giovedì 18 settembre 2014

STRAGE DI USTICA: LA VERITA’ INDICIBILE

  il relitto del DC 9 Itavia - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)

Io so e ho raccolto le prove, ma non c'è un editore disponibile alla pubblicazione: sembrano tutti a sovranità limitata. E allora, mi auguro, con il sostegno concreto di cittadine e cittadini, si procederà all'autopubblicazione del libro (e dell'ebook). Tra le numerose stragi impunite in Italia dal 1947 in poi, nessuno ci ha ancora detto cosa è accaduto il 27 giugno 1980 al DC9 Itavia e chi ha deciso di sacrificare 81 persone (tra cui due neonati) che erano a bordo per tutelare gli affari tra Stati. E sono trascorsi 34 anni. 
Una storia dimenticata quanto indimenticabile. Sragion di Stati: il livello politico non è mai stato sfiorato dalla magistratura che infine ha graziato i militari. Prove su prove ufficiali. La data segreta del trasporto dell'uranio arricchito era proprio quella del 27 giugno1980 (fonte: International Atomic Energy Agency). Il governo francese, con i suoi servizi segreti, sapeva che il Mossad sapeva. Infatti, lo Sdece era al corrente che con ogni probabilità i servizi israeliani avevano appurato la data in cui sarebbe stata effettuata la consegna dell'uranio arricchito all'Iraq. E allora? 
 
Temendo un attentato, - dopo quello verificatosi il 6 aprile 1979, 48 ore prima che il carico nucleare parta da Tolone alla volta dell’Iraq, il commando del Mossad penetra nei depositi della società Constructions navales et industrielles de la Méditerranée, a La Seyne-sur-Mer, e distrugge l’hangar numero 3, che contiene la fornitura destinata agli iracheni - e l’omicidio del fisico nucleare Yahya el-Meshad a Parigi il 14 giugno 1980, chiesero al governo tricolore di collaborare per la buona riuscita dell'operazione di trasporto strategico. E che interessi aveva l’esecutivo italiano di Francesco Cossiga (depistatore fino alla fine)? 
 
Un affare complessivo di ben 2,5 miliardi di dollari: petrolio in cambio di tecnologia nucleare in grado estrarre rapidamente il plutonio per ordigni nucleari, nonché forniture militari.



A Washington e Tel Aviv temevano che l'Iraq potesse dotarsi in breve tempo della bomba atomica, grazie alle forniture dell'italiana Snia Techint e dell'Ansaldo Nucleare sotto la supervisione del CNEN (poi Enea). Gli israeliani, addirittura, ne erano terrorizzati dopo aver battuto invano la via diplomatica. E quale piano concordarono? Per non far capire agli israeliani qual era il velivolo da attaccare, caricarono l'uranio su un cargo camuffato in modo che apparisse del tutto simile ad un DC9, ritardando ulteriormente la partenza del DC9 Itavia, in modo da far transitare entrambi i velivoli a breve distanza l'uno dall'altro. 
 
Ecco perché quella verità è inconfessabile. Dai tracciati radar è emersa la presenza di un velivolo bellico, proprio dietro al volo IH 870, e i periti l'hanno attribuita ad un caccia. 
 
Quel caccia tallonava il DC9, in modo da sembrare la sua scorta. E lo zio Sam in tutto questo, aveva ovviamente un ruolo. Ma come si giunse alla tragedia? Quando l'aereo radar d’oltralpe rilevò inequivocabili segnali di un'imminente azione israeliana, scattò l’allarme e da più siti di terra e di mare si levarono in volo aerei da guerra. Ecco perché il maresciallo Alberto Dettori operativo al radar AMI di Poggio Ballone parlò di quel rischio di guerra, e fu poi “suicidato” come tanti altri dalla solita intelligence. Quella sera ci fu una battaglia aerea e, nel corso di essa, fu colpito il DC9 Itavia. Perché proprio sul punto Condor fu consumata la tragedia? Perché lì in fondo al mare c'è un abisso di 3.600 mila metri, e perché all'epoca i radar del sistema NATO (NADGE) presentavano buchi neri, ossia vaste zone non coperte.
 
Scatole cinesi: un depistaggio che contiene un depistaggio che, a sua volta, contiene un altro depistaggio. Un depistaggio non solo temporale organizzato dal Sismi unitamente al Sios Aeronautica, ma anche con la sostituzione dell’aereo caduto con l’aereo che fu poi fatto trovare. Il depistaggio del cosiddetto "Mig" ha avuto una duplice caratterizzazione: la prima, volta a posdatare la caduta (18 luglio 1980) rispetto all’evento Ustica (27 giugno1980); la seconda, finalizzata ad occultare la verità sul velivolo effettivamente precipitato (Mirage/Kfir), il quale potrebbe essere stato verosimilmente sostituito col Mig libico, vale a dire col velivolo che s’è voluto far trovare. 
 
