Il Mose di Venezia, la ricostruzione dell’Aquila, l’Expo di Milano,
il villaggio della Maddalena, il sistema Sesto (San Giovanni), gli
scandali della protezione civile, le mangerie sulla sanità e sui rifiuti
nel meridione e nel Lazio, le ruberie sulla Tav e le porcate nei
consigli regionali di mezza Italia (tutti quelli su cui si indaga), gli
sprechi nei palazzi siciliani: «Tutto questo mostra che gli apparati dei
partiti politici e della burocrazia sono strutturalmente dediti a
queste cose, che la politica
e l’amministrazione vivono di questo». Accusa Marco Della Luna: «La
partitocrazia equivale alla mafia: controllo del territorio, lavoro,
istituzioni, spesa pubblica». Grazie all’apparato dei partiti, è
inevitabile che da noi le opere pubbliche costino il doppio o il triplo.
Ed è infantile sperare in qualche politico salvatore della patria:
«Qualsiasi premier, qualsiasi statista politico poggia per il potere
e per la fiducia in Parlamento su quegli apparati di partito e di
burocrazia, che non lo appoggerebbero se egli impedisse i loro
traffici».
Affarismo generalizzato, sistemico. «Irrazionale è anche pensare che
la magistratura di un cosiffatto paese possa risanare il sistema»,
scrive Della Luna nel suo blog. Il potere
giudiziario può colpire singoli imbrogli, non il sistema. Prima di
Tangentopoli, la giustizia non interveniva. «Si è mossa solo nel ’92 a
seguito del Britannia Party, quando si trattò di arrivare ad altri
scopi, soprattutto coprire operazioni di svendita del paese», la
super-privatizzazione per la quale fu cooptato Mario Draghi. Dal
“sistema”, inoltre, non sono esenti spezzoni della magistratura: dopo lo
scandalo Mose, lo stesso Cacciari ha rivelato di aver a suo tempo
«presentato un dossier su questo scandalo in una pubblica seduta della
Corte dei Conti, senza raccogliere interesse». E un giudice di questa
stesa Corte «ha denunciato di aver redatto un rapporto sulle mangerie
del Mose già nel 2009, ma di essere stato semi-silenziato da un
superiore». Piove sul bagnato: «Gli uomini della casta si riciclano
sempre tra di loro, e smettono solo se muoiono».
I “Compagni G” sono
inarrestabili, «non li fermi con l’interdizione dalle attività
pubbliche, ma solo rinchiudendoli a vita», perché «agiscono sott’acqua e
non hanno bisogno di assumere cariche pubbliche».
Finché vivranno questi uomini, circa 400.000 secondo il libro “La
Casta” di Aldo Rizzo e Gian Antonio Stella e almeno un milione secondo
altri, «l’Italia continuerà a declinare e non inizierà alcun
risanamento». Mose, in fondo, fa rima con Vajont e con Tav: opere
inutili, pericolose, inquinate. Idem per lo stillicidio dell’aumento
indiscriminato della cementificazione, motivato con la riduzione delle
piogge: le precipitazioni sono sì calate su base annua, ma si sono
concentrate in periodi rischiosi, moltiplicando le alluvioni. Ma il
cemento, si sa, fa comodo al “sistema”. Per non parlare del problema
numero uno, la finanza
pubblica “privatizzata” dai signori dell’euro. Perché non indagare
penalmente anche lì, continua Della Luna, dal momento che l’Italia
continua a non avvalersi dell’articolo 123 del Trattato di Maastricht
che consente agli Stati di finanziarsi presso la Bce attraverso una
banca pubblica?
In quel modo, il nostro paese «pagherebbe interessi
dello 0,25 o 0,15 % anziché del 5% sul debito pubblico,
risparmiando 80 miliardi l’anno». Meglio invece «prelevare 57 miliardi
con le tasse dagli italiani già colpiti dalla recessione solo per darle
ai banchieri predoni francesi e tedeschi onde assicurare i loro profitti
nei prestiti fraudolentemente da loro concessi a Grecia, Spagna e
Portogallo».
E ancora: «Perché non indagare i cancellieri europei che hanno
premuto in tal senso, forse ricattando e limitando nella loro libertà le
nostre istituzioni, appoggiati dai banchieri e dalle società di rating?
