Gender: tutti diversi, tutti uguali. Bellissimo, ma se poi la
faccenda scappa di mano e la scuola diventa il paradiso degli orchi? A
rimetterci sarebbero loro, i minori. A meno che non entri in scena un
soggetto troppo spesso assente: la famiglia, con le sue responsabilità
educative. «Quando sentii parlare di questa teoria e della sua
diffusione nelle scuole, lì per lì pensai a una bufala perché veniva
proposta come una specie di invito esplicito alla masturbazione e
all’omosessualità anche per i bambini delle elementari e dell’asilo».
L’ideologia Gender in classe? Superficialmente, scrive Paolo
Franceschetti, si potrebbe credere che tutta la questione si riduca a un
derby tra gay e omofobi, sinistra progressista e Vaticano conservatore.
Già il governo Letta invitava gli insegnanti a educare alla diversità
(“Rosa e i suoi due papà hanno comprato tre lattine di tè freddo al bar;
se ogni lattina costa 2 euro, quanto hanno speso?”). «La necessità di
approfondire la questione – ammette Franceschetti – mi è venuta quando
ho letto che il ministro dell’istruzione minacciava querele contro chi
osasse sostenere che la riforma Renzi introducesse la teoria Gender».
A livello teorico, tutto nasce dagli studi di Margareth Mead, che
dimostrano che i ruoli possono benissimo ribaltarsi, come in certe
società tribali dell’Oceania: le donne a caccia, gli uomini a casa a
farsi belli. Succede anche da noi, scrive Franceschetti nel suo blog:
c’è l’amico Maurizio, «che fa il supermacho superscopatore, ma in
privato mi confessa che gli piacciono le gonne e i vestiti femminili e
quando è solo si veste con le scarpe coi tacchi della moglie». E
all’opposto c’è l’amica Ambra, a cui domandi “cosa facciamo stasera?” e
ti risponde “andiamo a tirare col fucile”, e al poligono «fa cento colpi
e cento centri, una cosa mai vista in vita mia».
Autore di clamorose
denunce sul “lato oscuro del potere”
(gli omicidi rituali, il Mostro di Firenze, la misteriosa setta
criminale denominata Ordine della Rosa Rossa), l’ex avvocato
Franceschetti, autore di un recentissimo libro, “Le Religioni”, che
indaga sulla comune matrice spirituale delle grandi confessioni
religiose del pianeta, si è anche distinto per i ripetuti allarmi
lanciati in favore dei minori: ne spariscono troppi, anche in Italia.
Centinaia, ogni anno. Dove finiscono? Nel traffico di organi e nelle
reti potentissime dei pedofili d’alto bordo.
Di fronte alle istanze “Gender”, Franceschetti riconosce che «la
rigida divisione tra sessi che per secoli ha dominato la società ha
portato, e porta tuttora, a degli squilibri». Una donna in carriera è
considerata “poco femminile” e temuta dagli uomini, mentre un uomo
“casalingo” «è visto con sospetto, come un parassita nullafacente».
L’uomo che va con molte donne «è guardato con ammirazione», mentre la
donna che ha molti uomini «è quasi sempre una troia». La divisione in
sessi? Ha penalizzato chiunque, uomo o donna, rifiutasse gli obblighi
sociali. «Non parliamo poi delle problematiche che sorgono se una
persona vuole cambiare sesso, o se durante il matrimonio scopre di avere
tendenze omosessuali».
La teoria Gender vuole sicuramente «porre
rimedio a questo stato di cose, introducendo una nuova mentalità,
rispettosa delle differenze individuali, per educare la popolazione a
una nuova concezione della sessualità e delle differenze di genere». E
fin qui, tutto bene. Si prefigura
«un meraviglioso mondo, dove l’uomo che voglia andare in giro con i
tacchi a spillo e il rossetto venga rispettato, così come una donna che
si metta a ruttare e fare a braccio di ferro bestemmiando al bar».
Idem per i piccoli: «Nessun trauma arrivi a un bambino che sia
allevato da due papà o due mamme, perchè la salute psichica del bambino
si misurerà in funzione dell’affetto e degli insegnamenti che riceve, e
non dal fatto che abbia necessariamente un padre maschio e una mamma
femmina». Ma le ricadute pratiche? Utile leggere il dossier “Standard
per l’educazione sessuale in Europa”,
commissionato dall’Oms, per capire cosa si vuole fare nelle scuole.
