martedì 24 giugno 2014

BIODIESEL - come farlo in casa


Che cosa è
La prima volta che ho sentito parlare del biodiesel è stato qualche anno fa alla televisione.

Era uno di quei documentari in cui si presentano fonti di energia alternative pulite; si parlava di combustibile ricavato dai semi di girasole e di sperimentazione sui mezzi pubblici.

Avevano fatto anche cenno alla possibilità di coltivare terreni poco redditizi a piante oleaginose da cui estrarre l’olio da cui ottenere il carburante.

La cosa che più mi aveva stupito era stato un gesto dimostrativo del personaggio intervistato:
aveva messo due dita nel barattolo di biodiesel, in primo piano, e se le era portate alla bocca!

Se lo avessi fatto con del gasolio comune avrei tossito per un bel po” erano state le sue parole.
 
Poi non ne ho più saputo nulla per diversi anni; evidentemente certe cose non vengono pubblicizzate troppo, forse per questioni di interessi economici o perché era meno radicata e presente nelle amministrazioni pubbliche l’idea di usare fonti di energia meno inquinanti.

Qualche mese fa ho scoperto che alcuni temerari alimentavano vetture a gasolio con olio di semi, in quanto ha caratteristiche abbastanza simili al gasolio e può lubrificare meglio la pompa di iniezione. Inoltre costa meno e bruciando produce molte meno emissioni inquinanti. Eureka!

Mi sono documentato al riguardo, e in effetti ho scoperto che il caro vecchio Rudolf Diesel, inventore del motore omonimo, aveva pensato a questo sistema prima dell’avvento del petrolio (erano i primi anni del ‘900). Egli aveva utilizzato come combustibile olio di arachidi e ne aveva auspicato la coltivazione in terreni altrimenti inutilizzabili, per poter alimentare questo motore da lavoro.


Ahimè le cose poi sono andate come sappiamo, e ho anche potuto constatare che l’evoluzione dei moderni motori diesel non è sempre compatibile con il propellente vegetale usato in origine.

Ho letto alcune “discussioni virtuali” a riguardo e non tutti i motori gradiscono un carburante molto più denso del gasolio comune (dai 2/6 cSt del gasolio si passa ai 70/80 cSt dell’olio di semi!).

L’unico modo di riportarlo a valori di densità paragonabili al gasolio è una reazione di transesterificazione (ossia di trasformazione di un estere in un altro estere) che spezzi le molecole dei trigliceridi che compongono l’olio in catene più piccole e quindi più fluide.

Ed ecco il biodiesel, all’anagrafe EMV (Estere Metilico Vegetale), nuovo combustibile pulito, rinnovabile e ad effetto serra nullo (ributta in aria la CO2 usata dalle piante per produrre l’olio).

Un po’ di chimica
Per fare chiarezza sui termini che ho usato, gli esteri non sono molecole che provengono da oltreconfine (passatemela) ma semplicemente una specie chimica che si forma dall’unione di un alcool con un acido grasso.

Gli acidi grassi sono a loro volta molecole tutto sommato molto simili agli idrocarburi a lunga catena presenti nei distillati di petrolio.


I trigliceridi sono esteri formati da una molecola di glicerina (che è un trialcool) e da tre acidi grassi.
Quindi va da se che è una molecola piuttosto grande rispetto a quelle lineari degli idrocarburi, bisognerebbe spezzettarla, eliminando la glicerina e attaccando gli acidi grassi ad un alcool più piccolo, come il metanolo.


Ed ecco la transesterificazione; non è un gioco di prestigio inventato da mago Silvan, come suggerirebbe il nome, si tratta solo di scambiare un alcool grosso e “ramificante” con uno piccolo e semplice.



Come si può vedere nello schema sopra, da una grande molecola di partenza se ne ottengono 3 più piccole (si tenga presente che le “-R” sono catene di 12/18 atomi di carbonio, quindi piuttosto lunghe).

Facciamolo in casa!
Qualcuno oltreoceano si fa il biodiesel in casa, seguendo proprio questa reazione e magari usando come materia prima, i trigliceridi che provengono da qualsiasi fonte, olio vegetale nuovo, olio fritto di cucina, grassi animali…

Insomma la cosa è sempre più interessante, oltre ad essere una fonte economica e pulita di energia, questo biodiesel permette di riciclare gli scarti alimentari grassi di cucina per fare del combustibile!

Siccome sono pigro e non volevo rispolverare le mie nozioni di chimica ho seguito pari pari le “ricette” trovate su un ottimo sito web che vi consiglio caldamente (è in inglese ma anche ha molte immagini chiare www.journeytoforever.org).