Perché non aprire un fascicolo sull’imposizione all’Italia dell’euro,
che si sapeva, tecnicamente, che avrebbe causato ciò che ha poi causato?
Lo si era già visto con lo Sme, molti economisti di vaglia l’avevano
predetto e gli effetti del blocco dei cambi erano descritti nei libri di
testo». Già, perché non indagare?
Il solo divorzio tra Stato e Banca
d’Italia, nel 1981, ha raddoppiato in pochi mesi il rapporto tra debito pubblico e Pil, cessando la funzione di Bankitalia come “bancomat” del governo a costo zero, per favorire l’interesse speculativo della finanza privata. «La politica
italiana degli ultimi decenni è piena di simili scelte distruttive per
il paese e lucrative per determinati soggetti finanziari, in termini sia
di denaro che di potere».
Dunque, «perché non indagare se costituiscano crimini contro gli
interessi nazionali? Alto tradimento? Attentato alla sovranità e
indipendenza nazionali mediante violenza economico-finanziaria sulla
popolazione e sull’economia
del paese?». E cosa si scoprirebbe, «rovistando nei circuiti di
compensazione bancaria semi-segreti» come Clearstream, Euroclear e
Swift? Magari che «i nostri politici, ministri, altri statisti, oltre a
prendere soldi dalle grandi imprese per i grandi appalti,
hanno preso soldi o altre utilità da finanzieri o statisti stranieri
per fare quelle operazioni disastrose per l’Italia».
Forse, continua Della Luna, «agli italiani non interessa nulla di ciò
che riguarda la sfera della legalità e della moralità, e accettano che i
loro governanti siano sleali e traditori». Un nome a caso, Matteo
Renzi: «Oggi riscuote successo e consenso un personaggio che ha
pugnalato alle spalle il suo compagno di partito, allora premier,
dicendoli di stare tranquillo, che non gli avrebbe tolto Palazzo Chigi.
Un personaggio che ha violato la promessa fatta pochi giorni prima alla
nazione, dicendo che non avrebbe accettato il premierato se non passando
per le urne». Davvero ottime credenziali, per un moralizzatore: in
qualsiasi altro paese, la sua carriera politica
sarebbe finita. In Italia, invece, quei vizi capitali diventano virtù.
Lo sanno bene «i poteri che lo hanno scelto», spianandogli la strada con
tutta la potenza dei media mainstream. Sapevano che
gli italiani ci sarebbero cascati, magari con l’aiutino degli 80 euro –
carota per gonzi, immediatamente compensata con più tasse e meno
servizi.
Chi se ne importa se Renzi «non ha una strategia macroeconomica per
rimediare», pazienza se «la disoccupazione, la domanda interna, gli
investimenti, il debito pubblico
continuano a peggiorare». Tutto ciò che il governo fa è
«autofinanziarsi prendendo i soldi del risparmio degli italiani per
ridistribuirli senza creare nuove fonti di reddito al paese». L’apparato
del partito pigliatutto ha una storia analoga a quella degli altri
partiti di potere:
il Pd «non ha chiarito come i suoi uomini hanno gestito o lasciato
gestire il Monte dei Paschi di Siena, saccheggiando di oltre 10
miliardi». Tutto ciò «non impedisce al novello statista di dichiarare,
con la massima e più virginale serietà di espressione, che se fosse per
lui condannerebbe per alto tradimento tutti i pubblici funzionari e
amministratori che si lascino corrompere.
Davvero il personaggio giusto,
per ridare la moralità alla Repubblica!». In Italia, chi fa davvero sul
serio resta isolato. Come il procuratore aggiunto di Venezia, Carlo
Nordio, titolare dell’indagine sul Mose: quando nel 1997 scrisse il
saggio “Giustizia” che metteva alla berlina il sistema Tangentopoli,
permettendosi anche «alcune benevole e mitigatissime critiche alle
lobbies dei suoi colleghi e ai parteggiamenti filocomunisti di certuni»,
secondo Della Luna l’Anm «attaccò il dottor Nordio con toni e contenuti
molto preoccupanti, esagerati e sorprendentemente minacciosi per un
paese in cui vige libertà di espressione».
Avanti Renzi, dunque. Show
must go on.
fonte: http://www.libreidee.org/2014/06/i-ladri-spolpano-il-paese-e-gli-italiani-credono-a-un-bugiardo/
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