Rispetto, equilibrio, attenzione: un documento “amorevole”. Ma «il bello
viene da pagina 37 in poi, dove ci sono le direttive sintetiche che gli
insegnanti di educazione sessuale dovrebbero applicare sui bambini di
varie fasce di età».
Sono 144 disposizioni: «Il problema sorge per solo
una ventina di direttive in tutto, sparse qua e là quasi
innocentemente», specie quelle rivolte ai bambini dai 9 ai 12 anni.
L’educatore deve «mettere il bambino in grado di decidere se avere
esperienze sessuali o no, effettuare una scelta del contraccettivo e
utilizzarlo correttamente, esprimere amicizia e amore in modi diversi,
distinguere tra la sessualità nella vita reale e quella rappresentata
dai media».
E deve «aiutare il bambino a sviluppare l’accettazione della sessualità
(baciarsi, toccarsi, accarezzarsi)», nonché «trasmettere informazioni
su masturbazione, piacere e orgasmo».
Amarcord inevitabile: «Il pensiero corre ai miei professori del
liceo», dice Franceschetti. «Quello di matematica che toccava sempre i
seni alle ragazze, tranquillo dell’impunità del preside, tanto che
quando fu denunciato da una ragazza fu la ragazza a dover cambiare
istituto, non il professore». O quello di storia
e filosofia, che sprecava intere lezioni «coi suoi racconti tesi a
dimostrare che il sesso è peccato». Già alle elementari fioccavano
ceffoni: rudi maestre, anziché «improvvisati educatori sessuali protetti
dallo scudo delle direttive europee».
L’idea Gender? «Meravigliosa e
auspicabile se fossimo in un mondo ideale, e se chi la dovesse applicare
fosse un essere umano ideale». Ovvero: un educatore «equilibrato,
centrato, e amorevole», capace
di «saper amare davvero l’altro e il prossimo e saperlo rispettare»,
dopo «essersi confrontato con la propria parte omosessuale ed essersi
interrogato, ove tale parte sussista, su come viverla».
L’insegnante-modello, inoltre, dovrebbe essere «monogamo per scelta,
convinto che la fedeltà sia un dono, non un obbligo», dunque «una
persona sessualmente attiva», che desidera altri partner ma si
trattiene, e inoltre è «disposta ad accettare la poligamia del proprio».
Di fronte al tradimento subito, massima comprensione: «Caro/a, ho
scoperto che mi tradisci; è evidente che ho sbagliato in qualcosa». E
poi dev’essere «uno che, scoperta l’omosessualità del figlio, anziché
preoccuparsi, veda questo come un’opportunità di crescere insieme e
apprendere di più dalla vita e da se stessi».
E ancora, scoprendo
l’omosessualità del partner, gli dovrebbe dire: «Ti amo, e per rispetto
vorrei che tu vivessi appieno questa tua esperienza, finché non
deciderai in che ruolo collocare il nostro rapporto». Tutto bene, «se
esistesse un essere umano che ha raggiunto un tale grado di
consapevolezza». Quanti ne conosciamo, nella vita quotidiana?
Ovviamente, «questo ritratto di essere umano quasi perfetto è
praticamente introvabile».
La realtà, infatti, è desolatamente opposta: «Dal punto di vista
sessuale, la maggior parte delle persone non solo non è affatto
equilibrata, ma ha quelle che in psicologia sono considerate devianze o
problemi: eiaculazione precoce, impotenza, anorgasmia, sadomasochismo,
feticismo». E poi le “stranezze”, «come l’eccitarsi solo in determinate
condizioni ambientali», magari con l’impiego di “oggetti particolari”,
«per non parlare della percentuale, altissima, di coloro che hanno delle
vere e proprie perversioni criminali». Morale: «Il problema
dell’ideologia Gender è, molto semplicemente, che non esiste un numero sufficiente
di educatori che abbia l’equilibrio tale da poter insegnare ai bambini
il rispetto di genere (altrui e proprio) per il semplice motivo che
ancora non hanno raggiunto tale equilibrio in loro stessi». Che medico
sei, se non sai nemmeno curare te stesso?