La storia del Mig è stata inserita in un secondo momento dai nostri servizi segreti per confondere le idee ai magistrati. In realtà, a cadere fu un aereo diverso: un Mirage o un Kfir (traccia radar AJ 450), posizionato nei cieli a 37 chilometri in posizione sud est della Sardegna. E subito dopo la caduta, si levarono a turno dalla base aeronavale di Sigonella in Sicilia ben 5 velivoli P 3 Orion da ricerca e ricognizione, che setacciarono la Calabria per rintracciarlo e per impedire il diffondersi della notizia. 
 
L'aereo di Castelsilano precipitato il 27 giugno non era un Mig. Solo che il governo italiano per non far trapelare le responsabilità di altre nazioni, provvide a recuperarlo in gran segreto e al suo posto fecero trovare i resti di un Mig, modello 23 MF, decollato dall’aeroporto AMI di  Pratica di Mare. Un depistaggio con tanto di messinscena per posdatare l'evento, orchestrato proprio il giorno (18 luglio 1980) dell’esercitazione NATO Demon Jam (marmellata del demonio).  
 
Insomma, in Sila il governo italiano ha mandato in onda il gioco delle tre carte. A Castelsilano non è caduto alcun Mig in connessione con Ustica. Quello che è stato rinvenuto è solo l'aereo che s'è voluto far trovare per nascondere una ben diversa realtà.
 
Quella, per esempio, che avrebbe fatto figurare altre nazioni, mai menzionate come nel caso di Israele, tra le principali protagoniste della battaglia aerea. E non a caso proprio su Israele, il 27 gennaio1998, l’allora presidente del consiglio dei ministri Romano Prodi, aveva opposto il segreto di Stato al giudice istruttore Rosario Priore.
 
Allora, i servizi segreti francesi (SDECE), d'accordo con quelli italiani (SISMI), avevano predisposto un programma ben preciso. Tale piano prevedeva che il trasporto dell'uranio dovesse avvenire proprio la notte della tragedia, per via aerea e con un cargo camuffato che doveva procedere sulla scia del DC9, ma a distanza di sicurezza per non dover correre i rischi che si è invece voluto far correre agli ignari passeggeri dell’Itavia. 
 
Era stata preventivata la possibilità che gli israeliani potessero colpire il DC9 per errore. I francesi e gli italiani sapevano che quel che poi è accaduto aveva un alto margine di probabilità che si verificasse. Lo sapevano e non hanno fatto nulla per impedirlo. Anzi, l’Italia ha ostacolatoe ritardato i soccorsi, ginbnti soltanto dieci ore dopo, quando invece in loco stazionava l0incrociatore lanciamissili Andrea Doria. I governi francese e italiano sapevano e addirittura resero ancora più probabile l'accadimento quando, da autentici professionisti del crimine, decisero di far scortare il DC9 da un loro aereo militare. E’ proprio questo che rende inconfessabile lo scenario. 
 
L’hanno fatto perché in tal modo, se gli israeliani, vale a dire i sabotatori, avessero attaccato, molto probabilmente sarebbe stato, com’è poi accaduto, proprio l’aereo civile italiano a rimetterci l’esistenza. Il DC9, non il cargo camuffato francese, che poi, dopo la battaglia aerea, passò indisturbato (il tracciato radar inequivocabile è agli giudiziari) e portò a termine la missione.
  
Eppure la strage di Ustica andrebbe studiata nelle scuole di ogni ordine e grado - dalle elementari all’università - perché contiene la storia indicibile del Belpaese. In qualsiasi altra parte del mondo se 81 cittadini inermi ed innocenti fossero stati assassinati nella esecuzione del medesimo disegno criminoso, come minimo sarebbe saltata qualche testa eccellente, qualcuno si sarebbe dimesso, un ministro, un generale, un responsabile dei servizi segreti. In Italia nessuno ha pagato, nessuno è andato in galera né, almeno, ha pensato di dimettersi, anzi ha fatto carriera perfino qualche  magistrato denunciato nel 1990 con dovizia di prove al CSM.  
 
Siamo l’unico Paese al mondo dove pezzi dello Stato, ovvero delle Istituzioni, invece di cercare i colpevoli di una strage, hanno ostacolato la ricerca della verità, depistato, distrutto prove, mentito. Siamo l’unico paese al mondo dove i familiari delle vittime sono stati addirittura minacciati di querela per aver sostenuto una tesi che poi la Corte di Cassazione ha ritenuto vera (lo scenario di guerra).
 
Anche per questo motivo la strage di Ustica dovrebbe costituire materia di insegnamento. Perché alcune cose vanno raccontate anche a chi all’epoca non era ancora nato. Perché se conosci Ustica, conosci il Paese dove sei nato e dove vivi. Se ti facessero studiare la strage di Ustica a scuola, avresti la possibilità di capire perché il nostro Paese ha un così scarso credito a livello internazionale.
 
