“Un
giorno vi fu una lunghissima e interessante conversazione sui tipi.
Gurdjieff riprese tutto ciò che aveva già detto su questo argomento,
con molte aggiunte e con particolari indicazioni per il lavoro
personale: "Ciascuno di voi ha probabilmente incontrato nella sua vita
persone dello stesso tipo. Tali persone hanno sovente lo stesso aspetto
esteriore e anche le loro reazioni interiori sono le stesse. Ciò che
piace ad uno, piacerà anche all'altro. Ciò che l'uno detesta, pure
l'altro detesterà.
Ricordatevi
questi incontri e le osservazioni che avete fatto, poiché si può
studiare la scienza dei tipi solo incontrando dei tipi. Non vi è altro
modo. Tutto il resto è immaginario. Dovete capire che nelle condizioni
attuali della vostra vita non potete incontrare più di sei o sette tipi
di uomini, benché in realtà ve ne siano di più. Tutti gli altri non sono
che le diverse combinazioni di questi tipi fondamentali".
"Quanti
tipi fondamentali vi sono in tutto?" domandò uno di noi. "Qualcuno dice
dodici - rispose Gurdjieff - secondo la leggenda, i dodici apostoli
rappresenterebbero i dodici tipi. Ma altri dicono siano di più." Restò
in silenzio un momento. "Possiamo conoscere questi dodici tipi, ossia
possiamo definirli e conoscerne le caratteristiche?" chiese uno dei
presenti.
"Aspettavo
questa domanda - disse Gurdjieff- e non mi è mai capitato di parlare
dei tipi senza che qualche persona intelligente facesse questa domanda.
Come mai non comprendete che se questo potesse essere spiegato, da molto
tempo qualcuno l'avrebbe già fatto! Ma la difficoltà è che i tipi e le
loro differenze non possono essere definiti nel linguaggio ordinario, e
voi siete ancora lontani dal conoscere il linguaggio nel quale ciò
sarebbe possibile.
È
esattamente la stessa cosa per le 'quarantotto leggi'. C'è sempre
qualcuno che mi domanda perché non si possono conoscere le quarantotto
leggi. Come se fosse possibile! Dovete comprendere che vi si da tutto
ciò che può esservi dato, e a partire da questo aiuto tocca a voi
ricavare il resto! Ma io perdo il mio tempo dicendovi questo, lo so. Voi
non mi comprendete ancora, e non mi comprenderete per molto tempo.
Pensate alla differenza fra sapere ed essere. Per comprendere certe cose
un cambiamento d'essere è necessario".
"Ma
se non vi sono più di sette tipi attorno a noi, perché non possiamo
conoscerli, cioè riconoscere ciò che costituisce la loro principale
differenza ed essere in grado, quando li incontriamo, di identificarli e
distinguerli?".
"Dovete
cominciare con voi stessi e riferirvi alle osservazioni delle quali vi
ho già parlato, rispose G. In ogni altro caso si tratterebbe di una
conoscenza inutilizzabile per voi. Alcuni fra voi pensano di poter
vedere i tipi, ma non sono certamente i tipi che essi vedono. Per vedere
i tipi, bisogna prima conoscere il proprio tipo. Questo deve essere il
punto di partenza.
E
prima di conoscere il proprio tipo, occorre avere studiato a fondo la
propria vita, tutta la propria vita, fin dall'inizio. Bisogna sapere
perché e come le cose sono accadute. Io vi darò un compito, che sarà
contemporaneamente generale e individuale. Ciascuno di voi, nel gruppo,
racconterà la sua vita, dirà tutto senza nulla abbellire e nulla
omettere. Mettete l'accento su ciò che è fondamentale ed essenziale,
senza perdervi nei dettagli.
Dovete
essere sinceri e non temere che gli altri possano travisare ciò che voi
direte; poiché ciascuno di voi si troverà nella stessa situazione. Che
ciascuno di voi si spogli, si mostri quale egli è. Comprenderete così
una volta di più perché niente deve trapelare al di fuori del gruppo.
Nessuno
oserebbe mai parlare, se pensasse o supponesse che le parole da lui
dette nel gruppo potrebbero essere riferite all'esterno. Occorre dunque
che egli sia fermamente convinto che nulla verrà riferito. Solo allora
potrà parlare senza paura, sapendo che gli altri dovranno fare come
lui".
Poco
dopo Gurdjieff ritornava a Mosca e in sua assenza noi cercammo di
portare avanti il compito che ci aveva dato. Dapprima, per facilitare i
primi tentativi, alcuni di noi, su mio suggerimento, cercarono di
raccontare la storia della propria vita non alla riunione generale del
gruppo, ma in piccoli gruppi composti dalle persone che conoscevano
meglio. Devo proprio dire che tutti questi tentativi non approdarono a
nulla.
C'era
chi diceva troppo, e chi non abbastanza. Alcuni si perdevano in
particolari inutili o in descrizioni di ciò che consideravano come loro
caratteristiche particolari e originali; altri si concentravano sui loro
'peccati' e i loro errori. Ma tutto questo, nell'insieme, era ben
lontano dal produrre ciò che Gurdjieff sembrava aspettare. Come
risultato vi furono aneddoti, resoconti cronologici senza interesse o
ricordi di famiglia, che facevano sbadigliare tutti. Qualcosa non
andava.
