Gelo e neve sull’Europa
Recenti
studi mostrano come lo scioglimento dei ghiacci artici stia alterando
la circolazione marina, con il rischio che anche la calda Corrente del
Golfo possa indebolirsi e lasciare al gelo l’ Europa
Le
vicende narrate nel film hollywoodiano “The Day After Tomorrow” sono
sempre state trattate dagli scienziati come semplice, per quanto per
realizzata fantascienza, ma ora alcuni studiosi sembrano aver cambiato
idea, e a convincerli ci sono alcuni dati preoccupanti che arrivano dal
Nord Atlantico.
Nonostante
le temperature notevoli degli ultimi mesi (nella FIG1 le anomalie di
agosto 2015, a livello planetario il più caldo di sempre), che per ora
fanno del 2015 l’anno più caldo dell’era moderna, una vasta porzione del
Nord Atlantico compresa tra l’Islanda e le coste meridionali della
Groenlandia ha fatto registrare temperature insolitamente basse:
insomma, nonostante il gran caldo che sta soffrendo il Pianeta, in quel tratto di oceano l’acqua è più fredda del normale.
Ebbene,
secondo alcuni ricercatori ciò sarebbe il risultato della rapidità con
cui si stanno sciogliendo i ghiacciai della Groenlandia e delle grosse
quantità di acqua fredda e soprattutto dolce che stanno invadendo tale
regione marina. E a preoccupare non è il fatto che l’acqua prodotta dal disgelo sia fredda, quanto piuttosto che sia dolce:
in quella regione infatti acque molto salate, e quindi pesanti (l’acqua
salata è più pesante di quella dolce), sprofondano verso gli abissi,
richiamando dietro di sé altra acqua proveniente da zone molto lontane,
tanto da alimentare quella complessa circolazione marina che, nota come
AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation), comprende anche la
Corrente del Golfo, il grande fiume di acqua calda che mitiga gli
inverni europei.
Per
gli scienziati insomma c’è il rischio che, contrariamente a quanto
finora pensato, lo scioglimento dei ghiacci artici possa davvero
indebolire la circolazione marina nel Nord Atlantico, compresa la
Corrente del Golfo, innescando tutta una serie di meccanismi che, anche
se non causerebbero tutti i catastrofici eventi descritti nel film The
Day After Tomorrow (gran parte di quei fenomeni, compreso il
Mediterraneo stretto nella morsa di gelo e neve della FIG2, sono e
rimarranno comunque solo fantascienza), potrebbero comunque far sprofondare l’Europa verso un clima più aspro, con inverni più rigidi e nevosi ed estati insolitamente fresche e piovose:
insomma, immagini come quella in FIG3, con la Gran Bretagna del gennaio
2010 completamente imbiancata dalla neve, potrebbero diventare la norma
in inverno!
A
sostegno di questa ipotesi c’è anche uno studio (“Exceptional
twentieth-century slowdown in Atlantic Ocean overturning circulation”)
realizzato da alcuni ricercatori del Potsdam Institute e pubblicato lo
scorso mese di marzo sulla rivista scientifica Nature Climate Science secondo
cui il grande nastro che trasporta acqua calda dai Tropici fino alle
regioni più settentrionali dell’Atlantico si starebbe già indebolendo da
qualche anno.
FONTE Col.Mario Giuliacci
Riassumendo:
sarebbe il Global Warming (inteso come + C02 = aumento temperature) a
minacciare e forse scatenare il gran freddo in Europa.
Nonostante la costante e intenzionale modificazione atmosferica a livello globale, ormai ampiamente documentata, si continua ad ignorare e/o negare questo fatto.
1966: Gordon J.F. MacDonald, allora
direttore associato dell’Istituto di Geofisica e Fisica Planetaria
della University of California di Los Angeles nel suo libro “Unless Peace Comes” (capitolo “Come distruggere l’ambiente”) descrisse le possibilità di una
MODIFICAZIONE DEL CLIMA TERRESTRE
ESTRATTO
Nel
valutare se la modifica del clima sia possibile o meno, è utile
esaminare le variazioni climatiche in condizioni naturali. Esistono
solide prove geologiche di una lunga sequenza di ere glaciali, in un
passato relativamente recente, che dimostrano che il clima mondiale è in
uno stato di lenta evoluzione. Ci sono anche buone prove geologiche,
archeologiche e storiche per un modello di più piccole e rapide
fluttuazioni, sovrapposte al lento cambiamento evolutivo. …
I
rapidi cambiamenti del clima nel passato suggeriscono a molti che
esistono instabilità che interessano l’equilibrio della radiazione
solare. D’altronde, il clima è principalmente determinato
dall’equilibrio tra l’irraggiamento delle onde corte in arrivo dal Sole
(principalmente sotto forma di luce) e la perdita di radiazioni sotto
forma di onde lunghe in uscita (principalmente calore).