Sicché, le «demenziali 20 regole» indicate da Franceschetti
«porteranno a una conseguenza inevitabile nelle scuole: abusi,
facilitazioni della pedofilia e traumi vari ai bambini». Quindi, anche
se «l’obiettivo teorico della riforma è lodevole e teoricamente
condivisibile», visto che propone che i bambini devono essere educati al
rispetto di genere, di fatto «la riforma conseguirà (volutamente, è il
caso di dirlo) l’obiettivo opposto: aumenterà gli abusi sui minori nel
lungo termine, e nel breve termine creerà la falsa contrapposizione tra
progressisti e conservatori omofobi».
Una riforma di questo tipo, «in
mano a insegnanti e politici inconsapevoli e non in grado di gestire una
problematica come quella del genere», secondo Franceschetti produrrà
scontri, tensioni e cause legali: «Cattolici contro omosessuali,
omosessuali contro eterosessuali, politici contro politici, genitori
contro insegnanti, magistrati contro cittadini». Tutto questo, «in un
clima in cui a risentirne e a restarne traumatizzati saranno soprattutto
i bambini».
Tradotto: anche questa del Gender «si inquadra in quel contesto di
riforme volute dal Parlamento Europeo in tutti i campi (economico,
politico, finanziario, sociale, scolastico) per distruggere i fondamenti
della società e ricostruirne una nuova, basata sul Nwo, creando caos
sociale ad ogni livello». Nuovo ordine mondiale? «La tecnica è nota»,
insiste Franceschetti: «Si parte da una premessa giusta (educare al
rispetto delle diversità) e si fa una legge in parte giusta (educare i
bambini alla sessualità) con qualche appiglio per ribaltare
completamente il risultato e creare più caos di quanto già non ce ne sia
(dando mano libera ai pedofili e ai pervertiti di poter agire
liberamente nelle scuole)». E i primi frutti dell’introduzione
dell’ideologia Gender si vedono già: «Alcuni sindaci hanno ritirato
alcuni libri ispirati all’ideologia Gender dalle scuole. Una maestra è
stata denunciata da un rappresentante dell’Arcigay e linciata
mediaticamente, su tutti i giornali, per aver detto a scuola che l’omosessualità
è una malattia (salvo poi essere scagionata dagli allievi, che hanno
detto “ma no, veramente ha detto tutt’altro”)».
Stefania Giannini, ministro dell’istruzione, minaccia denunce contro
chi sostiene che la riforma Renzi della “buona scuola” obblighi a
educare sessualmente i giovani secondo le teorie Gender: la riforma
imporrebbe solo di “educare al rispetto della diversità”. «Ogni tanto
sui giornali escono notizie di genitori preoccupati per i vibratori a
scuola. Una preside ha inviato una lettera al ministero per denunciare
l’introduzione della teoria Gender nelle scuola, e il ministero ha
mandato gli ispettori (sic!) ritenendo inaccettabile il comportamento
della preside».
E ancora: «In una scuola sono state denunciate delle
suore che, stando ai giornali, avevano fatto educazione alla
masturbazione a bambini di 10 anni». In alcuni Comuni già si raccolgono
firme “contro”. Ma attezione: «La maggior parte delle notizie sono false
e volutamente distorte, per poter essere interpretate come uno
preferisce. Come è falso che questa teoria sia “imposta” dall’Ue», che
in realtà «impone solo, con vari regolamenti, direttive e indicazioni,
di abolire le differenze di genere tra uomo e donna in tutti gli ambiti,
il che è sacrosanto».
Le teorie Gender a scuola sono già applicate in diversi paesi
europei, «ma la situazione è di estremo caos». La confusione impazza,
anche nel privato: «Solo per fare un esempio personale – racconta
Franceschetti – ho postato sulla mia pagina Facebook un video
dell’avvocato Amato, di tendenza dichiaratamente cattolica. Una ragazza
omosessuale mi ha ritirato l’amicizia sentendosi profondamente ferita
dal video (sue parole testuali). Un altro mi ha dato del fascista,
dicendo in aggiunta che probabilmente poi di nascosto vado a trans».