Ma
dove fosse l'errore, nemmeno coloro che si erano sforzati d'essere il
più possibile sinceri erano in grado di stabilirlo. Mi ricordo dei miei
tentativi. I ricordi che ho conservato dei miei primissimi anni non
hanno ma cessato di stupirmi; tentai allora di evocare certe impressioni
della mia prima infanzia che mi sembravano psicologicamente
interessanti. Ma tutto ciò non interessò nessuno, e mi resi rapidamente
conto che non era questo che ci era stato richiesto.
Continuai,
ma quasi immediatamente fui invaso da una certezza: vi erano due cose
delle quali non avevo la minima intenzione di parlare. Si trattava per
me di un aspetto completamente inatteso. Avevo accettato l'idea di
Gurdjieff senza la minima opposizione e pensavo di poter raccontare la
storia della mia vita senza particolari difficoltà. Ma questo compito si
rivelava del tutto impossibile. Qualcosa in me elevava una protesta
così veemente che non tentai nemmeno di lottare.
E
quando giunsi a parlare di certi periodi della mia vita di cui non
volevo parlare, cercai di darne soltanto il senso generale. In questa
circostanza notai che la mia voce e le sue intonazioni cambiavano mentre
parlavo. Questo mi aiutò a comprendere gli altri. Quando parlavano di
se stessi e della loro vita, anche loro avevano delle voci differenti,
delle intonazioni diverse, che incominciavo a riconoscere.
E
potevo talvolta identificare, per averle già sentite in me stesso,
certe intonazioni di un genere particolare: esse mi indicavano gli
istanti in cui gli altri volevano nascondere qualcosa. Ma le loro
intonazioni li tradivano. L'osservazione delle 'voci' doveva permettermi
in seguito di comprendere molte altre cose. Quando Gurdjieff fu di
ritorno a Pietroburgo (era rimasto questa volta a Mosca due o tre
settimane) lo mettemmo al corrente dei nostri tentativi: ascoltò tutto e
disse semplicemente che non sapevamo separare la 'personalità' dall'
'essenza'.
"La
personalità – disse - si nasconde dietro l'essenza, e l'essenza si
nasconde dietro la personalità; così si coprono a vicenda". "Come è
possibile separare l'essenza dalla personalità?” Domandò uno dei
presenti. "Come separereste ciò che vi appartiene da ciò che non vi
appartiene? - replicò Gurdjieff - Occorre pensarvi, occorre domandarsi
da dove vi è venuta questa o quell'altra caratteristica. E soprattutto
non dimenticate mai che la maggior parte delle persone, specialmente nel
vostro ambiente, non possiede pressoché niente di proprio.
Niente
di ciò che hanno appartiene loro; il più delle volte l'hanno rubato;
tutto ciò che essi chiamano le loro idee, le loro convinzioni, le loro
teorie, i loro concetti, tutto è stato arraffato da varie sorgenti. È
questo insieme che costituisce la loro personalità; ed è questo che deve
essere messo da parte". "Ma proprio voi dicevate che il lavoro comincia
dalla personalità" disse allora qualcuno.
"Niente
di più vero - rispose Gurdjieff - perciò dobbiamo per prima cosa
stabilire di quale momento nello sviluppo dell'uomo e di quale livello
d'essere intendiamo parlare. Io stavo semplicemente parlando di un uomo
nella vita, senza legame alcuno con il lavoro. Un tale uomo, soprattutto
se appartiene alla classe 'intellettuale', è quasi esclusivamente
costituito dalla personalità. Nella maggior parte dei casi la sua
essenza ha cessato di crescere fin dalla più tenera età.
Conosco
rispettati padri di famiglia, professori pieni di idee, noti scrittori,
uomini di stato, la cui essenza ha cessato di svilupparsi verso l'età
di dodici anni. Non è poi tanto male. Capita talvolta che lo sviluppo
dell'essenza si arresti definitivamente a cinque o sei anni. Da quel
momento, tutto ciò che un uomo potrà acquisire in seguito non gli
apparterrà: sarà solo un repertorio di cose morte, apprese sui libri;
non si tratterà che di una contraffazione ".
Seguirono
numerose conversazioni alle quali Gurdjieff prese parte. Volevamo
comprendere la ragione del nostro fallimento nel compito che ci era
stato dato. Ma più ne parlavamo, meno comprendevamo ciò che Gurdjieff in
realtà si attendeva da noi. "Questo rivela fino a qual punto voi non
conoscete voi stessi - disse Gurdjieff - non dubito che almeno alcuni
tra voi abbiano voluto sinceramente fare ciò che avevo chiesto, vale a
dire raccontare la storia della loro vita.
Tuttavia,
come avete visto, non vi è stato possibile, non sapevate neppure da
dove incominciare. Sappiate però che si tratta solamente di un rinvio,
poiché dovrete prima o poi passare di lì. Questo è uno dei primi 'tests'
sulla via. Chi non l'ha superato, non potrà andare oltre"."Cos'è che
non comprendiamo?".
(Piotr D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto)
fonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2015/10/tipi-umani.html
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