Tre
fattori dominano l’equilibrio: l’energia del Sole, le caratteristiche
della superficie delle varie regioni terrestri (acqua, ghiaccio,
vegetazione, deserto, ecc.), e la trasparenza dell’atmosfera della Terra
in relazione alle diverse forme di energia irradiata.
Riguardo
all’ultimo fattore, l’effetto delle nuvole nel creare giornate fredde e
notti relativamente calde è una cosa piuttosto familiare. Ma le nuvole
sono piuttosto una manifestazione che un fattore scatenante del tempo e
del clima; di fondamentale e maggior rilevanza è l’effetto dei gas
nell’atmosfera, che assorbono gran parte dei raggi in transito dal Sole
verso la Terra o dalla Terra verso lo spazio. Gli intensi raggi X e
ultravioletti del Sole, entrambi con particelle atomiche ad alta
energia, vengono trattenuti nella parte alta dell’atmosfera. Solo la
stretta banda di luce nel visibile e qualche breve onda radio riescono
ad attraversare l’atmosfera senza grandi interruzioni.
Ci
sono state molte discussioni negli ultimi anni, in merito a supposti
effetti complessivi sul clima mondiale dovuti all’emissione di CO2 da
parte di fornaci e motori che bruciano combustibili fossili, ed alcune
sulle possibili influenze dei gas di scarico dei grandi razzi sulla
trasparenza dell’alta atmosfera. L’anidride carbonica immessa
nell’atmosfera dall’inizio della rivoluzione industriale ha prodotto un
aumento di temperatura media nella bassa atmosfera di pochi decimi di
grado Fahrenheit. Un aumento di temperatura simile potrebbe essere
provocato dal vapore acqueo che potrebbe essere introdotto nella
stratosfera dal trasporto supersonico.
In
linea di principio sarebbe possibile introdurre materiale nell’alta
atmosfera capace di assorbire sia la luce in entrata (raffreddando la
superficie) che il calore in uscita (riscaldando la superficie).
In
pratica, nell’alta atmosfera rarefatta e ventosa,il materiale
si disperderebbe piuttosto rapidamente, in questo modo l’uso militare di
questa tecnica potrebbe contare su effetti globali piuttosto che
locali. Inoltre, il materiale molecolare tende a decomporsi, e anche
materiali elementari possono andare dispersi per effetto della
diffusione nello spazio o delle precipitazioni sulla superficie
terrestre.
A
livelli intermedi, nella stratosfera, i materiali potrebbero tendere ad
accumularsi sebbene il tempo di miscelazione in questa parte di
atmosfera sia certamente meno di dieci anni e può essere anche di pochi
mesi. Se i meteorologi di una nazione calcolassero che un generale
riscaldamento o raffreddamento della Terra fosse nel loro interesse
nazionale, migliorando il loro clima, e peggiorando quello degli altri,
la tentazione di rilasciare materiali con razzi ad alta quota potrebbe
esistere. Però al momento conosciamo troppo poco riguardo agli effetti
paradossali del riscaldamento e del raffreddamento, per dire quale
potrebbe essere il risultato. Sarebbero prevedibili effetti più
improvvisi, forse molto più brevi ma comunque 6 disastrosi, se i mezzi
chimici o fisici fossero sviluppati per attaccare uno dei costituenti
naturali dell’ozono nell’atmosfera. …
I piani usuali per la modifica del clima comportano
la manipolazione di grandi superfici di ghiaccio.
La
persistenza di questi grandi distese di ghiaccio è dovuta agli effetti
del raffreddamento del ghiaccio stesso, sia nel riflettere (piuttosto
che assorbire) i raggi ad onde corte in entrata sia nell’emanare calore
ad una velocità più alta rispetto alla superficie terrestre (non coperta
di ghiaccio). Un mezzo comunemente proposto di modificazione del clima
comporta lo spargimento di strati sottili di materiale colorato su una
superficie ghiacciata, tali da inibire i processi sia di emanazione che
di reazione, sciogliendo il ghiaccio e modificando così il clima.
Tale
procedura presenta evidenti difficoltà tecniche e logistiche. Per
esempio, se si volesse creare un rivestimento superficiale di non più di
un micron di spessore per coprire 1000 km2, il materiale impiegato per
la copertura, pur estremamente sottile, peserebbe comunque un milione
di tonnellate o più, a seconda della sua densità. Quindi le proposte di
ricoprire con della polvere, diffusa nell’aria, alcune delle immense
calotte di ghiaccio del pianeta, non sono realistiche e sono tipiche di
un’approccio di forza bruta, e non comportano alcun vantaggio nello
sfruttamento delle instabilità presenti nell’ambiente.
Mentre
può essere tecnologicamente difficile cambiare la natura della
superficie di una calotta di ghiaccio, e quindi le sue proprietà
termiche, può essere possibile spostare il ghiaccio, tenendo conto
dell’instabilità gravitazionale delle calotte.