In concreto per la razione occorrono 3 molecole di alcool metilico (o etilico) per ogni molecola di trigliceride da trasformare e un po’ di catalizzatore (soda caustica) per promuovere la reazione.
Tradotto in misure a noi più familiari ci vorrebbe 0,1 litro di metanolo e circa 3,5g di soda caustica (NaOH) per ogni litro di olio fresco.


Ma siccome ogni reazione tende ad un equilibrio e noi vogliamo che tutto l’olio sia trasformato e non solo una parte si usa un eccesso di alcool per spingere la reazione verso la totale conversione.
 

Quindi la ricetta è :
  • - X litri di olio fresco
  • - 0,2*X litri di metanolo
  • - 3,5*X grammi di soda caustica
Volendo si può usare anche l’olio usato in cucina dopo la frittura, ma in tal caso va aggiunta una aliquota in più di catalizzatore per neutralizzare gli acidi grassi liberi,e va eliminata l’acqua e le scorie di cibo eventualmente presenti.

Tale aliquota si calcola con un metodo detto titolazione, per il quale vi rimando sempre al sito che vi ho segnalato sopra.


In linea di massima con olii non troppo usati la dose totale di NaOH è circa 6,25g per litro.
 

Siccome il metanolo non è facile da reperire, ed è soggetto a controlli, dopo gli avvelenamenti del vino di alcuni anni fa (il metanolo è un composto tossico per contatto e ingestione e va usato con le dovute cautele e precauzioni!), ho pensato che la cosa poteva essere più semplice usando il comune etanolo (il classico alcool rosa che usiamo tutti per disinfettare e pulire).

L’etanolo è inoltre di origine biologica e non è tossico come il metanolo, si trova ovunque e non ha particolari precauzioni d’uso, se non quelle che già conosciamo per esperienza comune.


Come al solito però c’è un rovescio della medaglia: l’alcool deve essere assolutamente anidro (quindi quello a 90° e 95° gradi non vanno bene, pena l’insuccesso) perché l’acqua parassita la reazione, bloccandola, e promuovendo una reazione di saponificazione manda tutto a monte.
 

Quindi bisogna procurarsi dell’alcool etilico assoluto (99,9%) che è più difficile da trovare e costa
più caro.Una volta trovato bisogna usare più catalizzatore (7g/litro di olio contro i 3,5g/litro per il metanolo); ci vuole anche una maggiore quantità di alcool (27,5% contro il 20% dell’olio con il metanolo).


Le modalità di processo prevedono che prima si mescoli l’alcool con il catalizzatore, avviando la reazione tra i due, che forma un intermedio reattivo (il metossido di sodio, o l’etossido a seconda dell’alcool). Successivamente si uniscono il metossido e l’olio, a una temperatura tra i 35 e i 60°C (optimum a 45-50°C) agitando il tutto per circa un’ora.



I miei esperimenti in cucina per la gioia della nonna
Per cominciare, mi sono procurato gli ingredienti: olio di semi del discount, alcool etilico al 99,9 % e soda caustica granulare da un colorificio.

Ho comprato un fornelletto elettrico, una bilancetta da cucina precisa al grammo, e ho recuperato una vecchia pentola in disuso della capienza si circa 3 litri e un trapano.


Ho effettuato prove su un litro alla volta per non fare inutili e scoraggianti sprechi, quindi ho mescolato circa 275cc di alcool etilico (CH3-CH2-OH) con 7g di NaOH fino a completa dissoluzione.
 

A parte ho messo la pentola a scaldare sul fornelletto con un litro di olio di semi, e raggiunti i 50°C (ossia la temperatura di un termosifone più o meno) ho aggiunto l’etossido.


agitazione della miscela
Subito la miscela si intorbidisce e diventa di colore scuro, bisogna tenerla agitata per un’ora (ho usato un trapano su una colonnina, con un perno e una rondella saldata come agitatore).

Alla fine ho spento fornelletto e agitatore, e dopo poco si poteva già constatare la sedimentazione della glicerina densa e scura sul fondo, mentre la fase superiore era molto più chiara e liquida.


Insomma la reazione è riuscita! Basta lasciare riposare qualche ora per la completa separazione.


Se si dispone di un recipiente con un rubinetto in fondo si può far defluire prima la glicerina, e dopo l’estere prodotto.


A questo punto basta effettuare un lavaggio con acqua (meglio in tre cicli) per asportare saponi,

separazione glicerina-biodiesel
residui di alcool e soda dall’estere, e dopo una decantazione di alcune ore il biodiesel diventa limpido e “pulito” e si può usare come combustibile.

