I
media occidentali ritraggono le operazioni anti-terrorismo congiunte
della Russia con il governo siriano come mezzo per espandere la propria
influenza al di là dei confini. CNN, nel suo articolo, “Petraeus accusa Putin di cercare di ristabilire l’impero russo“, va ancor più lontano affermando:
“Uno dei migliori ex-generali statunitensi paragona la situazione in Siria a un disastro nucleare storico, criticando implicitamente gli Stati Uniti per aver permesso di peggiorare, e accusando il presidente della Russia di cercare di ristabilire un impero”. CNN segnalava anche: “le mosse russe in Siria sono volte a sostenere e mantenere la base navale e la pista d’atterraggio lungo le coste mediterranee della Siria, e a puntellare il regime di al-Assad al fine di preservare l’influenza russa in Medio Oriente, ha detto Petraeus. “Penso che quello che Vladimir Putin vorrebbe fare è far risorgere l’impero russo”, ha detto”.
Ironia della sorte, gli Stati Uniti hanno oltre 800 basi militari nel
mondo, mentre occupano l’Afghanistan dal 2001 e compiono operazioni
armate in tutto il mondo da Somalia, Yemen, Iraq e Siria ai confini del
Pakistan.
L’unica base all’estero della Russia è infatti la struttura
navale di cui parla Petraeus. Petraeus non spiega come, nonostante tale
disparità evidente tra Russia e USA in politica estera, la Russia sia
sospettata di perseguire un'”impero” mentre gli Stati Uniti non sono per
nulla colpevoli di avere già creato e di lottare disperatamente per
mantenerne uno immenso. Mentre senza dubbio la cooperazione della Russia
con il governo siriano indica la capacità di Mosca di proiettare
potenza oltre i propri confini, l’ha fatto solo su richiesta del governo
legittimo della Siria, e solo dopo che tutte le altre opzioni possibili
erano esaurite. E nonostante molti rappresentino la crisi in Siria come
“guerra civile”, è evidente che non sia nulla del genere, ma terroristi
che ricevono ogni sostegno materiale, molti dei quali provenienti da
fuori della Siria, non dall’interno.
Fermare la Blitzkrieg Globale
Nel 2011 quando Stati Uniti e collaborazionisti nella NATO e del Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC) cercavano di distruggere lo Stato-nazione nordafricano della Libia, ciò fu ritratto come intervento isolato basato sulla dottrina geopolitica della “responsabilità di proteggere”, in altre parole di presunto intervento umanitario. Ciò che fu subito chiaro, anche prima che l’operazione si concludesse, è che l’obiettivo degli Stati Uniti era il cambio di regime fin dall’inizio, con molti gruppi militanti supportati dall’asse guidato dagli USA attraverso attacchi aerei e invio di armi per ciò che si rivelavano essere organizzazioni terroristiche, tra cui una sulla lista delle organizzazioni terroristiche straniere del dipartimento di Stato degli Stati Uniti, il Gruppo combattente islamico libico (LIFG).
Nel 2011 quando Stati Uniti e collaborazionisti nella NATO e del Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC) cercavano di distruggere lo Stato-nazione nordafricano della Libia, ciò fu ritratto come intervento isolato basato sulla dottrina geopolitica della “responsabilità di proteggere”, in altre parole di presunto intervento umanitario. Ciò che fu subito chiaro, anche prima che l’operazione si concludesse, è che l’obiettivo degli Stati Uniti era il cambio di regime fin dall’inizio, con molti gruppi militanti supportati dall’asse guidato dagli USA attraverso attacchi aerei e invio di armi per ciò che si rivelavano essere organizzazioni terroristiche, tra cui una sulla lista delle organizzazioni terroristiche straniere del dipartimento di Stato degli Stati Uniti, il Gruppo combattente islamico libico (LIFG).
Il senatore statunitense John McCain e altri posano con il capo di al-Qaida
Abdulhaqim Belhaj, dopo il crollo del governo libico per mano dei
terroristi sostenuti da USA-NATO-GCC. La Libia resta divisa e distrutta,
e altra fonte non menzionata dei rifugiati che inondando l’Europa
occidentale.