Il
potenziale gravitazionale di energia dell’acqua allo stato solido, come
in una spessa calotta di ghiaccio è molto maggiore di quello che si
trova a livello del mare. Questo fatto rende possibile, almeno in linea
di principio, prevedere piani di ridistribuzione del ghiaccio. Infatti,
A.T. Wilson ha proposto una teoria ciclica per le ere glaciali basata su
questa instabilità.
I punti principali della teoria di Wilson sono i seguenti:
1. L’antartide è coperta da uno strato di ghiaccio spesso diversi chilometri. La pressione sul fondo del ghiaccio è sufficiente a mantenere il ghiaccio vicino al suo punto di fusione, l’acqua è un materiale insolito in quanto un aumento della pressione abbassa e non alza il punto di fusione. Un aumento dello spessore dello strato di ghiaccio potrebbe causare fusione in basso. La risultante miscela di acqua e ghiaccio lungo il letto del ghiacciaio consentirebbe un flusso da processo di congelamento e di fusione – un processo di portata molto più efficace di un ordinario flusso plastico.
2. Se tale instabilità si verificasse, la calotta fluirebbe fuori nel mare circostante e 7 una piattaforma di ghiaccio di grandi dimensioni si formerebbe tra l’ Antartide e l’oceano intorno ad essa. Come conseguenza, i raggi solari ad onda corta verrebbero riflessi e ci sarebbe un’aumentata perdita di calore per i raggi ad onda lunga, causando il raffreddamento e l’induzione della glaciazione in tutto il mondo.
3. Una volta che la piattaforma è nell’oceano, inizierà a sciogliersi e, infine, sarà rimossa. Il ghiaccio che rimarrà sulla superficie sarà molto più sottile rispetto a prima. Dato che la riflettività dell’emisfero sud diminuisce con lo scioglimento della calotta dell’ Antartide, la temperatura globale diventerà più calda di nuovo, come avviene all’inizio di un periodo interglaciale. La calotta di ghiaccio si formerà di nuovo, lentamente.
Commentando
la teoria di Wilson, J.T. Hollin ha messo in evidenza la possibilità di
un catastrofico brusco incremento o avanzamento della calotta di
ghiaccio, come ad esempio è stato registrato su piccoli ghiacciai in
numerose occasioni. Il più grande incremento riportato finora è
probabilmente quello della calotta di ghiaccio in Spitsbergen che è
avanzata alcune volte fino a 21 km su un fronte di 30 chilometri, tra il
1935 e il 1938. Ci sono anche dei resoconti che parlano di avanzamenti
dei ghiacciai a velocità fino a 100 metri al giorno.
Hollin ipotizza che, una volta che si raggiunga la fase di fusione sul fondo di una calotta di ghiaccio a gravità instabile, il ghiacciaio si muoverà in fretta.
In
aggiunta al calore geotermico intrappolato che scioglie il ghiaccio sul
fondo, ci sono anche contributi aggiuntivi di calore dovuti
all’attrito, generato non appena il ghiacciaio inizia a sfregare lungo
il terreno solido.
Se la teoria ipotizzata da Wilson è corretta (e ci sono molti indizi interessanti a tal proposito), allora un meccanismo esiste per modificare catastroficamente il clima della Terra.
Il rilascio di energia termica, forse attraverso esplosioni nucleari
lungo la base di uno strato di ghiaccio, potrebbe avviare uno
scorrimento verso l’esterno della coltre di ghiaccio che sarebbe poi
sostenuta dall’energia gravitazionale. Un megaton di energia è
sufficiente per fondere circa 100 milioni di tonnellate di ghiaccio. 100
megatoni di energia convertirebbero 0,1 centimetri di ghiaccio in uno
strato sottile di acqua esteso a tutta la calotta antartica. Quantità
più trascurabili di energia opportunamente posizionate potrebbe
indubbiamente avviare il flusso verso l’esterno del ghiaccio.
Quali sarebbero le conseguenze di una simile operazione?
Se
la velocità di 100 metri al giorno fosse confermata, l’immediato
effetto di questa grande quantità di ghiaccio riversata nell’acqua
sarebbe quello di creare enormi tsunami (onde anomale), che
distruggerebbero completamente le regioni costiere anche nell’emisfero
settentrionale. Seguirebbero quindi cambiamenti climatici sostanziali
indotti dal cambiamento improvviso della riflettività della Terra. Ad
una velocità media di 100 metri al giorno, il centro della calotta
polare raggiungerebbe i rilievi montuosi della terra in quaranta anni.
Chi avrebbe da guadagnare da tale applicazione? Il logico candidato
sarebbe un paese equatoriale senza sbocco sul mare. Un lungo periodo
glaciale garantirebbe condizioni quasi artiche su gran parte delle zone
temperate, ma il clima temperato con precipitazioni abbondanti sarebbe
la regola nelle attuali regioni tropicali. SCRITTO INTEGRALE
fonte: http://www.nogeoingegneria.com/timeline/storia-del-controllo-climatico/gli-scienziati-temono-un-the-day-after-tomorrow/
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