lunedì 29 settembre 2014

Obama, che confusione, ma chi bombardiamo?

Obama, che confusione, ma chi bombardiamo?

Pochi giorni or sono, il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki Moon ha dovuto ricordare agli americani che un bombardamento effettuato su suolo siriano senza la richiesta del governo locale o una decisione preventiva del Consiglio di Sicurezza avrebbe violato il diritto internazionale.
 
Potrebbe suonare strano che fosse necessario ricordarlo proprio a coloro che avevano invocato tale violazione nel momento dell’annessione della Crimea alla Russia ma, se si pensa a quante volte gli americani hanno applicato un “doppio standard”, lo stupore e’ fuori luogo.

La vera stranezza sta piuttosto nel contesto in cui tale azione avviene.

E’ comprensibile che, se si vuole veramente neutralizzare i terroristi dell’ISIS in Iraq, occorre anche colpirli nelle loro roccaforti in Siria. Quel che è difficilmente spiegabile secondo una logica elementare è il farlo dichiarando che il nemico principale resta il regime di Assad. Ad un qualunque osservatore risulta evidente che attaccando i più feroci nemici del regime siriano si favorisce quest’ultimo e sembra del tutto irrazionale che gli americani affermino di voler, contemporaneamente, aiutare gli altri gruppi, quelli moderati, in guerra contro il governo ufficiale di Damasco. 

Costoro saranno destinatari di nuove armi e di nuova formazione militare ma il recente passato ci insegna che e’ proprio da questi ultimi, volenti o nolenti, che i fondamentalisti hanno ricavato una gran parte delle armi occidentali che sono loro servite per dare l’attacco all’esercito iracheno. Non solo, e’ notizia di questi giorni che molti dei gruppi cosiddetti “moderati” abbiano concordato con lo Stato Islamico un reciproco cessate il fuoco in base al quale si impegnano, su tutto il territorio siriano, a nessuna azione di guerra “fratricida”.

Il risultato è dunque assurdo: si bombarda un gruppo nemico e si arma invece chi gli e’ formalmente alleato.

Il pasticcio ha una duplice ragione: da un lato per ottenere il supporto di Arabia Saudita e altri Paesi arabi sunniti, gli americani devono dimostrare che, Stato Islamico o meno, Assad rimane il nemico ed i gruppi di guerriglieri che fanno riferimento proprio a quegli stati arabi restano, al contrario, amici. Dall’altro, ottenere il consenso preventivo del Governo siriano ai bombardamenti significherebbe riconoscerlo come interlocutore e potenziale alleato ma, soprattutto dover negoziare con i suoi due principali supporter: Iran e Russia. L’Iran metterebbe sul piatto la trattativa sul nucleare che stenta ad indirizzarsi verso una positiva soluzione e la Russia imporrebbe il ridimensionamento delle ambizioni americane sull’Ucraina.

A complicare il tutto, la posizione turca che rifiuta di appoggiare le azioni americane contro l’Isis sia per la paura di ritorsioni sul proprio territorio da parte di quest’ultimo (l’esempio di cosa successo in Pakistan e’ ben presente) sia perché, dopo aver varcato il proprio Rubicone nelle relazioni con Damasco, teme che, in un modo o nell’altro, Assad possa rafforzarsi e vanificare le pretese egemoniche di Ankara sul Paese confinante e di conseguenza sull’area.

Alla fine ne esce il panorama surreale dove resta complicato essere certi su chi sta con chi e quale sia il risultato finale a cui si punti. Aggiungiamo pure che i bombardamenti, da soli, non possono certo diventare risolutivi per una sconfitta definitiva dei terroristi e, prima o poi, un intervento di terra si renderà necessario anche se, pure in quel caso, non e’ chiaro chi lo farà e dove.


Mario Sommossa


 

Nessun commento:

Posta un commento