Poco dopo la caduta del governo libico a
Tripoli, apparve chiaro che l’aggressione militare degli Stati Uniti
alla Libia non fu per nulla un intervento isolato. Quasi subito dopo la
fine delle ostilità, i gruppi militanti armati e appoggiati da
USA-NATO-CCG iniziarono ad inviare armi e combattenti verso il membro
della NATO Turchia, dove fu allestita ciò che divenne l’invasione di
Aleppo, la città più grande della Siria. L’invasione di Aleppo era parte
di un’ampia campagna appoggiata dagli USA per dividere e distruggere la
Siria proprio come fu fatto in Libia.
Inoltre vi erano l’occupazione
USA-NATO dell’Afghanistan e la divisione e distruzione dell’Iraq
dall’invasione degli USA del 2003 e successiva occupazione. Considerando
ciò, quel che si svela è una campagna militare regionale di conquista
dal Nord Africa all’Asia centrale per premere sui confini di Russia e
Cina. Va inoltre ricordato che nel 2011 la cosiddetta “primavera araba”
finalmente si rivelò essere un piano del dipartimento di Stato degli
Stati Uniti che iniziò addestramento, equipaggiamento e inquadramento
degli attivisti contro i governi presi di mira anni prima, avviando le
proteste. Ciò fu ammesso dal New York Times in un articolo del 2011 intitolato
“Gruppi aiutati dagli USA per coltivare le rivolte arabe”, riferiva: “Un certo numero di gruppi e individui direttamente coinvolti nelle rivolte e riforme radicali della regione, tra cui il Movimento della Gioventù 6 aprile in Egitto, il Centro per i diritti umani del Bahrayn e attivisti come Entsar Qadhi, giovane capo nello Yemen, furono addestrati e finanziati da gruppi come International Republican Institute, National Democratic Institute e Freedom House, un’organizzazione senza scopo di lucro per i diritti umani con sede a Washington…”
Il New York Times
ammise anche che tali gruppi di Washington sono tutti a loro volta
finanziati e diretti dal dipartimento di Stato: “Gli istituti
repubblicani e democratici sono vagamente affiliati con i partiti
democratico e repubblicano. Sono stati creati dal Congresso e finanziati
attraverso il National Endowment for Democracy, istituito nel 1983 per
incanalare le sovvenzioni per promuovere la democrazia nei Paesi in via
di sviluppo. Il NED riceve circa 100 milioni di dollari all’anno dal
Congresso. Anche Freedom House riceve la maggior parte dei soldi dal
governo degli USA, soprattutto dal dipartimento di Stato.
Simili operazioni di cambio di regime furono effettuate direttamente ai confini occidentali della Russia nell’Ucraina, dove gli Stati Uniti appoggiarono i militanti neonazisti rovesciando violentemente il governo eletto di Kiev. Sulla scia del colpo di Stato, la junta si avviò a schiacciare qualsiasi opposizione, dai partiti politici ai gruppi armati che inevitabilmente si levarono contro i militanti neo-nazisti. E quando tale ondata di destabilizzazione globale, guerre e cambi di regime sostenuta dagli Stati Uniti sferzava la superficie del pianeta, al suo effimero successo l’arroganza degli USA era incontenibile. In un articolo di Atlantico del 2011 intitolato “La primavera araba: ‘un virus che attacca Mosca e Pechino‘”, rivelava esattamente il gioco ultimo di Washington: “(Il senatore statunitense John McCain) ha detto:
“Da un anno Ben-Ali e Gheddafi non sono al potere. Assad non sarà al potere l’anno prossimo. Questa primavera araba è un virus che attacca Mosca e Pechino”. McCain poi salì sul palco. Confrontare la primavera araba a un virus non è una novità per il senatore, a mia conoscenza, ma aggiungervi Russia e Cina lo è. La posizione del senatore McCain riflette un trionfalismo che rimbalza da questa conferenza. Vede la primavera araba come un prodotto occidentale e, potenzialmente, come strumento per affrontare altri governi non democratici”.
Valutando i commenti politici
statunitensi le prove documentate della natura artificiale della
cosiddetta “primavera araba” e delle operazioni di cambio di regime in
Ucraina, appare chiaro che effettivamente la “primavera araba” sia stata
senza dubbio “un prodotto concepito dall’occidente” e pieno “strumento”
che gli Stati Uniti hanno cercato di usare contro il resto del pianeta,
tra cui Mosca e Pechino. Nel 2011, l’uso della forza militare per
completare ciò che la destabilizzazione politica sostenuta dagli Stati
Uniti aveva interrotto non fu pienamente compreso.