Ho effettuato prove con quantità maggiori di reagenti, usando sia metanolo che etanolo, sia olio nuovo che olio usato per friggere. Bisogna essere precisi e attenti nelle varie fasi, o si rischia di
ottenere degli insuccessi, reazioni che non avvengono, o si fermano a metà (mono e di gliceridi) o attendere invano la separazione di glicerina che non avviene mai(= qualcosa non ha funzionato).


Tenete presente che usando alcool etilico tutta l’operazione è più impegnativa, sia in termini economici, che in termini di cura dei particolari e tempo dedicato, per contro vi ripaga con una minore probabilità di successo (è proprio un ingrato!).


Per i lavaggi con acqua ho usato una botticella con una pompetta per acquari che soffia aria nell’acqua mischiata all’estere da lavare (rapporto acqua/estere ¼).


L’importanza del lavaggio
Ci tengo a precisare che il lavaggio del biodiesel prodotto è una fase che potrebbe sembrare superflua ma è invece essenziale.

Questo perché alla fine della reazione rimangono disciolte tracce di sostanze poco raccomandabili per la salute del motore (acidi grassi liberi, mono e di gliceridi, saponi, metanolo e soda caustica…).


Ci sono probabilmente diversi modo per farlo, io ho provato con successo quello che qui descrivo.
 

Mi sono procurato una botticella di plastica (HDPE) da 50litri con un rubinetto in fondo, una pompetta da acquari per soffiare aria, e relativa tubazione e erogatore.

Ho messo il biodiesel da lavare nella botticella 30 litri alla volta e ho aggiunto 10 litri di acqua.


A questo punto ho lasciato gorgogliare l’aria nell’acqua (che si trova in fondo, essendo più pesante) in modo da creare un continuo rimescolio tra acqua tirata su dall’aria e biodiesel da lavare.


Dopo qualche ora ho lasciato decantare l’acqua (che diventava biancastra) per circa 8 ore e la facevo defluire a sedimentazione completata.


Ho ripetuto il trattamento 3 vote, fino ad ottenere che l’acqua di lavaggio rimanesse pulita, quindi lasciavo riposare il biodiesel lavato per qualche giorno (subito è torbido, poi torna limpido).


In questo modo il prodotto è pronto, si potrebbe misurare il pH per essere sicuri che non ci siano più residui di soda, ma io non l’ho fatto, non avendo gli strumenti.


La prova del nove, la mia macchinina TDI
Alla fine mi sono fatto coraggio e ho buttato nel serbatoio la “pozione magica”.

Prima pochi litri nella riserva di gasolio rimasta, tanto per abituare il sistema, poi biodiesel puro al 100%.


Che dire, dopo lo stupore di sentire girare il motore perfettamente, e in modo più silenzioso e rotondo, ho provato la soddisfazione di constatare che le prestazioni erano allineate con quelle ottenute a gasolio, ma con un motore più fluido e piacevole. La cosa più entusiasmante è stato andare dietro l’auto col motore acceso e constatare che dallo scarico usciva “aria calda”, senza odore, e che nelle accelerate più profonde in 3° marcia era completamente assente la classica fumatina del turbodiesel (particolarmente evidente di notte con i fari delle altre vetture dietro).


Sono riuscito a produrre una 60ina di litri di metilestere e etilestere, sia di olio usato che nuovo,
con cui ho percorso più di 1000 chilometri senza inconvenienti di alcun tipo in percorsi di ogni tipo.
 

I consumi sono stati ottimi, la mia auto ha reso circa 20km/litro di biodiesel (motore VW 1.4 TDI 3 cilindri)

Il rovescio della medaglia
In tutto questo panorama idilliaco c’è però un rovescio della medaglia.

L’operazione non è così economica come potrebbe sembrare, per cui il biodiesel viene a costare
come il gasolio della pompa o poco meno. Ho fatto questo esperimento spinto dalla voglia di inquinare meno, provando una fonte di energia alternativa e rinnovabile. Se l’unica motivazione fosse stata di natura economica avrei fatto meglio a lasciare perdere in partenza.


La cosa più grave è che usando un carburante “fai da te” di qualsivoglia natura non ci si pagano le accise (che sarebbero le tasse sui carburanti), per cui, anche se animati dai migliori propositi,
si è a tutti gli effetti degli evasori fiscali, che è un reato perseguibile e quindi questa pratica è illegale.


Inutile dire che se solo fosse possibile reperire il biodiesel alle pompe il problema sarebbe risolto,
e siccome dopo averlo provato è avvilente riabituarsi al fetido gasolio e al motore più “ruvido”,
spero vivamente che qualcosa si muova per promuovere una via lecita e percorribile per questa
pregevole e sostenibile risorsa energetica.


Andrea alias Belinassu

fonte:  http://www.progettomeg.it/biodiesel_faidate.htm?PageSpeed=noscript

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