Le ottantuno vittime sono poco più che un numero, una statistica per lo Stato tricolore e i mass media. Invece erano esseri umani, erano uomini, donne, bambini, anziani. Ognuno con la propria storia, il proprio vissuto. Le loro foto andrebbero affisse in ogni scuola, con una breve biografia. Non fosse altro per chiedere loro scusa. Non fosse altro per ricordare a tutti che su quell’aereo avrebbe potuto esserci ognuno di noi e che le cose brutte non capitano sempre agli altri. Non fosse altro per ricordare che il diritto alla verità ed alla giustizia non riguarda solo gli altri, ma riguarda tutti.
 
Solo questo sappiamo: che è stato impedito ai familiari di seppellire in pace i loro morti, che sono anche i nostri morti. Ed allora da Ustica come si esce? In un solo modo: in piena luce. Spiegando esattamente cosa accadde quella notte. Costi quel che costi. Questo Paese lo deve alle vittime, ai loro familiari, lo deve a tutti, cittadine e cittadini, grandi e piccini.
 
Gianni Lannes
 
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 USTICA: LE DUE STRAGI
 
  il relitto del DC 9 Itavia - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)
di Michele Russo

Sgretolato il muro di gomma: la verità è ben nota ai vertici dello Stato italiano e all'Aeronautica militare tricolore. Finalmente dopo 34 anni, grazie ad un’accurata inchiesta giornalistica sul campo, è stato sciolto il mistero sulla tragedia del DC 9 Itavia in cui persero la vita 81 persone; ed almeno un’altra ventina furono messe a tacere in seguito da un'intelligence innominabile, per non rivelare verità imbarazzanti che avrebbero fatto precipitare governi, e compromesso giganteschi affari, scombussolando equilibri geopolitici. 
 
Orbene, ben dieci editori italiani, privi di coraggio civile, pur apprezzando il lavoro hanno declinato l’invitato a pubblicare l’opera. Nel 2010 l’autore di sua iniziativa ha verbalizzato la portata della sua documentata scoperta ai magistrati Amelio e Monteleone della Procura di Roma, segnalando anche alcuni nuovi testimoni (ex militari italiani). 
 
Niente complottismi né opinioni, ma prove e fatti inequivocabili. Per la cronaca: nessun governo nostrano a tutt'oggi ha chiesto a Washington le registrazioni delle comunicazioni militari ed istituzionali, effettuate segretamente dal terminale Echelon in Italia (base di San Vito dei Normanni). Addirittura, a livello giudiziario, non è mai stata realmente esplorata la pista Tel Aviv, Roma, Parigi, Washington. E nessuno si è mai chiesto per quale ragione la nave Vittorio Veneto, della Marina Militare italiana, vicina al punto di schianto del Dc 9, non abbia prestato alcun soccorso. E che fine ha fatto il giornale di chiesuola di questo incrociatore lanciamissili?
 
Così Gianni Lannes, dopo aver interrotto le pubblicazioni sul suo blog, è giunto alla decisione di pubblicare in proprio questo volume che non può giacere in un cassetto, ma giungere alla conoscenza diretta dell’opinione pubblica.
 
Qua e là, l’autore ha già offerto qualche anticipazione della intricata vicenda sul diario internautico SU LA TESTA!.
 
 
In concreto si tratta di stampare almeno 10-12 mila copie con la prima tiratura e di realizzare anche una versione e-book, con l’impegno di tenere conferenze di presentazione in giro per l’Italia, ed affidare la distribuzione indipendente ed autonoma del volume - in ogni regione italiana - a comitati di cittadini ed associazioni senza fini di lucro.
 
Ora, eventualmente, tocca ai cittadini offrire un contributo economico per realizzare quanto prima questo progetto, poiché non si può pretendere dall’autore a sue spese  anche la stampa del libro, dopo che ha impegnato i suoi risparmi per portare a termine l’indagine.
 
Pertanto è a disposizione il seguente conto corrente di Poste Italiane (indicare la causale USTICA):
 
 
numero: 93227742
 
codice iban:
IT 80 J076 0115 7000 0009 3227 742
 
per l'estero codice BIC/SWIFT:
BPPIITRRXXX
 
in alternativa è disponibile la Poste Pay
numero 4023 6005 7050 9325
 
intestazione
Luciano Lannes
 
Per conttatti scrivere a:
sulatestaitalia@libero.it
 
Dopo decenni di insabbiamenti e depistaggi è emersa una verità indicibile per alcuni Stati che hanno macinato affari sul nucleare.
 
C’è un filo rosso e oscuro che attraversa la storia di del Belpaese, un filo al quale restano appesi come fantasmi i misteri che avvelenano la memoria e impediscono di definirci una democrazia compiuta. Dalla morte di Salvatore Giuliano passando attraverso la stagione prolungata dei golpes, delle stragi, del sequestro Moro, del Moby Prince, della P2, della trattativa segreta dei vertici di Stato tricolore con Cosa Nostra.  
 
Questo è lo Stivale della giustizia negata, delle verità inafferrabili, dei segreti di Stato. Il paese nel quale la partita globale della Guerra Fredda - sempre in atto - è costata un tributo pesante di vittime innocenti. Un Paese dalla sovranità molto limitata, anzi inesistente.
 
 

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