Sui media di regime non si vaneggia solo di rifugiati e di fuggiaschi senza analizzare le cause di quest’ondata umana senza precedenti; lo stesso avviene a proposito dei foreign fighters, ovvero le migliaia di giovani che, da tutto il mondo, vanno ad ingrossare le file dei tagliagole dell’Isis.
Come non dovrebbe essere difficile –
usando un pensiero indipendente – capire che se i Paesi da cui fuggono i
rifugiati non fossero stati devastati da guerre volute e finanziate
dall’Occidente e dai suoi lacchè wahabiti, questa marea di disperati non
cercherebbe rifugio in Europa, altrettanto non dovrebbe essere
impossibile inquadrare il problema dei foreign fighters in un’ottica meno insensata.
Si
calcola che vi siano oggi circa 30.000 combattenti stranieri nelle file
di chi lotta per il Califfato islamico nei Paesi dove l’invasione
occidentale ha annientato il tessuto sociale e seminato solo morte,
distruzione e disperazione.
Vale a dire in Iraq, Afghanistan, Siria, Libia.
Di questi, ben 2.000 proverrebbero da
Paesi europei, dunque figli nostri, prodotti della cosiddetta società
civile, figli del benessere, della libertà e dell’emancipazione.
Che cosa spinge dunque questi giovani
britannici, francesi, italiani, norvegesi, tedeschi a prendere le armi e
rischiare la propria vita per un ideale così lontano dalla nostra
cultura?
E non parlo solo di figli di famiglie di
fede musulmana, ma di tanti giovani che hanno abbracciato la crociata
islamica pur provenendo da famiglie di tradizione cristiana o
apertamente atea.
Che cosa li spinge? Questa dovrebbe essere la domanda da porsi prima di sentenziare, minacciare, condannare.
Allora diamo uno sguardo alle nostre società, a come si sono sviluppate dal secondo dopoguerra.
Dopo la ricostruzione, la ripresa
economica e le istanze libertarie del ’68 e dintorni, abbiamo assistito
ad un progressivo appassire, sfiorire degli ideali.
Ancora trenta o quarant’anni fa ci si confrontava – a volte anche scontrandosi in modo violento – per degli ideali.
Si era comunisti, fascisti, anarchici, di destra, di sinistra.
Si credeva di poter cambiare il mondo a partire da quegli ideali.
Giusti o sbagliati che fossero, erano comunque forze propulsive impersonali, non egoistiche.
Si pensava, se pur ingenuamente, che i
mali della società, le ingiustizie, le iniquità, sarebbero – come per
incantesimo – scomparse se avesse trionfato l’ideale in cui ci si
riconosceva.
Cosa è accaduto dopo?
È accaduto che gli ideali si sono dimostrati incapaci di guarire il mondo e sono progressivamente sfioriti.
Cosa è rimasto allora?
Nella Storia e nelle società umane quando si crea un vuoto, esso non rimane tale, viene subito riempito.
Quando l’elemento ideale muore, viene sostituito da qualcos’altro.
Cosa ha sostituito dunque gli ideali?
Come ben diceva Lukács “il sonno della ragione genera mostri”; e quali sono questi mostri?
Innanzitutto il Mercato ha sostituito gli ideali.
Il
Mercato, questo feticcio figlio del liberismo assoluto, che ha divorato
l’economia, con le sue multinazionali che hanno spazzato via la piccola
imprenditoria e i diritti dei lavoratori, tutti ormai trasformati in
consumatori condannati a rincorrere l’ultimo prodotto da acquistare.
In secondo luogo la tecnologia.
Oggi l’ultimo modello di smartphone per un giovane è più importante del confronto diretto con i propri simili, si chatta invece di dialogare, ci si collega in video invece di guardarsi negli occhi, si twitta invece di esprimere concetti articolati, si postano commenti di terza mano invece di pensare.
Per inciso, sono personalmente un
sostenitore della tecnologia ma non posso non notare che essa – come
ogni cosa umana, peraltro – può diventare estremamente dannosa se il
soggetto ne viene usato invece di usarla.
Infine l’angoscia e la paura,
che sono state seminate ad arte per rendere i popoli sempre più
malleabili e sottomessi a poteri ormai incontrollati e incontrollabili.
Che orizzonti hanno dunque oggi i giovani davanti a sé?
Senza ideali, senza lavoro, senza certezze per il futuro, cittadini di un pianeta oltraggiato, devastato e avvelenato.
Con
l’unica prospettiva di correre – coma la gazzella nella savana – a
perdifiato tutta la vita per conquistarsi prima un posto di lavoro, per
poi comprarsi casa, auto, TV e tutti i gadget possibili, per fare
carriera, rincorrere il benessere, senza neppure la certezza di avere
una pensione alla fine del percorso?
Senza il tempo per fermarsi a pensare,
senza potersi chiedere il senso della vita, senza un elemento
impersonale – un ideale – verso cui alzare lo sguardo.
Come stupirsi allora se alcuni di loro –
i più fragili certamente, ma al tempo stesso i più bisognosi di un
elemento ideale – oggi si giochino la stessa vita per una causa non
loro, oltretutto distorta e mostruosa – ma pur sempre una causa ideale?
Il mondo si è sì liberato degli ideali, ma qualcosa di molto più inquietante ha preso il loro posto.
Svegliamoci dal sonno della ragione, prima che sia troppo tardi.
Piero Cammerinesi (corrispondente dagli USA di Coscienzeinrete Magazine, Altrogiornale e Altrainformazione)
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