L’ex-direttore della CIA Michael J.
Morell è l’ultimo della falange di capi militari e d’intelligence degli
Stati Uniti che gettando ogni pretesa di neutralità politica appoggiando
con tutte le forze la candidata democratica alla presidenza Hillary
Clinton. In un articolo sul New York Times Morell ha crudamente sostenuto Clinton come la più “altamente qualificata comandante in capo… nel mantenere la nostra nazione al sicuro”.
L’editoriale dell’ex-capo della CIA era anche un’aggressione spuntata
al rivale presidenziale repubblicano Donald J Trump. Morell ha detto che
il miliardario politico di New York “non solo non è qualificato alla
carica, ma costituirebbe anche una minaccia alla nostra sicurezza
nazionale”. Il vecchio tema della paura per la “sicurezza nazionale” è
stato riabilitato come criterio per l’elezione di Clinton, che è anche
una connotazione inquietante del regime totalitario sempre più
militarizzato che gli Stati Uniti diventano.
Mentre ricopre Clinton di
lodi incandescenti, l’ex-capo delle spie della CIA affligge Trump con
una litania di difetti, tra cui “auto-esaltazione, reazione eccessiva a
presunte offese, tendenza a prendere decisioni basate sull’intuizione,
rifiuto di cambiare le opinioni sulla base di nuove informazioni,
disattenzione continua ai fatti, mancanza di volontà di ascoltare gli
altri e mancanza di rispetto per lo Stato di diritto”. Il “colpo di
grazia” di Morell a Trump è che sia un “pericolo la sicurezza nazionale”
per la presunta indifferenza verso l’alleanza militare guidata dagli
Stati Uniti, la NATO, e la sicurezza europea e la riluttanza ad
affrontare la Russia.
Dopo aver accusato Trump di essere “distratto sui
fatti”, Morell fa tale spericolata affermazione sensazionalista: “Nell’intelligence diremmo che Putin ha reclutato Trump come agente inconsapevole della Federazione russa”.
È un’interferenza incredibile nella sfera nominalmente civile della
politica degli Stati Uniti da parte di elementi militari e paramilitari
mai eletti, dove un candidato alla presidenza viene accusato di essere
un burattino degli stranieri. È un ritorno alla caccia alle streghe di
McCarthy e alle “attività antiamericane” della guerra fredda. Tale
intervento pubblico di un capo della CIA nelle elezioni presidenziali
degli Stati Uniti è un affronto straordinariamente sfacciato alle norme
costituzionali.
Tradizionalmente, i militari e l’intelligence
statunitensi erano sempre stati attenti ad assumere una posizione neutra
nella politica a Washington, almeno in pubblico. Nelle elezioni del
2016, tuttavia, i confini tra politica e potere militare chiaramente
scompaiono. I militari e la cabala dello Stato profondo, in effetti,
agiscono preordinando il prossimo occupante della Casa Bianca. Tale
situazione differisce quasi di nulla dal colpo di Stato militare che
nomina una giunta amministrativa civile.
Alla Convenzione nazionale democratica di Philadelphia, l’approvazione
di Hillary Clinton del vertice militare era evidente. Una delle
principali cheerleaders del Pentagono era il generale dei Marine John
Allen, che fece un discorso agghiacciante e farneticante dichiarando
come “i nostri nemici avranno paura” degli USA guidati da
Clinton. Tale spinta politica dell’esercito statunitense ha anche creato
disagio tra certi ambienti del Pentagono. Solo pochi giorni dopo il
raduno militarista della DNC, il Generale Martin Dempsey, ex-Presidente
degli Stati Maggiori Riuniti, ha fatto il passo senza precedenti di
pubblicare un ammonimento nell’articolo: “Tenete la vostre idee politiche per voi, miei amici generali e ammiragli”.
Dempsey non ha menzionato il generale Allen o altri per nome, ma era
chiaro che si riferisse a chi mostra un sostegno sciovinista a Clinton.
Ed era anche chiaro che Dempsey vede l’abbraccio politico aperto del
Pentagono come preoccupante segno dell’indebolimento della democrazia
negli Stati Uniti, temendo “l’erosione delle relazioni civili-militari”. Cosa porta ad Hillary Clinton tale sostegno? L’ex-capo della CIA Morell ne elencava gli “attributi” come
“la convinzione che l’America sia una nazione eccezionale che deve guidare il mondo per rendere il Paese sicuro e prospero; la comprensione che la diplomazia può essere efficace solo se il Paese è visto disposto e capace di usare la forza se necessario; e, più importante, la capacità di prendere le decisioni più difficili, anche mettendo giovani donne e uomini americani in pericolo”.
In altre parole, ciò che è più
apprezzato in Clinton sono volontà e disponibilità a trascinare gli USA
in sempre più guerre. Nonostante l’eredità terribile di cui è già
responsabile come segretaria di Stato dell’amministrazione Obama
(2009-2013), quando perseguì le guerre in Afghanistan, Iraq, Libia e, di
nascosto, Siria e Ucraina. Eppure l’ex-capo della CIA Morell, che ha
operato con Clinton in tali guerre disastrose, ha la faccia tosta di
censurare Trump per “mancanza di rispetto dello Stato di diritto”.
Al contrario, Trump, pur con tutti i difetti e punti di vista distorti
su immigrazione e razza, non ha sposato un tale zelo guerrafondaio. In
effetti, il candidato repubblicano ha chiesto la normalizzazione delle
relazioni con la Russia, in particolare, e ha comunicato che ordinerebbe
il ritiro delle forze statunitensi da Asia, Europa e in altre regioni,
per “ricostruire l’America prima”. Le sue idee su non avviare
un’ipotetica guerra per difendere le nazioni baltiche della NATO da
un’inverosimile invasione russa, sono viste da molti statunitensi comuni
come buon senso.
Nell’intreccio Pentagono-CIA, tuttavia, le opinioni di
Trump sono un anatema. Ciò che ha spinto a scegliere Clinton come
candidata del complesso militare-industriale degli Stati Uniti è che
aumenterà i profitti delle imprese e il budget annuale da 600 miliardi
di dollari per alimentare il leviatano di Pentagono e CIA. Fondamentale
perciò è rafforzare la politica estera bellicosa nei confronti del mondo
in generale e della Russia in particolare. O, come dice Morell, la “convinzione
di Clinton che l’America sia una nazione eccezionale che deve guidare
il mondo per rendere il Paese sicuro e prospero”. E’ tale ideologia eccezionale e suprematista di Washington che ha portato il mondo ad un precipizio così pericoloso.
Hillary Clinton, paradossalmente, molto più del cane sciolto Donald Trump, si dimostra essere l’esempio di ciò che può chiamarsi ideologia neo-fascista sempre più presente a Washington. I pretoriani di Pentagono e CIA che si radunano attorno Clinton non solo anticipano lo stato totalitario militarizzato amministrato da Washington, sono anche il segnale che gli Stati Uniti avanzano apertamente verso una politica d’imperturbabile e sfrenata guerra permanente contro qualsiasi Paese prendano di mira.
Finian Cunningham Strategic Culture Foundation 08/08/2016
La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line Strategic Culture Foundation.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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