Con gli Stati Uniti
che hanno distrutto Libia, Siria e Ucraina con la forza militare diretta
o per procura, è chiaro che essi siano impegnati in una rallentata
guerra lampo di 4.ta generazione, la rapida guerra di conquista militare
con cui la Germania nazista negli anni ’30 e ’40 occupò Europa
occidentale, parte del Nord Africa ed Europa orientale, e tentò di
conquistare la Russia. E’ chiaro quindi che la Russia di oggi non sia
interessata a costruire un “impero”, ma invece a fermare l’evidente
ondata di conquiste occidentali certamente diretta sulla stessa Mosca.
La Russia vuole riequilibrare
Le relazioni della Russia con la Siria sono completamente diverse da quelle della NATO con la junta occupante Kiev, in Ucraina. La Siria è una nazione sovrana con istituzioni e politica da tempo indipendenti. La junta di Kiev include stranieri che controllano direttamente il destino dell’Ucraina e del suo popolo.
Le relazioni della Russia con la Siria sono completamente diverse da quelle della NATO con la junta occupante Kiev, in Ucraina. La Siria è una nazione sovrana con istituzioni e politica da tempo indipendenti. La junta di Kiev include stranieri che controllano direttamente il destino dell’Ucraina e del suo popolo.
Questa differenza tra Russia alla
ricerca di partner, e Washington in cerca di ascari obbedienti è ciò che
differenzia il mondo unipolare che l’occidente cerca di perpetuare dal
mondo multipolare che Russia e gli altri Paesi emergenti cercano
d’istituire. Il coinvolgimento della Russia in Siria è volto a fermare
prima l’instabilità e la conquista militare diretta inevitabilmente
contro Mosca, e quindi d’imporre l’equilibrio di potere nel mondo in cui
future ondate del genere siano impossibili. Non si tratta solo della
politica dichiarata della Russia, ma anche di ciò che chiaramente
persegue sul proscenio geopolitico.
La base delle proprie legittimità e
crescente influenza è l’adesione ai principi del diritto internazionale,
rispetto della sovranità nazionale e promozione del futuro multipolare.
Appena Mosca tradisse questi principi, perderebbe legittimità e
influenza, unendosi a un occidente in crescente irrilevanza e isolamento
sulla scena mondiale. In occidente, i circoli politici e mediatici
fanno di tutto per evitare non solo di menzionare la visione del futuro
multipolare della Russia, ma ritraggono una Russia neo-imperialista
nella fiction che è la realtà dell’occidente.
Guardando
sulla mappa laddove le forze occidentali direttamente o tramite
fantocci, destabilizza e rovescia governi, o ha già clienti obbedienti,
si vede chiaramente la via della distruzione e del dominio che punta
direttamente su Mosca. Oltre le semplici osservazioni, i politici
statunitensi hanno detto più volte che Mosca è la prossima. La Russia
non vuole costruire un impero, ma agisce per fermarne uno.
Con la Libia già distrutta, l’Iraq in
difficoltà e la Siria che deve cadere, l’Iran, anche secondo i documenti
politici degli Stati Uniti, sarebbe il prossimo. Guardando la mappa si
nota che dopo l’Iran ci sarebbe ben poco con cui fermare le orde di
terroristi appoggiati dagli USA dall’inondare la Russia meridionale.
Mosca deve scegliere lato, tracciare una linea e premere per fermare ciò
che l’occidente le ha schierato contro. Quel punto è chiaramente la
Siria.
Guardando la mappa non vediamo una Russia espandere il proprio
impero, ma una Russia che lotta contro i tentativi di diffondere
destabilizzazione intorno ad essa, prima di prenderla di mira
direttamente. Cosa vuole la Russia in Siria? Vuole che ciò che tutte le
altre nazioni vogliono e hanno diritto, l’auto-conservazione. La Russia
non costruisce un impero, cerca di fermarne uno che minaccia la sua
esistenza lambendone i confini tramite ascari comprendenti neonazisti,
terroristi e la stessa NATO.
Tony Cartalucci, Land Destroyer 6 ottobre 2015
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2015/10/08/cosa-vuole-la-russia-in-siria/
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