Naturalmente i soliti pifferai liberisti spiegheranno che si tratta di eliminare sprechi, definendo standard validi per tutti, senza danni per nessuno. Mi pare che abbiano annunciato come esempio che gli esami sul colesterolo dovrebbero farsi ogni cinque anni. Immaginiamo una persona che improvvisamente abbia sintomi di malanni che il medico giudichi dovuti a cause di scompensi nel metabolismo, da sottoporre ad analisi. Se il paziente ha oltrepassato i tempi standard dall’ultimo controllo il medico potrà fare la prescrizione, se invece così non è dovrà aspettare. Oppure rischiare di finire sotto procedura di controllo e sanzione.
Si dice che in questo modo si risparmieranno 13 miliardi che potranno essere spesi meglio. Tutti i tagli
alla spesa pubblica son giustificati così da sempre, e da sempre
sappiamo che questo non è vero. La sostanza è che si ridurrà la
prevenzione sulle malattie,
solo i ricchi potranno continuare a permettersela mentre i poveri si
ammaleranno e moriranno prima. Ma forse questo è proprio ciò che si
vuole. Il sistema pensionistico dalla riforma Dini si fonda
sull’aspettativa di vita. Più questa statisticamente sale, più si deve
andare in pensione ad età elevate.Per questo le tabelle già prevedono la pensione a 70 anni di età nei prossimi decenni. Immaginiamo allora che i tagli alla sanità blocchino o addirittura abbassino questa aspettativa di vita. Sarebbe un doppio guadagno per le casse dello Stato, da un lato risparmi sulla spesa sanitaria, dall’altro su quella pensionistica perché pur andando in pensione più tardi si morirebbe prima. Tempo fa una giornalista televisiva parlando del sistema pensionistico si lasciò scappare che i costi crescevano perché “purtroppo” si viveva più a lungo. Ecco, con quel purtroppo la giornalista era in perfetta sintonia con le intenzioni dei governanti liberisti.
I medici sono giustamente in rivolta contro questa legge, perché verrebbero sottoposti ad uno standard di regole e comportamenti di modello aziendalistico. È evidente infatti anche in questa “riforma” il modello Marchionne, il nume ispiratore a cui Renzi vorrebbe fare un monumento. Come nella scuola con i presidi caporali, anche nella sanità ci saranno strutture e poteri burocratici che avranno il compito di decidere sui comportamenti. Il modello aziendale fondato sul profitto è quello che da tempo si sta imponendo nei servizi pubblici, in questo modo trasformando le persone ed i loro diritti costituzionali in oggetti di mercato. Ancora più infame è poi la partita di scambio che viene offerta ai medici per compensarli della distruzione della loro libertà. Il governo intende impedire le cause dei cittadini per malasanità. Così come ha fatto con il decreto Ilva, che ha garantito impunità ai manager che inquinano nell’esercizio delle loro funzioni, il governo offre la stessa protezione ai medici. I pazienti saranno meno immuni da malattie gravi, ma i medici verranno immunizzati dalle cause dei pazienti.
L’Italia è il paese di Cesare Beccaria, che alla cultura medioevale
contrappose quella illuminista delle pene: meglio un colpevole libero
che un innocente in prigione. Con lo stato sociale questo principio di
civiltà si era esteso ai diritti
sociali. Meglio spendere 13 miliardi in visite anche per chi non ne ha
bisogno, che negare le cure a chi invece ne necessita. Ora con le
politiche di austerità il governo abbandona i principi illuministi per
tornare a quelli medioevali, meglio che un malato muoia prima piuttosto
che spendere dei soldi in più. L’autorità pubblica ha così potere
di vita e di morte e il principio che la ispira è quello del mercato,
rispetto alla cui suprema autorità, come nel Medio Evo, le persone
normali non hanno più diritti personali indisponibili. Quella dell’austerità è prima di tutto una cultura di morte.(Giorgio Cremaschi, “La sanità modello Marchionne”, da “Micromega” del 24 settembre 2015).
http://www.libreidee.org/2015/10/sanita-da-medioevo-solo-per-ricchi-linfame-modello-renzi/

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