Tutto questo, «a riprova che non si può discutere serenamente di Gender
senza creare conflitti: se sei contro questa nuova tendenza, sei omofobo
e retrogrado; se sei a favore, sei un pedofilo o un frocio». Dobbiamo
quindi preoccuparci, gridare allo scandalo e arroccarci sulle vecchie
posizioni, o sposare le teorie Gender? «Nulla di tutto ciò. C’è invece
la possibilità di trasformare la questione Gender in un’occasione
favorevole per la crescita dei nostri
figli e di noi stessi». E come? Mobilitando – per la prima volta, in
molti casi – la cara, vecchia famiglia, troppo spesso assente, o peggio.
«Lo sfascio del sistema in cui viviamo è inevitabile, e questa
ideologia porterà, col tempo, allo sfascio della famiglia tradizionale e
dei valori tradizionali», insiste Franceschetti. «I bambini saranno
spesso abusati e traumatizzati. Ma purtroppo, occorre dirlo, i bambini
sono da sempre stati abusati e traumatizzati perché – in questo ha
ragione l’ideologia Gender – l’imposizione rigida dei ruoli ha provocato
da sempre una serie di problemi psicologici». Il bambino è inoltre
traumatizzato su vari fronti, non solo quello sessuale, e peraltro in
tutte le epoche, «perché la maggior parte dei genitori riversa
inevitabilmente i propri disturbi personali sul bambino stesso, che fin
da piccolo è costretto a subire limitazioni prive di senso, ad essere
sgridato senza criterio, talvolta picchiato, costretto a subire le urla
dei genitori tra di loro, gli abbandoni, la violenza verbale e fisica
che a volte sussiste nella coppia». Basta rileggere gli studi di Alice
Miller: “Il dramma del bambino dotato”, “Il bambino inascoltato”, “La
fiducia tradita”, “La chiave abbandonata”.
Niente di nuovo sotto il sole: i bambini «saranno “solo” costretti a
un ulteriore abuso, oltre a quelli che quotidianamente subiscono dagli
ignari genitori», spesso convinti di essere impeccabili. «Questa
situazione di caos e ulteriore abuso, però, potrà avere effetti positivi
qualora le famiglie si riappropriassero del proprio ruolo, senza
delegare alla scuola l’educazione dei bambini», sostiene Franceschetti.
«Se fino ad oggi, a casa, di sesso non se ne parlava, o se ne parlava
male», a questo punto «per arginare l’effetto traumatico della riforma
Gender l’unica possibilità è che i genitori si sforzino sempre di più di
dialogare con i figli, di accettare davvero le diversità e di spiegare
loro che se l’insegnante si masturba in classe è solo un pervertito, non un
educatore». E a fronte di un insegnante che vorrà “far provare nuove
esperienze” al bambino di 9-12 anni, come da protocollo, «gli si spieghi
che forse, a quell’età, tali esperienze potrebbero provocargli un
trauma: sarà meglio rimandarle magari a quando sarà adulto e in grado di
decidere da solo quali esperienze diverse provare».
E di fronte a un insegnante che magari «esalterà l’omosessualità
dicendo che è normale, invitando i bambini di 9 anni a farne
esperienza», il genitore dirà: «Sì tesoro, in effetti è normale, ma
statisticamente l’80% delle persone è ancora eterosessuale, quindi direi
che potrai fare queste prove più in là, magari dopo i vent’anni». Così,
«invece di portarli al doposcuola, forse sarà la volta buona che un
genitore anaffettivo trovi una buona scusa per portare i figli con sé e
passarci più tempo insieme», conclude Franceschetti. In pratica, proprio
perché la riforma Gender è arrivata nel momento in cui l’istituzione
familiare «si era deresponsabilizzata dal suo ruolo educativo», forse «è
proprio questo il momento buono affinché l’educazione sessuale dei
figli venga riportata nel luogo principale dove dovrebbe essere
effettuata: la famiglia».
fonte: http://www.libreidee.org/2015/10/gender-a-scuola-i-bambini-e-lorco-e-la-famiglia-dove/
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