giovedì 27 febbraio 2014

L’Austria tornerà ai Balcani?

L’Austria tornerà ai Balcani?

Nel centenario della prima guerra mondiale, la parola "revisione" sta diventando molto popolare nei Balcani. Ecco allora i tentativi di rivedere l'accordo di Deiton, e le critiche per il fatto che i Balcani abbiano causato lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, e il ritorno dell’influenza austriaca.
 
Forse alle storie della "primavera bosniaca” qualcuno in Europa ci crede, ma di certo non nei Balcani. Le agitazioni qui, dapprima, possono aver avuto carattere sociale, ma si sono rapidamente evolute in tentativi di usarle per scopi politici.

Ci sono due fattori, uno interno e uno esterno. In primo luogo, quest'anno ci saranno le elezioni in Bosnia-Erzegovina. Quasi tutti i partiti politici qui per quattro anni non hanno fatto nulla per migliorare la vita dei cittadini. Ora, secondo l'antica tradizione balcanica, per vincere di nuovo le elezioni si parla di una Bosnia-Erzegovina unificata, minacciando anche la guerra tra le varie parti della federazione.
Il fattore esterno è la partecipazione attiva dei funzionari austriaci nei disordini in Bosnia-Erzegovina. Nominato lo scorso anno, il ministro degli Esteri austriaco Sebastian Kurtz il giorno dopo aver preso ufficio è giunto in Croazia, "per dimostrare che la regione dei Balcani occidentali è una delle priorità della politica estera austriaca". Vienna riconosce la natura sociale dei disordini in Bosnia-Erzegovina, ma vede la soluzione in un nuovo Deiton. Kurtz ha direttamente chiesto di discutere la questione della modifica della Costituzione:
Le persone meritano di vivere in un paese con una struttura politica funzionante. Deiton ha funzionato per il ristabilimento della pace. Ora serve una nuova costituzione.
L’Alto Rappresentante per la Bosnia-Erzegovina, Valentin Inzko, ha minacciato un aumento del contingente austriaco nel paese, e in caso di un aggravamento della situazione, l'introduzione di truppe dell'Unione europea. Ma se l'agitazione ha carattere sociale, come sottolineano costantemente le élite politiche bosniache ed europee, a cosa serve l'esercito? Questo, dopotutto, non è intervenuto durante le manifestazioni o in Grecia o in Spagna, e in Italia.

Catherine Ashton ha respinto la proposta di Inzko sull’invio di truppe, ma come confermato dal ministro della Difesa Gerald Klug, il contingente austriaco di 190 soldati in Bosnia-Erzegovina, quest’estate aumenterà di altri cento. In una recente riunione del governo austriaco si è deciso di inviare, nel primo semestre di quest'anno, un ulteriore contingente di 130 soldati nella Kosovo Force. In tutto, lì ci saranno 500 soldati austriaci, che verranno mandati a nord, in sostituzione di quelli francesi. Così, in Kosovo e in Bosnia-Erzegovina, l’Austria, tra i paesi non membri della NATO, avrà il contingente maggiore.

L’intensificazione della politica di sicurezza dell’Austria si manifesta anche nel tentativo di partecipare alle missioni dell'UE in Africa centrale e nel Mali, nell’ambito di un mandato delle Nazioni Unite. "Dobbiamo essere presenti ovunque ci sia una crisi", ha detto il ministro Klug.

Intanto, in Austria si organizzano simposi scientifici, si pubblicano libri sulla Prima Guerra Mondiale, si girano film. Il tutto con l'obiettivo di spostare la colpa per lo scoppio della prima guerra mondiale da un’altra parte, se possibile, sui serbi. Non c'è da meravigliarsi se durante i disordini in Bosnia-Erzegovina sia stato appiccato il fuoco all’Archivio di Stato, dove sono custoditi i più importanti documenti del periodo dell'Impero austro-ungarico.

Analogamente, non stiamo celebrando solo il centesimo anniversario dell'inizio della Grande Guerra, ma vediamo anche che questi cento anni è come se non ci fossero nemmeno stati. La situazione è molto simile a quella del 1914. L’Austria minaccia nuovamente l’intervento dell'esercito, e la Germania esercita pressioni sulla Serbia, chiedendo che i serbi cambino la loro versione della storia, e la loro visione del futuro del paese.




Nessun commento:

Posta un commento