venerdì 16 ottobre 2015

L’enigma dei Nok, una delle civiltà africane più avanzate del X secolo a.C.


Gli archeologi si sono imbattuti in una serie di strumenti in pietra, pitture rupestri e attrezzi in ferro, tra cui straordinarie punte di lancia, bracciali e piccoli coltelli. Ma l'aspetto di gran lunga più intrigante ed enigmatico della cultura Nok è rappresentato dalle loro statue di terracotta, descritte dagli esperti come straordinarie, senza tempo e quasi “extraterrestri”.

Nok è il nome di un piccolo villaggio al centro della Nigeria, dove nel 1928 un gruppo di minatori portò alla luce una serie di reperti in terracotta, testimonianza di un’antica civiltà perduta.

I numerosi scavi archeologici successivi alla scoperta hanno rivelato che quella dei Nok potrebbe essere stata la prima civiltà complessa comparsa in Africa occidentale, sorta almeno nel 900 a.C. e scomparsa misteriosamente intorno al 200 d.C.

I ritrovamenti hanno evidenziato una società estremamente avanzata, con un sistema giudiziario tra i più complessi del tempo, sorta in un periodo in cui le altre culture africane stavano entrando nell’epoca neolitica.

Gli archeologi si sono imbattuti in una serie di strumenti in pietra, pitture rupestri e attrezzi in ferro, tra cui straordinarie punte di lancia, bracciali e piccoli coltelli.


Ma l’aspetto di gran lunga più intrigante ed enigmatico della cultura Nok è rappresentato dalle loro statue di terracotta, descritte dal sito Memoire d’Afrique, che ospita una galleria fotografica delle statue, come straordinarie, senza tempo e quasi “extraterrestri”.

Nonostante il notevole patrimonio culturale che i Nok si sono lasciati alle spalle, ci sono ancora molte domande senza risposta. Innanzitutto, non essendoci pervenute testimonianze scritte, il nome originale di tale civiltà rimane ignoto. Inoltre, rimangono ignoti il motivo della loro improvvisa scomparsa e il vero scopo delle misteriose statue in terracotta a grandezza naturale.


L’avanzamento tecnologico di tale civiltà è testimoniato proprio dalle straordinarie opere d’arte prodotte dai Nok, manufatti che esprimono una notevole padronanza del processo di produzione e di cottura dell’argilla.
Le statue antropomorfe si caratterizzano sempre per una cura quasi maniacale dei dettagli, raffigurate con acconciature complesse, grandi teste allungate, occhi a mandorla e labbra socchiuse.


Queste caratteristiche insolite sono particolarmente sconcertanti, se si considera il fatto che le statue sono state realizzate a grandezza naturale e rispettando le proporzioni tra la testa e il resto del corpo, portando alcuni ad usare il termine “extraterrestre nell’aspetto” per descrivere le opere d’arte dei Nok.

L’ispezione microscopica dell’argilla utilizzata nell’area Nok mostra un’importante uniformità di composizione, suggerendo che il materiale provenisse da un unico giacimento non ancora scoperto.
Non si sa molto circa il vero scopo delle sculture, ma alcuni ricercatori hanno ipotizzato che le statue servissero da amuleti per evitare il fallimento del raccolto, le malattie e la sterilità.


Altri studiosi, invece, credono che le figure rappresentino individui di status elevato, oppure divinità ‘celesti’ celebrate ed adorate dal popolo. Tuttavia, la realizzazione di statue a grandezza naturale non è l’unico indizio della complessità della loro civilizzazione.

Le ricerche hanno evidenziato che i Nok svilupparono un sistema amministrativo e giudiziario molto avanzato, al fine di garantire la giustizia sociale e l’ordine pubblico.


In maniera molto simile all’organizzazione moderna del potere giudiziario occidentale, i Nok crearono due tipologie di tribunale: uno destinato a giudicare la cause civili, come dispute familiari o false accuse, l’altro creato per accuse più gravi, quali il furto, l’omicidio e l’adulterio. Inoltre, all’interno di un santuario chiuso al pubblico esisteva un’alta corte che prendeva in esame i casi che non potevano essere risolti dai tribunali.

Il popolo credeva che ogni delitto attirasse una maledizione in grado di distruggere tutta la famiglia e, pertanto, la colpa doveva essere scoperta e punita, al fine di evitarne le conseguenze.

Prima di essere sottoposto al giudizio della corte, il sospettato veniva portato tra due monoliti posti di fronte al sole, dove giurava solennemente davanti a Nom, la suprema divinità dei Nok, di dire la verità.

La corte era presieduta dal sommo sacerdote e dai vari capi clan. A chiunque fosse stato trovato colpevole veniva imposto un sacrificio agli dei in capre e dei, più una quantità di vino locale al sommo sacerdote.

Dopodiché, in città veniva dichiarato un giorno di festa, per ringraziare gli dei per averli aiutati a risolvere il caso e per lo scampato pericolo della maledizione.


 

Che fine hanno fatto?

Ad un certo punto, intorno al 200 d.C., la fiorente cultura Nok si eclissa tra le pieghe della storia, causando perplessità e interrogativi tra gli studiosi sulla ragione della loro scomparsa.

Alcuni ricercatori hanno suggerito che l’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali e una forte dipendenza dal carbone, potrebbero aver giocato un ruolo cruciale nella scomparsa dei Nok.

Rispetto a questa, sono state avanzate altre ipotesi: dai cambiamenti climatici alle invasioni, da un’epidemia devastante alla migrazione in altre aree geografiche.

Ma quello della scomparsa non è l’unico enigma a rimanere senza risposta: quasi tutte le statue in terracotta risultano rotte o gravemente danneggiate. Si tratta di danni intenzionali, oppure il semplice effetto del naturale processo di erosione?

Dove sono finiti i torsi di buona parte delle statue? I ricercatori ipotizzano che le parti mancanti potrebbero trovarsi nel sottosuolo immediatamente fuori gli antichi centri urbani. I ricercatori sono intenzionati a chiarire questo e altri aspetti ancora non risolti, confidando che una nuova campagna di scavi potrebbe fornire nuove fonti per chiarire l’enigma dei Nok.


fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it/2015/10/14/lenigma-dei-nok-una-delle-civilta-africane-piu-avanzate-del-x-secolo-a-c/

Nessun commento:

Posta un commento