si punti.
Aggiungiamo pure che i bombardamenti, da soli, non possono certo
diventare risolutivi per una sconfitta definitiva dei terroristi e,
prima o poi, un intervento di terra si renderà necessario anche se, pure
in quel caso, non e’ chiaro chi lo farà e dove.
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